VISIONI SENTIERI SELVAGGI: I pugni in tasca

Ultima visione accademica prima della fine del periodo scolastico 2022-2023, l’esame di storia del cinema è tra 2 giorni! Ho scelto di completare i film del Grande Cinema Italiano degli anni ’60 potendo vantare almeno un film per autore italiano; dopo tutta la testa così che ci hanno fatto sul conoscere le nostre radici spero apprezzino.

Primo lungometraggio di Bellocchio, racconta di come Alessandro è diventato il serial killer della sua stessa famiglia. Se l’inizio serve a presentare il nucleo familiare e i loro problemi, già allora vediamo come questo psicopatico si diverta a sentirsi (falsamente) superiore con azioni cattive. Poi, da quando fallisce l’esame della patente l’Inferno si alza nella loro famiglia.

Se dovessi descrivere il film parlerei dei personaggi, essi non evolvono esattamente ma il loro legame sì. Soprattutto per i tre personaggi protagonisti: i tre fratelli Augusto, Giulia e Alessandro . Augusto è il primogenito e il capofamiglia, Giulia è la sorella di mezzo che sta con chi le fa comodo tra i due e poi c’è il psicopatico con manie di controllo e grandezza. Ecco, loro tre cambieranno spesso i rapporti, sia per il lutto sia per la paura.

Il film dura quasi 2 ore, e devo dire che le ho sentito. Ammetto che a livello narrativo esse passano bene perché le dinamiche relazionali sono spiegate molto bene ed è presente pure un certo quadro di vita, ma il film è lentino forte.
Credo che il ritmo crolli tra l’omicidio del quarto fratello e la conclusione. C’è un momento di attesa, di rivelazione e orrore, ma l’attesa è molta. L’unico dettaglio positivo è che alla fine Alessandro ha la giusta punizione divina e schiatta abbandonato a se stesso dalla sorella.

Un film tematicamente molto forte.

10 film con scenografie da urlo

Buongiorno! Per i prossimi giorni la mia sarà una presenza alquanto evanescente: sarò in piena sessione di esami! E quindi oggi pubblico un articolo piuttosto veloce: una lista di film con scenografie e ambientazioni sublimi! Film iconici, curati e belli!

Buona lettura.^^

Fascino. Musical con Rita Hayworth nei panni di un’avvenente ballerina che viene notata da un produttore e si ritrova a scegliere tra il suo vecchio amore con il suo piccolo locale e il nuovo amore con la nuova promettente carriera internazionale che le offre. Inutile dire che i balletti sono molto legati alle soubrette e al tiptap anni 40-50, e che la messa in scena delle sue esibizioni televisive sono stupende. Ve lo consiglio, una perla non conosciuta da molti.

Le ragazze di Wall Street. JLO nella parte della leonessa, una spogliarellista che inizia a sfruttare i propri clienti per farsi una bella vita; una storia reale, almeno in parte. E il locale, così luminoso, così moderno e vivace nel design è stupendo. Poi il pubblico maschile apprezzerà di sicuro le performances delle ballerine e i loro outfits, mentre quello femminile la rivalsa di queste donne intelligenti contro un sistema degradante.

Miss Pettygrew. Ok, questo è il classico risultato di una lista stilata nel giro di molti mesi: leggo il titolo e dico, che è? Ma con una rapida ricerca su Google Immagini ho ricordato. Tratta di una donna della bassa classe sociale, Frances McDormand, che per una serie di eventi si vede protagonista di un total make-over per una giornata indimenticabile nell’altissima società londinese. Looks, scenografie, moda anni ’30 e recitazioni perfette; una bella commedia con svolte nella trama molto simpatiche!

Resident Evil: Welcome to Raccoon City. Io sono tra i detrattori del gioco: se dichiari che hai fatto una trasposizione accurata ma alla fine ti fai solo ispirare dalla saga videoludica, scegliendo fighe e fregni per interpretare una caricatura dei personaggi giocabili, allora vaffanculo; preferisco Milla Jovovich che è bella e brava e assieme al marito ha creato una saga indipendente, pure amata dai suoi fan. Questo film è una presa in giro clamorosa. Però Villa Spencer, uno dei pochi set fedeli al videogioco, è stupenda e vale la visione; adoro la carta da parati utilizzata e la fotografia quasi gotica.

Favola. E’ tipo la quarta volta che cito questa perla italiana di Sebastiano Mauri e interpretata da Filippo Timi. Guardatelo, veramente.

Via col vento. Altro classico del blog, quando vedo il film penso sempre a mia mamma: le piace moltissimo e adora pure il libro. Per il libro al momento dico, troppo grosso, ma il film è un capolavoro. Soprattutto la prima parte. Poi la villa di famiglia, i costumi, Rossella O’Hara. Capolavoro.

Amore mio aiutami. Mi ricordo Monica Vitti ma non le scenografie. Che ve devo dì: ormai mi sarò guadagnato la vostra fiducia no? Se è qui è da vedere! Poi è pure una commedia simpatica che parla dei sessismi in Italia.

Spencer. Pure questo film, questo biografico romanzato con Kristen Stewart nei panni di Lady D, si è fatto tutte le lista più popolari del blog. Più di una volta ho citato questi corridoi quasi claustrofobici, la villa disabitata scura e sprettrale, la camera da letto soffocante. La surreale scena della cena. Veramente un film ben fatto, con un’interpretazione di Kristen che colpisce per mostrare il disagio mentale che l’ultimo periodo con la famiglia reale suscitava in Diana Spencer.

Diabolik. Versione di Mario Bava, del 1968. Del fumetto ho letto due numeri in croce, non ho mai amato molto la grafica o il genere di storie che il personaggio propone. Tuttavia, questo film mi ha colpito profondamente. Per molti è un cult poco conosciuto dalla massa; o meglio, si sa che esiste ma non lo si elogia abbastanza; per me è un cult, almeno dal punto di vista visivo: per quel poco che conosco, il cast, le scenografie, le luci, la regia, tutto è funzionale. Tutto è figo, molto figo. Forse è troppo denso, preferisco cose più leggere, con meno dettagli, ma è una perla. Quello nuovo regge il confronto, per chi li ha visti entrambi?

Iron Mask – La leggenda del Dragone. Sarò sincero: avevo aperto questa stronzata perché c’erano Jackie Chan e Arnold Schwarzenegger  nel cast; che compaiono peraltro in due scene in croce. Amo le produzioni simil cinesi epiche, ma qui, ok che i costumi e gli effetti speciali sono belli, non si va oltre la stronzata. Lo consiglio ai fan del genere epico fantastico e se volete vedere la filmografia completa dei due attori, ma è abbastanza evitabile. Belle scenografie, interessante il soggetto, ma pessima sceneggiatura.

E siamo giunti alla fine della lista! Voi quali di questi film avete visto? Fatemelo sapere nei commenti e sopratutto auguratemi buona fortuna per domani. Ciaone e alla prossima, se sopravvivo!

Il crollo mentale che avrò nei prossimi giorni

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Arancia meccanica

Buongiorno! Tre giorni prima dell’inizio dei miei giorni d’inferno consecutivi, oggi torno con la mia penultima visione accademica prima della fine dell’anno scolastico: Arancia meccanica! Gran film e grande esperienza!

Il film ovviamente è un capolavoro, ma si sa che Kubrick era un perfezionista, per cui… scontato no? Quindi, dirò altro: quello che mi ha colpito maggiormente è nelle musiche e nel concetto base.

Le musiche, spesso brani classici o musica pop famosissima, regnano nel film. Non fanno parte della sola colonna sonora ma intessono le scene in un intreccio molto accattivante. La sinfonia di Beethoven, per dire, che unisce amore e dolore. O Singing in the rain, che simboleggia il peccato che il ragazzo non si toglierà mai di dosso. Ma poi la scena del pestaggio? Quando ai colpi inferti dai poliziotti – AKA i suoi ex scagnozzi – venivano contrapposti i bassi?

Il prof dal punto di vista concettuale aveva presentato il film, per quel poco che ricordo, come una società che genera mostri e poi li distrugge. Io non sono propriamente d’accordo, ma nemmeno diametralmente in disaccordo.
Secondo me, il film rispecchia la società inglese: fai quel che vuoi ma fallo dentro le mura domestiche. Se notiamo ci sono segni di alienazione, crudeltà e depravazione pure nel mondo ‘pulito’ mentre il ragazzo ha fatto l’errore di commettere crimini alla luce del sole. Più che una società che genera mostri e poi li distrugge direi più una riflessione sulla Legge e sulla Giustizia.
Poi mi ha fatto ridere che il gruppetto di teppisti glorifichino la violenza ma siano inconsapevoli che ciò abbassi il valore di ciò che è giusto e sbagliato anche tra di loro, e che la polizia sarà ancora più dura nei loro confronti.

Invece, il linguaggio che hanno usato – ho visto il film in inglese con il i sottotitoli – mi ricordava una pronuncia molto British ma con una forma più musicale, quasi teatrale: parole modifiche, neologismi, parole desuete. Molto straniante.

Gran film, è con questo che assieme a Blade Runner ci hanno spiegato il Postmoderno.

Consiglio 5 film: Maggio

Buongiorno! Se avete notato che sono un po’ sparito dalla blogsfera è che sono in piena sessione di esami: il 30 avevo il tema in classe per Internet, mentre dal lunedì successivo avrò 4 esami in tre giorni: attorialità, fotografia, inglese for cinema e storia del cinema. Una settimana piuttosto funesta, ma provo il mio meglio per non sprofondare e dare sempre il massimo!
Comunque, oggi è il primo giugno e quindi, Top5 delle visioni migliori di Maggio! Buona lettura.^^

I soliti ignoti. Unica commedia del cinema italiano, anzi, del Grande Cinema Italiano del dopoguerra, è uno dei cult scritti dal duo epico di sceneggiatori Age & Scarpelli, con Mario Monicelli alla regia. Che dire? Tra l’ironia e il dramma, c’è sempre la commedia di fondo ma la situazione dell’Italia è molto povera e soprattutto complicata. Cast d’eccezione per un film molto carino. Più che altro mi sono sorpreso che la Cardinale fosse stata doppiata, sapevo che comunque oltre che bona era una brava attrice.

Wall-E. Quante lacrime, Wall-E non lo avevo mai visto veramente se non tanti anni fa ma ho molte cose legate al suo franchise, oltre ai videogiochi quando Disney.it aveva nel suo sito anche i giochi gratis legati ai suoi franchise. Poi hanno tolto tutto… Comunque, visto con gli occhi di uno studente di cinema, le lacrime sono rimaste e l’ho trovato un film veramente adorabile. Inoltre, ho studiato durante l’anno una base sui prodotti audiovisivi multimediali e in questo capolavoro sono condensate tante teorie che ho studiato: la realtà virtuale sempre più imperante, uno stato onirico sempre più presente, un continuo sfasamento dai valori reali in grado di distrarci con cose inutili. Inquietante pure l’IA, che in una scena porta il film a citare apertamente perfino 2001: Odissea nello spazio. Capolavoro, non c’è altro da dire.

Quel pazzo venerdì. Jamie Lee Curtis interpreta la madre, Lindsay Lohan la figlia e un giorno si risvegliano l’una nel corpo dell’altra. Cosa succederà? Commedia fresca e divertente, remake migliore del film originale. Capace di creare situazioni molto divertenti con battute a raffica, le due attrici interpretano benissimo i ruoli: se nell’originale i due personaggi erano fin troppo simili, qui invece madre e figlia utilizzano linguaggi diversi e posture diverse, dimostrando un grande lavoro alla base della loro caratterizzazione. Poi Chad Michael Murray interpreta un ragazzo che si innamora della figlia nel corpo della madre, creando situazioni molto divertenti; il problema? A giorni la madre, o in questo caso la figlia nel corpo della madre, si dovrebbe sposare! Molto carino, ve lo consiglio.

The day after tomorrow. Chi mi segue avrà capito che a me i disaster movies non dispiacciono affatto, uno dei pochi generi angoscianti e realistici che amo. Poi di Emmerich ho già visto alcuni film: Stargate, Godzilla, 10000 AC, 2012, Moonfall e recentemente pure Independence Day; The day after tomorrow e 2012 sono senza dubbio i miei preferiti. Lui è il regista americano per eccellenza alla fine, i suoi sono film in cui la famiglia vince sempre e comunque e qui il padre compie un vero e proprio viaggio per ricongiungersi – letteralmente e metaforicamente – con il figlio distante. Molto bellino, pure qui c’è il tipico tsunami, e poi pure la bora che gela tutto. Bellino, bellino. Il finale ricco di tensione e suspense di quando lui arriva in biblioteca è stupendo, come sono belli i rapporti interpersonali che si vengono a creare in quel micromondo di sopravvissuti.

Renfield. E dopo tanto cinema alto, si scade nella serie B. E io adoro. Ho visto Renfield al cinema il giorno stesso in cui è uscito, una rivisitazione splatter e azione in chiave comica della storia di Dracula; Nicholas Hoult molto figo, Nicolas Cage con un ruolo cucito su misura solo per lui e tanti arti umani che volano grondanti sangue. Che volere di più?

Piccola anticipazione sul mio esame di attorialità

E siamo giunti alla fine dell’articolo. Conoscevate tutti i film che ho citato? Qual è la vostra Top5 del mese? Ciaone e alla prossima!

Ho visto La sirenetta: bello il cast, brutto il resto

Sono andato a vedere il film più che altro perché il precedente post (in cui discutevo dell’Ariel nera e dell’inutilità dei live actions) è stato non so come indicizzato e sono giorni che mi arrivavano visite. Temevo cattiva pubblicità, sono sincero. Quindi oggi con un’amica sono andato a vederlo, e questa è la mia opinione ricca di spoiler.

Parto dalle cose positive: il cast, le musiche, le onde e la mia presenza in sala. Ah, purtroppo l’ho visto doppiato.

Halle Bailey è meravigliosa, molto tenera e combacia perfettamente con il personaggio – almeno per com’è stato modificato. Io ero abbastanza scettico sul fatto di cambiare l’iconografia e di scegliere una cantante per un ruolo muto, ma il problema non si è posto: lei è bella e brava e i pensieri più profondi sono resi come suoi pensieri cantati al pubblico. Brava lei ma sceneggiatura del cazzo.

Il principe Eric, invece, ha i pantaloni più aderenti degli ultimi live actions, quelle chiappe sono disegnate nella pietra. E mi è sembrato di vedere in alcune sequenze che lei aveva pure gli occhi bassi. Sono morto dal ridere! Jonah Hauer-King anche lui bello e bravo, il suo è un principe abbastanza stupido nel carattere ma ottimo nella messa in scena della sua stupidità; in pratica, tutti se lo rigirano come meglio torna alla trama.

Ursula è interpretata da Melissa McCarthy, a me lei piace a prescindere perfino nella stronzata più insulsa a cui osa partecipare. Brava, deve essere il primo personaggio veramente negativo della sua carriera e lo interpreta ottimamente. Certo, non ho capito perché urlasse ogni volta il suo piano malefico ad Ariel e lei non reagisse, ma si sa: sceneggiatura del cazzo. Poi non ho capito perché tutti i parenti di Ariel sono sirene e tritoni mentre Ursula, che qui è una zia DI SANGUE, è l’unica stronza mezza piovra. Vabbhe, almeno abbiamo avuto le ventose fosforescenti e i tentacoli senzienti alla Doc Oc.

Tritone non pervenuto, poi l’unico della famiglia col top non in linea con la coda. Veramente brutto da vedere e con un arco narrativo assurdo. L’unica cosa positiva il doppiatore.

E degli animali? Cosa dire? Il pesciolino pronto per la griglia o il granchio con gli occhi più inquietanti della storia o l’uccello più imbecille? Mah, eliminabili. Che poi nel cartone Sebastian era il cerimoniere o il consigliere, non il maggiordomo come dice lui presentandosi nel film (LOL). E Mahmood era inascoltabile, lui non l’ascolto nemmeno come cantante normalmente e dopo ‘sta esibizione (?) gli dico proprio ciaone; poi non è razzista far fare l’accento giamaicano o caraibico a uno che non lo è, solo perché di colore?

Comunque, ora passiamo ai lati negativi.

  1. Se le sorelle sono una per mare e viene detto che le altre sorelle si sono fatte un viaggetto per essere presenti alla riunione di famiglia, perché non se ne vanno? E perché l’addio a fine film è così sentito se poi il regno di Tritone comprende tutti i mari? Se volessero potrebbero salutarla tutte le volte che vogliono visto che Ariel ed Eric vogliono viaggiare per mare.
  2. Perché il golden trio degli animali inquietanti è letteralmente l’unico senziente e capace di proferire parole? Se notate, tutti gli altri animali tacciono o si comportano come animali, a parte quella sequenza cartoonesca di In fondo al mar, in un film che vuol essere realistico nella messa in scena.
  3. Se mezzo mondo – a parte il principe – è nero, Ariel è nera e pure metà delle sorelle sono non bianche, quanto è da stronzi mettere l’antagonista in entrambe le forme bianca???
  4. Che senso ha far perdere la voce ad Ariel e la scena dopo farle interpretare una canzone?
  5. Che senso vietare il mare a Eric se la scena dopo si conclude con lui su una nave?
  6. Ok che Ariel non si ricorda (per una magia di Ursula) che deve baciare il principe, ma se hai dato la voce per stare vicino a chiappe d’oro forse lo vuoi baciare ‘sto principino o ti sì proprio mona bea putea!
  7. Il giorno prima non sa camminare, il giorno dopo sa andare con i tacchi alti, quasi ci corre!
  8. Mentre nel cartone animato c’era una parvenza di pace sotto al mare ( a parte lo squalo ), nel film ci sono numerose sequenze di pesce che mangia pesce. Allora non è poi tanto orribile l’uomo che si ciba di pesci no?
  9. Se Ariel uccide Ursula, mentre nel cartone era Eric a guidare il rottame, lui cosa fa per dimostrare di essere degno della fiducia di Tritone?
  10. Ammetto che oggi avevo problemi di stomaco, ma per la prima mezz’ora con tutti quei movimenti di macchina che dovevano in teoria replicare il nuoto di Ariel nell’oceano a me era venuta una nausea pazzesca. Poi comunque sulla terraferma la regia si appiattisce di colpo.

E questi erano solo alcuni punti. Per me il film ha le musiche ‘vecchie’ molto belle, con i cantanti che le hanno ricantate benissimo. Doppiatori e attori bravissimi. Però la sceneggiatura è orribile, quando prova a fare cambiamenti fa solo stronzate clamorose. E i bambini in sala ai titoli di coda erano felicissimi di lasciare la sala, il che la dice lunga.

Mi sono ricreduto sull’Ariel nera, ma questo lo avevo già fatto vedendo le prime immagini con la CGI. Al cinema si vedeva bene, ma non so su Disney+. Comunque, il film è bellino, secondo me verrà dimenticato dopo aver consolidato la carriera alla Baley. Non andate a vederlo, o andateci solo per il dibattito culturale, tempo perso. Guardatevi il cartone.

Continuo a preferire Alyssa Milano, ai tempi la modella di Ariel e sirena di nuovo per Charmed

Ricette facili: Treccia al cioccolato

Buongiorno! Oggi torno a parlare di cucina con una delle ricette proposte da Alessia, l’instancabile cuoca di PIATTORANOCCHIO. Dopo mesi e mesi senza forno, quando ero tornato a casa per il week-end ne ho approfittato per finalmente provare una ricetta; e devo dire che è stata un successo!

Ingredienti:

1 pasta sfoglia surgelata o fresca rettangolare
1 tavoletta grossa di cioccolato fondente alle nocciole intere da 300gr
1 tavoletta piccola di cioccolato amaro 70% da 100 gr (o le Uova di Pasqua)
granella di nocciola
1 tuorlo d’uovo
100 ml di panna fresca liquida (io ho usato quella vegetale)
15 gr di burro (per me ovviamente chiarificato)

Procedimento:

Mettere a bagno maria dentro un recipiente il burro, la panna fresca e il cioccolato fondente, fino a che non diventano una mistura marrone; nel frattempo, stendere la sfoglia.
Ottenuta la cremina, porla al centro della sfoglia lungo l’asse della lunghezza. Arrotolare i bordi esterni dell’asse.
Ora, al centro della sfoglia mettere pezzi interi della lastra di cioccolato alle nocciole e riempire ogni dove con la granella di nocciola.
Prima di chiudere la struttura, con un coltello intagliare delle treccine con la sfoglia non coperta dagli ingredienti e intrecciarli. Verniciare il tutto con il tuorlo.
Dovrebbe venire fuori un cilindretto chiuso, da mettere in forno a 200 gradi per 20 minuti e poi a 180 gradi per 10 minuti.
E poi se magna eh.

Commento:

Io non cucino spesso e non avendo un forno vero in appartamento non posso nemmeno cominciare. Quindi ogni tanto salvo delle ricette che non provo mai. Questa era molto carina, Alessia ha un modo delizioso di proporre le sue ricette e vi invito ad andare sul suo sito per vedere bene com’è fatta la ricetta, se volete provarla: là c’è passo per passo, con tanto di immagini per ogni step.
Comunque, la ricetta è semplice ed è stata un successo. Io la consiglio. Se volete potete pure sentirvi probi producendo voi la sfoglia.

Ciao e alla prossima, che tra due giorni iniziano gli esami!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La dolce vita

Quasi 3 ore di film e come sentirle tutte. Complimenti al mio PC, che grazie anche alla bassa qualità di caricamento del film se le è fatte tutte prima di scaricarsi.

Di Fellini ho sempre sentito parlare molto, perfino sul Topolino da piccolo. Poi negli anni molti suoi film sono stati citati nelle guide di cinema e il mio cinema d’essai ha un’immagine di Sylvia – Anita Ekberg – sul muro esterno. Poi a scuola ho visto Lo sceicco bianco, e a casa ora a ridosso degli esami questo: La dolce vita.

Che due coglioni eh.

Mi ricordo che il prof parlava del film come l’incomunicabilità: inizia con frasi assordate dalle eliche dell’elicottero e termina con frasi assordate dalle onde. E’ un film episodico con Marcello Mastroianni come anello di tutta la catena.

Credo che la vicenda da me preferita sia quella con Sylvia, quella più allegra e sognatrice. Questa diva che non ha perso lo sguardo da bambina nonostante il corpo chiaramente da donna. Una freschezza che mi ha ricordato Marilyn Monroe, che in quegli anni era al culmine della celebrità.
Invece, l’episodio più triste è quello con il padre. Altra incomprensione, alla fine.

Un film caratteristico, onirico e circense. Promette tanta fantasia e lussuria ma alla fine è estremamente conservatore.

La tetralogia di Alien: antropocentria, femminilità e paura del diverso

La saga di Alien è una di quelle saghe che tutti conoscono, almeno per sentito dire. C’è chi la definisce horror, o almeno thriller, o chi banalmente fantascientifica; per me è difficile incasellarla in un genere puro perché i quattro capitoli che la compongono sono profondamente diversi gli uni dagli altri, unici. Ma che sia fantascienza, questo è certo.

La tetralogia originale è composta da quattro film sviluppatisi nell’arco di 20 anni:
Alien (1979)
Aliens – Scontro finale (1986)
Alien 3 (1992)
Alien – La clonazione (1997)

INTRODUZIONE

La protagonista assoluta della tetralogia è Sigourney Weaver nel ruolo di Ellen Ripley. Il suo personaggio è una donna forte, una donna che non dimentica la propria femminilità pur assumendo ruoli comando e combattendo alieni mostruosi.
Nel corso dei 4 film il suo personaggio cambia radicalmente per diversi motivi: i traumi e i lutti che accumula, il tempo enorme che trascorre tra un film e l’altro mentre è ibernata (e qui il tema dello straniero), muore e rinasce come un’altra creatura dallo stesso nome e dal DNA simile. E’ Sigourney Weaver a interpretare Ellen Ripley ma non fallisce mai nell’arduo compito di raccontare una donna traumatizzata, in lotta non solo contro mostri ma anche contro una società che la opprime e non le crede. Raccontare molto con poche parole, spesso solo con la postura e l’espressività del viso.

Altra protagonista del franchise è la razza Xenomorfa. Fin da Alien, il primo capitolo della tetralogia, questa razza è avvolta da un alone di morte e mistero, come una nebbiolina azzurra che l’avvolge e la nasconde. Feroce, aggressiva, con l’acido al posto del sangue e con ottime capacità di mimesi, il parassitoidismo che la contraddistingue è quasi l’ultimo dei problemi.
Finora è stato presentato l’intero ciclo vitale degli Xenomorfi: la Regina depone le uova, da cui escono i Facehugger per impiantare nelle vittime gli embrioni da cui si formano nuovi Xenomorfi. Non è chiaro quale sia il processo che faccia nascere una Regina, ma essendo gli Xenomorfi simili a insetti è possibile ricondurlo a banali necessità ambientali o di ripopolamento.

L’ambiente che ospita gli orrori dei quattro Alien è sempre la nave spaziale, asettica e claustrofobica, dove lo Xenomorfo si muove e nasconde con estrema facilità. L’uomo è sempre nello spazio, la Terra viene citata solo nel primo e nell’ultimo film (nel secondo non è chiaro dove lei sia all’inizio), sembra che la vita sia stata spostata altrove, colonizzando altri pianeti.
E’ lo spazio, la conquista dello spazio, la vera ragion d’essere degli uomini per fare ciò che hanno fatto con la Terra: rubarne le risorse e renderlo adatto a loro. Dopotutto, è proprio per rubare la risorsa Xenomorfa che la tragica storia di Ellen Ripley ha avuto inizio.

TEMI PORTANTI

Maternità e femminilità. La protagonista della saga di Alien è Ellen Ripley, una donna al comando a cui vengono riconosciuti il grado e l’esperienza. Lei è anche l’unica superstite costante dei vari episodi, riuscendo a sconfiggere ogni volta gli Xenomorfi senza tralasciare il proprio lato umano e femminile: lei è una donna, con bisogni sessuali attivi e un lato materno che non la rende per questo meno adatta alla battaglia. In tutti e quattro i capitoli, Alien abbraccia il tema della maternità, soprattutto nel secondo (con una maternità affettiva) e con il quarto (con una maternità biologica); orrore o speranza? La saga costruisce personaggi femminili forti e sfaccettati, grazie anche ad attrici capaci di sopportare il peso di tali personaggi.

Parassitoidi e predazione. Ormai lo sappiamo tutti: gli Xenomorfi sono parassitoidi, ma prima di tutto sono predatori! Un po’ come le vespe: queste creature utilizzano le vittime allo stadio larvale come contenitori viventi e allo stadio adulto come prede da uccidere (senza nutrirsene, però, almeno apparentemente). Credo che una delle scene più inquietanti e ansiogene dell’intera tetralogia sia in Aliens, quando Ellen Ripley e Newt si ritrovano a fronteggiare due Facehuggers nel laboratorio!

L’avanzamento tecnologico nella narrazione. Questa è più una mia perplessità: Alien è una saga fantascientifica ma, nell’arco dei secoli in cui i quattro film vengono narrati, la tecnologia apparentemente non cambia. O meglio, Ellen Ripley è sempre in grado di utilizzare gli strumenti più moderni rispetto alla sua epoca passata con estrema facilità. Credo che l’avanzamento tecnologico più evidente (mai visibile però nelle scenografie) sia nel quarto capitolo per il semplice fatto che Ellen Ripley e la Regina Xenomorfa vengono clonate. Per il resto, potrebbero tutte essere vicende contemporanee: la navigazione spaziale e tecnologie astruse c’erano già all’inizio, non c’è nulla tra una decade o un secolo e gli altri che faccia capire un naturale avanzamento delle conoscenze.

Antropocentria. In quattro film, gli umani navigano attraverso le galassie ma gli unici alieni che trovano, o almeno che vengono mostrati, sono creature ostili. Non c’è la minima presenza di una collaborazione, dell’esistenza di un’altra vita con cui instaurare se non proprio una convivenza almeno un commensalismo: tutto l’universo è dell’uomo e ciò che non è umano se non è utilizzabile dalla razza umana va annientato. Antropocentria allo stato puro, in un certo senso anche un’occasione mancata.

Avidità delle grandi corporazioni. Se la compagnia Weyland-Yutani non avesse voluto mettere le mani sulle uova o sugli esemplari di Xenomorfi, tutta la saga non avrebbe avuto origine. Ogni film, se si fa caso, riporta alla fine una carneficina sempre maggiore rispetto al titolo precedente: un piccolo equipaggio di un cargo; un intero plotone di Marine; una prigione spaziale semideserta; un’intera base scientifica. Tutto perché nei secoli sempre la stessa compagnia (che è descritta avente vari settori commerciali) non ha mai smesso di volere la razza Xenomorfa come arma biologica, anche se consapevole di quanto sia difficile da contenere. La fine del terzo capitolo è emblematica, una chiara critica alle grandi corporazioni e al consumismo.

I QUATTRO FILM IN BREVE

Alien, di Ridley Scott (1979). Questo è il cult che ha dato origine a tutto, un film spaziale che nella prima parte vede la vita dell’equipaggio, nella seconda diventa un’avventura nell’ignoto per poi trasformarsi nel terzo atto nello slasher che tutti amiamo. Che dire, è tanta roba. Questo è il film che ha lanciato Sigourney Weaver nell’Olimpo delle star ed è il primo celebre successo del regista; anche solo per questo va elevato a cult. Poi le soluzioni visive, la presentazione della nave con gli orrori che essa contiene, come l’androide manovra tutta la faccenda, la caccia all’alieno… Alien è un filmone, gioca tutto sul non mostrare, sul fuoricampo che permette all’immaginazione di creare scenari ancora peggiori. Stupendo.

Aliens – Scontro finale, di James Cameron (1986). Se il capostipite era in parte uno slasher, questo è apertamente un film di guerra: abbiamo la superstite traumatizzata che è costretta a condurre i marine nello stesso pianeta da cui era fuggita, solo per una guerriglia contro gli Xenomorfi, guerriglia che finisce in massacro. Qui gli Xenomorfi sono migliorati nel design e nella resa visiva, si vede che il budget è maggiore ma è anche maggiore la potenza immaginifica del regista: questo non è un film su un viaggio spaziale, ma è la narrazione di come uno squadrone di marine si ritrova a combattere contro un intero nido di Xenomorfi! Vengono fuori dalle fottute pareti urlano, frase cult, ed è vero: tutta la base ormai è territorio xenomorfo, è esplorata la loro ecologia, la loro vita e l’assedio finale è disarmante. Un film ancora più claustrofobico del precedente dove però non domina la paura ma l’ansia di sapere come potranno sopravvivere a tante furie omicide.

Alien 3, di David Fincher (1992). Sarò franco, non ho mai capito il titolo originale: sarebbe Alien al cubo, ma questo è solo il terzo film e di Alieno ce n’è uno solo. Comunque, il film è un thriller e per molti è minore rispetto ai precedenti; beh, questo è ovvio. Tuttavia, ha molti lati positivi. Ovviamente, l’interpretazione della Weaver, che è rimasta fedele al personaggio che l’ha resa celebre e lo incarna sempre con serietà. Poi, lo Xenomorfo, qui combinato al DNA di un cane, più simile a un drago che ai mostri mostrati precedentemente. La sceneggiatura inoltre non fa pesare molto il set più povero e il cast relativamente ridotto, certo mi sono chiesto perché i detenuti passino da tentati stupratori a volemose tutti bene, ma comunque il ritmo è buono e il POV del mostro regala sempre soddisfazioni. Il finale, poi, è veramente amaro e fa molto riflettere non poco.

Alien – La clonazione, di Jean-Pierre Jeunet (1997). Capitolo conclusivo della tetralogia, è quello che porta gli argomenti più interessanti: lo slasher torna prepotentemente e si fonde con il Moderno Prometeo, dando luogo a un assedio ricolmo di uccisioni e di nuovo allo scontro tra madri. Qui la tematica dell’identità è fondamentale, perché dopo quattro film nessuno degli uomini e delle donne su schermo è veramente umano, la Terra ormai è solo un pianeta dimenticato e la vita si è spostata nello spazio; quindi anche i concetti etici si sono evoluti ed è su questo punto che il film basa la propria sceneggiatura. Sarò sincero, se il primo atto fosse stato fuso con il secondo e i plot-points del terzo spostati a metà film (con conseguente miglioramento della trama), questo capitolo poteva rivaleggiare quantomeno con il primo; invece, la scrittura è rimasta indietro, la trama a parte qualche twist rimane prevedibile, deludente. Ottime le interpretazioni di Weaver, Ryder e Dourif, ottimo il comparto tecnico e artistico (stupendi mostri e scenografie claustrofobiche che riprende quelle di Aliens) ma un film deludente perché poteva essere molto più grande con uno sceneggiatore più coraggioso.

LISTA DI GRADIMENTO DELLA TETRALOGIA

Primo posto: Aliens – Scontro finale
Secondo posto: Alien
Terzo posto: Alien – La clonazione
Quarto posto: Alien 3

SALUTI E RINGRAZIAMENTI

E siamo arrivati alla fine della trattazione! Vi sareste mai aspettati un articolo del genere da me, che dico sempre di odiare la fantascienza e le saghe lunghe? Ringraziate Disney+ per questo!
Dopo aver letto le mie considerazioni sulla saga, vi aspettavate questi piazzamenti? E concordate o preferite Alien come il migliore dei quattro? Spero sia stato un viaggio interessante e di non avervi annoiato. Alla prossima!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Atlantide

Buongiorno! Pronti per l’articolone di dopodomani? E la ricetta al cioccolata dei prossimi giorni? Beh restate attenti alle mie uscite allora!
Oggi torno a parlare di visioni accademiche con un film proposto dalla nostra prof di fotografia, che è stato diretto da Yuri Ancarani. Per me è un’opera artistica che si ispira al neorealismo: un film fittizio più simile al documentario che alla narrazione classica. Un esercizio estetico e la testimonianza (non so quanto attendibile perché non è il mio mondo culturale stretto) di Venezia.

Sarò sincero: che due coglioni. Se la prof di fotografia ci mostra un film che LEI trova interessante, di sicuro è interessante a livello tecnico, dopotutto lei è specializzata in fotografia e grafica. Ma è un film antinarrativo ed estremamente lungo.

Qua in pratica è facile esercitarsi sul tipo di lenti usate: teleobiettivo o grandangolo? Le luci sono bellissime e i fotogrammi sono spesso quadri. A livello estetico e visivo è molto bello. Ma dopo un’ora l’attenzione crolla.

Se volete guardarlo è su Raiplay. E’ un’opera pluripremiata, girata durante molti mesi. Io l’ho trovata parecchio noiosa, ma per cinefili puristi della fotografia e della ripresa può essere interessante. Per ulteriori info guardate la pagina Wikipedia del film che è abbastanza approfondita.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: L’avventura

Grande cinema italiano, 1960, regia di Antonioni e Monica Vitti che svetta nel cast. Un dramma per la ricerca dell’umanità e dell’affetto, dove alla fine a regnare è la solitudine.

L’avventura è un film che non mi è piaciuto molto. Non perché sia riflessivo ma perché non è narrativo: non succede nulla, sono sequenze di loro che dialogano o esplorano posti sconosciuti. Ho preferito Il posto, mentre per lo stesso motivo non mi è piaciuta la trama de Il Gattopardo.

Il film in sé è molto interessante. Concordo con chi definisce Antonioni il regista dell’incomunicabilità. Nel film sono tantissime le conversazioni interrotte, non comprese, osservazioni di oggetti e persone che vengono notati solo da certe persone e non da altre. Il motore stesso della vicenda, la scomparsa della ragazza, è incomunicabilità: la ragazza scompare e nessuno ne sa nulla, dopo settimane quasi nessuno ne parla più, potrebbe essere morta in fondo a una gola in mare oppure in Egitto, per quanto ne sanno.

Interessante invece il personaggio di Monica Vitti. Lei interpreta l’amica della scomparsa, che durante le ricerche si avvicina al fidanzato della scomparsa per intrecciarci una relazione. Mi ha dato la sensazione di essere quasi un fantasma senza storia o anima che pian piano entra nella vita dell’amica scomparsa e quasi rimpiazzandola.
Sappiamo dal film che lei ha avuto un’infanzia povera, e quindi le amicizie molto altolocate che frequenta sono ospiti. Lei di suo non ha nulla. E’ stata presentata ad aspettare prima l’amica e poi la coppia (amica e fidanzato che scopano); pure dopo è spesso la terza in comodo. E dopo la sparizione dell’amica? Parla con il padre della scomparsa indossando la camicia dell’amica. In seguito, indossa una parrucca mora che la fa assomigliare all’altra. E poi intreccia la relazione con il fidanzato della scomparsa.

Per concludere, a scuola ci avevano mostrato la scena di loro che visitavano il villaggio fantasma. La scena poteva essere benissimo di uno slasher – Le colline hanno gli occhi – per le inquadrature distanti che sembravano rappresentare un POV di qualcuno di misterioso. Il fantasma dell’amica? La loro colpa?

Il film è bellino, ma a me non piace.