Parassitoidi al cinema: Xenomorfi

Buongiorno!
Oggi torno a parlare di cinema ed ecologia ispirato da uno scambio di commenti avuto con lo Zinefilo riguardo al film Dead in the water. Argomento del post di oggi? Il parassitoidismo e di come lo Xenomorfo sia stato ispirato da questo fenomeno ecologico naturale.

Ma prima di tutto, cosa sono i parassitoidi?

Premettendo che la predazione è il processo in cui un organismo si ciba di un altro (quindi sì, anche i vegani sono predatori), la predazione ha sempre un effetto negativo sulla preda.
Inoltre, è importante sapere che nel parassitismo un organismo si nutre a spese di un altro essere vivente, ma raramente lo uccide. I due esseri, parassita e ospite, vivono insieme per qualche tempo; l’ospite di solito sopravvive, ma avrà una fitness ridotta.

E cosa c’entrano i predatori e i parassiti con i parassitoidi? Semplice: i parassitoidi si trovano nella linea di mezzo tra queste due categorie di organismi.
Il parassitoidismo, come la predazione, alla fine risulta nella morte dell’organismo ospite.


I parassitoidi, ai quali appartengono certe vespe e mosche, depongono le uova sopra o all’interno del corpo ospite (il quale ricordo essere vivo). dopo la schiusa, le larve su nutrono dell’ospite fino al raggiungimento dello stadio di pupa; qui di solito l’ospite soccombe o, per ironia della sorte, a causa di sostanze chimiche rilasciate dalle larve, è influenzato a proteggere le pupe anche dopo che esse sono uscite dal suo corpo.
Bisogna pensare che questi parassitoidi sono animali molto piccoli e che spesso usano come contenitori vivi per le uova animali ancora più piccoli (e indifesi) come bruchi, cavallette, coccinelle, altre vespe allo stadio larvale, piccoli mammiferi.

Ma cosa succederebbe se esistessero parassitoidi in grado di predare l’uomo? Ecco, è su questo concetto, questa paura primordiale inconscia, che si basa l’orrore di Alien.

Lo Xenomorfo è un parassitoide, tutto il primo atto di Alien non è altro che il racconto romanzato del periodo della schiusa dell’uovo con la larva, finalmente pronta a vivere, che esce dal corpo della vittima.
Come fanno le uova ad entrare nel corpo dell’uomo? Semplice, con il Facehugger! E cosa ne esce dall’uomo, uccidendolo? Un fottutissimo Chestburster, che altro non è che la fase larvale del celebre mostro!

Interessante dettaglio: nel videogioco Alien: Isolation, se un Facehugger prende il tuo personaggio, è gameover. Perché esso riesce ad immettere nell’organismo del giocatore le uova, condannandolo così a morte certa.

Ora capite perché Alien fa così paura? Alla fine, tutto quello che succede in quell’astronave è una metafora di quello che succede realmente sulla Terra nella vita di tutti i giorni a milioni di poveri piccoli animali indifesi.
E noi, nell’inconscio, lo comprendiamo benissimo. E speriamo non accadrà mai a noi.

Fonte:
Thomas M. Smith Robert L. Smith, Elementi di ecologia, nona edizione, Milano, Pearson Italia, 2017, edizione italiana a cura di Anna Occhipinti Ambrogi e Agnese Marchini.

L’importanza della pesca sostenibile

“Are there any sea fisheries which are exhaustible, and, if so, are the circumstances of the case such that they can be efficiently protected? I believe that it may be affirmed with confidence that, in relation to our present modes of fishing, a number of the most important sea fisheries, such as the cod fishery, the herring fishery, and the mackerel fishery, are inexhaustible. And I base this conviction on two grounds, first, that the multitude of these fishes is so inconceivably great that the number we catch is relatively insignificant; and, secondly, that the magnitude of the destructive agencies at work upon them is so prodigious, that the destruction effected by the fisherman cannot sensibly increase the death-rate.”
Testo estratto da un discorso tenuto in occasione della Fishery Exhibition di Londra sulla pesca del 1882 tenuto da Thomas Henry Huxley.


Fin dagli albori della sua storia l’uomo si è evoluto sfruttando le risorse naturali, attraverso le attività di caccia, coltura, raccolta e pesca. La Terra per l’umanità ha significato fonte di energia, cibo e sicurezza: dopotutto, l’uomo si è sempre considerato come l’apice della catena alimentare, creato da Dio per ergersi sopra a tutti gli esseri viventi. Nei millenni quindi l’uomo ha preso per sé senza pensare o riflettere, con la sua popolazione sempre in aumento e sempre più efficacie nella sua predazione di risorse, sia rinnovabili sia non rinnovabili, anche grazie al continuo progresso tecnologico. Ma se con il passare dei secoli è pervenuta una certa comprensione dello sfruttamento delle risorse geologiche e terrestri, il mare è stato sfruttato fino ai giorni nostri senza ulteriori remore se non ai giorni nostri. Anzi, per decenni si è pensato che il mare offrisse infinite risorse da prelevare e infinite quantità di pesci e gruppi di crostacei e molluschi da pescare: purtroppo, si è seguita la tesi del ‘mare inhexaustum’ del filosofo e biologo Thomas Henry Huxley, ritenuta attendibile fino a tempi molto più recenti.


Questa tesi dell’infinita possibilità delle risorse marine ha portato i pescatori a sovrasfruttare il mare, arrivando anche a estinguere localmente o mondialmente diverse specie, impossibilitate a riprodursi ad un tasso sufficiente per colpa dei dissennati tassi di cattura. Un esempio di ciò è la storia del merluzzo del Nord Atlantico, lungo la costa orientale canadese del Newfoundland, 1992: il tasso di predazione da parte dei pescatori eccedeva la capacità di recupero della popolazione di quel pesce, arrivando a estinguere localmente quella popolazione animale (Smith e Smith, 2017). Ma i casi simili sono innumerevoli, almeno fino a un recente passato.


Fino a poco tempo fa, infatti, lo scarso utilizzo di metodi quantitativi finalizzati a una verifica effettiva dello stato delle risorse naturali e un’impostazione di breve periodo delle politiche gestionali, ha comportato che il sistema di gestione della pesca non fosse virtuoso ma invece caotico e sostanzialmente ingestibile. In questo contesto, quindi, era presente uno scarso dialogo tra il mondo della ricerca, amministrazioni e portatori di interesse, e il tentativo degli operatori di concordare con l’Amministrazione soluzioni di breve periodo per far fronte alla crisi. Il panorama delineato non è di tipo reattivo ma di tipo adattivo.
Un cambiamento di mentalità, verso un approccio più proattivo, è stato attuato negli ultimi decenni a livello comunitario con lo sviluppo di norme sempre più stringenti, legando le azioni gestionali alle verifiche dello stato delle risorse ed esplicitando la relazione tra misure gestionali e obiettivi da seguire.

Una gestione sostenibile delle risorse è molto importante perché si pone l’obiettivo di soddisfare le necessità attuali senza compromettere le risorse per uno sfruttamento futuro (FAO, 2003).


La pesca artigianale, o piccola pesca, è il tipo più antico e classico della pesca, spesso basato sull’investimento di un piccolo capitale e a conduzione familiare, e per questa attività. Si tratta di uno degli approcci più sostenibili: questi metodi di pesca fanno uso di strumenti da posta, ad esempio, tramagli, reti ancorate ai fondali o sospese lungo la colonna d’acqua, trappole come le nasse e sono caratterizzate da una selettività maggiore (la selettività è la capacità dello strumento di catturare la specie bersaglio e di ridurre lo scarto e il rigetto, ed è regolata grazie alla grandezza delle maglie delle reti o delle entrate delle trappole oppure dalla dimensione e forma degli ami) e minori impatti, garantendo un risultato sicuramente più sostenibile. Queste sono tecniche che si basano sulla conoscenza della specie bersaglio, sulla versatilità degli strumenti utilizzati e sulla stagionalità del pescato; non per niente, le tecniche e gli strumenti usati sono chiamati dai pescatori nel loro insieme l’arte.

Quando avrete letto questa introduzione alla mia tesi di laurea, leggermente rielaborata, avrò concluso la proclamazione in piazza San Marco a Venezia. Spero la apprezziate e che sia spunto di riflessioni. Ciao!^^

The Lorax: un film sull’importanza degli alberi

Buona Pasqua a tutti! Oggi straordinariamente alle mie tradizioni pubblico un post fuori argomento: qui state per leggere quattro chiacchiere veloci sul film The Lorax: Il guardiano della foresta.

The Lorax è un film d’animazione di genere fantastico-apocalittico caratterizzato da un mondo ad alto tasso di tecnologia che ha perso i contatti con l’ambiente. Costruito su due piani narrativi diversi, ha il pregio di trasmettere un ottimo messaggio ecologico utilizzando forme accattivanti e canzoni allegre, grazie alla sua struttura di musical.

Quello che mi è piaciuto di The Lorax è come riesca a mostrare gli effetti negativi dell’antropizzazione senza alcuna riserva per le risorse rinnovabili del nostro pianeta: nel presente della narrazione, il mondo è suddiviso tra una città completamente artificiale con alberi di gomma e con aria respirabile venduta a peso d’oro, e l’esterno, un mondo inquinato con l’inquinamento che ormai ha devastato qualsiasi cosa. E’ difficile respirare all’esterno, i fiumi sono ricoperti di melma nera, il cielo è plumbeo, gli alberi sono tutti abbattuti. E per contrasto, invece, nel passato la stessa valle era piena di verde, un cielo azzurro, centinaia di alberi (dalle forme caratteristiche e molto aggraziate) e una forte biodiversità di popolazioni animali che abitavano quella valle. Tutto stava in armonia, prima della venuta dell’uomo.

Insomma, questo film è molto importante perché trasmette un messaggio cristallino ma addolcito dalle musiche e dai colori sgargianti, non è retorico o noioso. La narrazione più importante è quella raccontata da un vecchio saggio misterioso che, come vuole il topos della sua figura, è raccoglitore di antiche memorie; ormai quel mondo pulito è lontano, a causa dell’avarizia dell’uomo industriale ed egoista.

Interessante è che la critica non vada nemmeno alla tecnologia perché quando il primo individuo venuto a rovinare il paradiso terrestre arrivò, aveva solo un carretto e un’ascia; e la tecnologia era già a livelli importanti, era lui povero. La critica è indirizzata alla cattiva gestione delle risorse ecologiche da parte della popolazione antropica!

Senza fare spoiler sulla vera trama (anche se è abbastanza scontata), vi consiglio di guardarlo! La creatura che dà il nome al film è un essere divino assimilabile alla coscienza umana nei confronti del pianeta, ed è doppiata anche in Italia da Danny DeVito! In originale c’è Taylor Swift tra le voci, mentre in Italia come cantante importante c’è Marco Mengoni e devo dire che fa un ottimo lavoro! Prima volta che lo ascolto, tra l’altro, LOL.

Ciao, di nuovo buona Pasqua e fatemi sapere se l’avete visto o se conoscete altri cartoni di simile messaggio. Ciaone e alla prossima.^^

IBE: definizione e utilizzo

Definizione di IBE

L’IBE è uno strumento di analisi che consente di formulare diagnosi della qualità degli ambienti di acque correnti sulla base delle modificazioni prodotte nella composizione delle comunità di macroinvertebrati a causa di fattori di inquinamento o di significative modificazioni fisiche dell’ambiente fluviale.

Questo perché i macroinvertebrati bentonici delle acque correnti sono legati ai substrati, sono composti da numerose popolazioni con differenti livelli di sensibilità alle modificazioni ambientali, esercitano infatti differenti ruoli ecologici e presentano cicli vitali relativamente lunghi.


L’IBE ha un’ottima capacità di sintesi (un unico indice fornisce la risposta della comunità a più fattori di stress), è un indice facile da determinare ed è un metodo standardizzato. Inoltre, rileva lo stato di qualità di un corso d’acqua integrando nel tempo effetti di stress fisici, chimici e biologici. I limiti sono legati al fatto che questo indice non è in grado di quantificare e risalire ai vari fattori che hanno indotto le modifiche ambientali (cioè indica se la comunità è stata alterata in seguito ad uno stress, ma non identifica quale tipologia di stress può aver determinato l’alterazione della comunità).

Come funziona l’IBE

I valori decrescenti dell’indice vanno intesi come un progressivo allontanamento dalla condizione “ottimale o attesa”, definita sulla base di una struttura della comunità che in condizioni di naturalità, o comunque di “buona efficienza dell’ecosistema”, dovrebbe colonizzare quella determinata tipologia fluviale. Infatti, le famiglie di macroinvertebrati meno resistenti all’inquinamento nell’analisi fornita da questo indice sono associati ai valori più alti, fornendo quindi una facile consultazione dei risultati grazie a una scala gerarchica di qualità (più è sano l’ambiente, più il suo valore IBE è alto).

Concettualmente il metodo si fonda quindi sul confronto e la valutazione delle differenze fra la composizione di una comunità “ottimale o attesa” e la composizione della comunità “campionata” in un determinato tratto di fiume.


Perché si usano i macroinventebrati?

Il gruppo dei macroinvertebrati è stato preferito ad altri gruppi sistematici, perché rappresentato da numerosi taxa con differenti livelli di sensibilità alle alterazioni
dell’ambiente.

Questo gruppo è adeguatamente campionabile, riconoscibile, classificabile e
presenta cicli vitali mediamente lunghi. È legato al substrato e quindi rappresentativo di una determinata sezione di un corso d’acqua.

Campionamento e analisi

Il campionamento della comunità che colonizza la sezione del corso d’acqua studiato va effettuato tenendo conto dei “microhabitat” rappresentativi della tipologia fluviale, lungo un transetto da sponda a sponda. È importante evitare il campionamento di differenti biotipologie lungo la sezione del corso d’acqua, dato che potrebbe aumentare artificiosamente il valore di Indice. Una corretta analisi delle comunità di macroinvertebrati è essenziale ma non esaurisce il quadro di studio dell’ecosistema preso in esame, perché è necessario compiere anche una valutazione sia idrogeologica sia delle popolazioni microbiote del fiume.


Infine, l’applicazione dell’IBE necessita anche di una fase di analisi in laboratorio,
attraverso la quale approfondire la conoscenza dei taxa presi in esame e verificare le diagnosi formulate in campo. I criteri e le procedure da seguire possono variare leggermente per le peculiarità degli ambienti studiati e delle differenti finalità dell’indagine.

Le popolazioni analizzate, quindi, vengono riconosciute a livello di famiglia o genere, a seconda del Gruppo Faunistico.

Conclusioni

Alla fine, il risultato delle abbondanze delle varie famiglie macrobentoniche va confrontato con i valori di una tabella al cui interno sono presenti i valori a seconda della sensibilità e del numero di individui della specie più sensibili e a rischio (le stesse campionate e analizzate): sono questi macrobioti a fornire lo stato di qualità dell’ambiente.

La mia esperienza

Condurre una ricerca di questo genere deve essere un’esperienza veramente istruttiva perché non solo si utilizzano nozioni eco-geo-biologiche immagazzinate in anni di università, ma si ottiene anche la manualità e la velocità richieste negli anni successivi di studio e nel lavoro: avremmo dovuto immergerci nel fiume per catturare gli insetti, e gli invertebrati in generale, con una serie di reti; avremmo dovuto analizzarli sul posto e in laboratorio; avremmo dovuto calcolare le abbondanze e capire quell’ambiente.

Ma è avvenuto il Covid, il resto lo leggete qui.

Ciao, spero che sia stato chiaro. Non esitate a pormi domande e commentare. Ciao!

FONTI:

  • Metodi analitici per le acque. Indice Biotico Esteso (I.B.E.). APAT. Manuali e linee guida 29/2003. APAT, IRSA-CNR.
  • Manuali e linee guida: Metodi Biologici per le acque superficiali interne. Delibera del consiglio Federale delle Agenzie Ambientali
  • La mia relazione di Falcade, elaborata con il mio gruppo di studio.
Non è il fiume su cui avremmo lavorato ma è una bella foto^^

Underwater

Un’avventura dark che finisce col dramma.

A essere onesto sono sempre stato un fan di Kristen Stewart dai tempi di Twilight, di cui possiedo il DVD; quindi, quando scoprii questo filmetto sci-fi saltai dalla sedia per la gioia!

Di cosa parla?

Underwater parla di una giovane vedova che lavora in una base sul fondale oceanico per trivellare il fondale e ricavare le risorse primarie; con un gruppo di colleghi viene sorpresa da un terremoto che devasta l’impianto e insieme a loro decide di scappare assieme ai pochi superstiti attraverso gli abissi oceanici per raggiungere la base più vicina e chiedere aiuto. Ma non sanno che il terremoto non è indotto dai movimenti tettonici e che qualcosa li sta cacciando…

Mi è piaciuto?

Sì mi è piaciuto molto. Lo guardai nel treno per andare a Roma, al mio corso di sceneggiatura; mi fece compagnia durante le lunghe ore di treno e di questo mi compiaccio molto. Se dovessi ravvicinarlo ad altri film citerei senza dubbio Alien e Gravity, anche se sono indubbie le influenze di Lovecraft (di cui ho recensito una raccolta qui) e di alcuni film sugli orrori degli abissi degli anni ’70 e ’80.

Kristen ci porta il ritratto di una donna infelice con una vedovanza sulle spalle, da cui non riesce a uscire, e con un forte di isolamento; ciò che lei vive durante il film ovviamente poi non aiuta ad alleviare il suo tormento. Inoltre, anche gli altri personaggi mi sono piaciuti grazie a dialoghi ben scritti e una buona recitazione, le morti le ho sentite tutte, soprattutto quelle avvicinabili ad autentici suicidi per salvare gli altri.

Io personalmente lo consiglio, mi ha catturato lungo tutta la visione! Poi, l’ultima mezz’ora è stata una sorpresa autentica, portando con facilità e linearmente tematiche ecologiche senza fare discorsi barbosi ma mostrando ciò che potrebbe nascondersi nelle profondità oceaniche e che potremmo svegliare o far arrabbiare a causa della nostra hybris.

SPOILERS!

L’idea dei mostri informi e senza una struttura ossea per me è stata vincente: infatti, là viene ribadito più volte (e pure con qualche morte) che la pressione è invivibile e quindi mostrare animali che si sono adattati a tali pressioni ha dato maggiore verosimiglianza al tutto. Anche il Chtulhu finale di per sé è perfetto perché a differenza dei piccoli predatori è immenso e quindi ha un maggiore rapporto massa/superficie, oltre a una pelle dura, protetta da un esoscheletro.

Le apparizioni di questi mostri non avvengono mai spesso, riescono a godere del senso orrorifico di sorpresa e stupore; vediamo più spesso invece le scie bavose che lasciano, o la loro pericolosità. La scena in cui devono entrare nella base per mettersi al sicuro e si ritrovano costretti a passare in mezzo a questi essere bianchi e simili a medusa mi ha messo molta ansia, anche perché per tutto il film abbiamo visto la loro aggressività.

Un’altra caratteristica importante e fonte di pericolosità, cosa che lo avvicina a Gravity, è il pericolo dell’ambiente stesso: non solo i protagonisti interagiscono in un mondo desolato, mentalmente stancante e sono prede di predatori a loro sconosciuti, ma devono anche stare attenti a non finire l’ossigeno, a non graffiare i caschi, a non perdersi e non impazzire. Il senso di isolamento è costante, forse più del pericolo, perché bisogna tenere conto che si muore laggiù, solo chi ti fa compagnia nel trapasso saprà che fine hai fatto!

Queste due caratteristiche hanno creato insieme un bellissimo finale, finale in cui il personaggio di Kristen, tormentata dalla sua vedovanza e dalla morte del suo capo/mentore/figura paterna, sceglie di suicidarsi per permettere la fuga dei suoi ultimi due colleghi rimasti: infatti, non solo restavano solo due scialuppe ma i mostri li avrebbero raggiunti se lei non avesse fatto esplodere la base!

Ovviamente, poi, tutta la faccenda è stata insabbiata ma questo era ovvio, chi vorrebbe sapere che c’è Satana che ti fa ciaone dagli abissi, soprattutto con il recente innalzamento dei mari! xD

Per me il film ha lo scopo di dire allo spettatore di smettere di sfruttare le risorse rinnovabili e non rinnovabili della Terra senza alcuna precauzione perché sennò potremmo non avere Satana che ci dice ciaone dal fondale degli oceani ma potremmo ritrovarci senza cibo o senza acqua potabile, oppure senza suolo (che è diverso dal terreno o dal sedimento), oppure senza aria respirabile. Insomma, non dico che dobbiamo diventare dei santoni e vivere di acqua e aria in cima alle montagne (sarei il primo a dire che preferirei un Satana che ci dice ciaone dal fondale degli oceani a questa scelta) ma che dobbiamo stare più attenti, anche solo consumando di meno e insegnando il rispetto per la natura alle future generazioni.

Ciaone burlone!

Parlando di Satana che ti fa ciaone…

Disastro del Vajont, perché è successo

Il Disastro del Vajont è stata una delle catastrofi antropiche più grandi. Ovviamente, sono troppo piccolo per avere vissuto l’evento sulla mia pelle (classe 1998 per chi non lo sapesse), ma bazzicando spesso per il Cadore, essendo veneto e studiando Scienze ambientali a Ca’ Foscari una piccola idea me la sono fatta.

Ma prima di tutto, cos’è Il Disastro del Vajont?

Vajont deriva il proprio nome dal torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per poi confluire nel Piave, davanti a Longarone, in provincia di Belluno. Il monte che causò la frana è il Monte Toc, che in dialetto locale significa marcio. Il Disastro del Vajont fu l’onda anomala causata da una frana del Monte Toc, che precipitò nel 1963 sulla diga posta a incanalare il torrente; onda anomala che abbatté la propria furia devastatrice su Longarone e Erto.

Ho sentito molto su questa vicenda, ho guardato molti documentari e letto interviste ai sopravvissuti o ai parenti delle vittime. Non posso nemmeno lontanamente immaginare cosa possa essere stato. Ma sono stato sul posto con la mia professoressa di Geodinamica, ho ancora adesso i miei appunti; appunti che raccontano numeri di geomorfologia mostruosi e grandi lacune da parte delle autorità.

Cos’è stato a causare il Disastro del Vajont?

I principali fattori del disastro furono cinque: l’assetto strutturale del monte Toc; la presenza di un’estesa paleofrana; la presenza di una falda in pressione sotto la superficie di rottura; le precipitazioni; la sismicità dell’aria.

  • L’assetto strutturale del monte Toc. Il principale componente della frana fu l’assetto a franapoggio del versante; il franapoggio è una formazione rocciosa parallela al versante e quindi è più facile che le rocce scivolino o si stacchino dal versante.
  • La presenza di un’estesa paleofrana. Una frana è uno spostamento veloce di rocce che scivolano lungo il pendio roccioso; la presenza di una frana già avvenuta esplicitava maggiormente la possibilità della possibilità che se ne potesse creare una nuova.
  • La presenza di una falda in pressione sotto la superficie di rottura. In pratica, esistevano due falde: una più superficiale libera di oscillare e una inferiore compressa e in pressione se riempita con le precipitazioni naturali; il rischio era che quella inferiore a causa della pressione che sentiva potesse destabilizzare gli strati a essa superiori.
  • Le precipitazioni, cioè l’acqua che annualmente si infiltrava nelle rocce e le limava a causa della continua lisciviazione e il riempimento/svuotamento della vasca idrica.

Inoltre, oltre ai fattori idrogeologici, ci fu un altro fattore importante: la completa inefficacia del monitoraggio e della gestione della diga.

Un continuo svuotamento della diga e frane sempre più frequenti

Innanzitutto, come prima premonizione nel Marzo 1960 quando il livello dell’invaso era già a livello di oltre 500 metri di quota (più di mezzo chilometro) si riattivò una paleofrana che cadde in acqua; solo tre mesi più tardi un’ulteriore frana interessò il contenuto idrico della diga neonata, quando il livello era già a 600 metri di quota, con numerosi movimenti geodinamici tutt’intorno a essa. Le successive analisi per capire le cause delle frane svelarono che la superficie interessata dai crolli era molto più profonda del previsto: già da qui si poteva capire quanto gli studi preparativi per la diga fossero stati superficiali!

Ovviamente, una frana (che è un corpo roccioso che cade lungo un pendio) non cade per spontanea volontà di procurare danni e infatti, per tutto il 1960 alla sua fine, la zona fu colpita da numerose frane e fratture del paesaggio idrogeologico: comparvero numerose e profonde saette nel terreno simultaneamente a frane che si riversavano nella diga provocando onde alte più di due metri!

Nel 1961, per cercare di arginare il problema delle continue frane si pensò di svuotare e riempire sistematicamente la diga per arginare la distruzione delle componenti rocciose della diga ma ciò che il geologo e responsabile Muller non pensò è che la continua corrente idrica avrebbe reso le pareti rocciose molto più lisce e permeabili e soprattutto fragili! Tuttavia, l’idea venne approvata e fu costruito un bypass per gestire il flusso idrico all’interno del bacino artificiale e la sua altezza.

Quindi, costruito il bypass, nei successivi due anni il livello idrico della diga viaggiò tra i 600 metri d’altezza di quota e i 700; disgraziatamente, le frane cessarono: Muller arrivò a pensare che con un flusso d’acqua controllato, le frane potessero venire controllato mentre probabilmente ciò che era realmente successo era semplicemente la fine del corpo di frana attuale e l’inizio del deterioramento di un ulteriore strato di roccia, più profondo ed esteso.

E poi ci fu il disastro

Alla fine di Agosto 1963, con il livello a 710 metri di quota, la velocità di frana aumentò bruscamente fino a 2 centimetri al giorno. Sperando di ripetere i risultati precedentemente ottenuti, Muller ordinò un ulteriore svuotamento ma ciò, invece, aiutò il corpo di frana a staccarsi dalla parete generando nella notte un’onda anomala di un’energia straordinaria.

Era il nove Ottobre 1963.

Le principali cause di quell’onda capace di spazzare via interi edifici a chilometri di distanza sono:

  • l’elevata velocità della frana, causata dalla forza d’attrito dell’acqua in uscita sulle pareti;
  • la pressione dell’acqua sulle rocce già fragili.

Io ho solo ventun anni, non posso nemmeno immaginare ciò che dev’essere stato; ma ho studiato l’evento come approfondimento di geologia sul movimento di frane. Spero solo di avere spiegato ciò che causò il disastro, nella speranza che l’uomo non costruisca più dove non deve e abbia la forza di correggere gli errori commessi, come per esempio la costruzione della diga del Vajont.

Ciao.

cause del disastro del vajont, mappa
Studio satellitare svolto da me a lezione sul Vajont

Fonti.

Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/franapoggio/

Impegno ecologista

Buongiorno a tutti! Oggi voglio condividere con voi un testo che gira su Facebook, ha come protagonista un uomo e sua figlia e pur facendo sbellicare dalle risate il lettore porta alla luce alcune problematiche ambientali molto importanti. Ecco qui!

 

-Ciao papi, allora me li dai i soldi per il nuovo telefono?
-No.
-Ma come no? Hai detto che forse me li davi se prendevo la sufficienza in Storia!
-E’ vero, ma è successo prima che tu andassi alla manifestazione Friday For Future.
-MA CHE C’ENTRA SCUSAAA?!!
-Intanto non urlare che provochi inquinamento acustico ed emetti anidride carbonica in quantità anomala. Ti spiego: vedi amore di papà, tu e tutti quei ragazzi in piazza mi avete fatto riflettere e ho capito che fino a oggi ho agito da irresponsabile, quindi farò qualcosa per il tuo futuro, proprio come avevi scritto sul tuo cartellone.
-MA IO HO BISOGNO DI QUEL TELEFONO!!!!
-Intanto non ti agitare, che la tua termogenesi aumenta, causando un notevole dispendio energetico. Ti spiego: il tuo telefono funziona ancora?
-NO!!! CIOE’ SI’, MA E’ RALLENTATO E POI E’ UN MODELLO DI UN ANNO FA!!
-Visto? Funziona, dunque è un falso bisogno, indotto dal consumismo esasperato che in piazza dicevate di volere abbattere. Pensa che grazie al tuo sacrificio ci sarà un telefono in meno da smaltire come rifiuto. Brava! Sono fiero di te!
-MA NOOO! DAI PAPI PERO’!!!!! GUARDA CHE LO COMPRO CON I SOLDI DELLA GITA SCOLASTICA AD AMSTERDAM EH…
-Ah. A proposito di gita, ti informo che non ci andrai.
-COOOOSAAA?!!!!
-Amore di papà, io mi sento così in colpa per quello che abbiamo fatto al pianeta che vi lasceremo, che mi sono informato e ho letto che il traffico aereo è uno dei maggiori fattori di inquinamento dell’aria. Ogni giorno più di 100.000 aerei rilasciano tonnellate di CO e UHC che danneggiano vegetazione ed ecosistemi, con un’azione climalterante che contribuisce in modo incisivo al surriscaldamento del pianeta.. Quindi non ci andrai. Brava! Sono fiero del tuo impegno per un’aria più pulita!
-NOOOO!!!! IO CI VADO IN GITA!!!
-Io non credo.
-SI’ INVECE!!!
-No tesoro, non ci andrai. Ma perchè ti arrabbi che poi mangi troppo per il nervoso contribuendo alla sovralimentazione delle popolazioni dei paesi sviluppati? Hai chiesto tu che si facesse qualche sacrificio per l’ambiente e io sono molto fiero della tua coerenza!
-MA CHE C’ENTRO IO?!!!! DILLO AI POLITICI NO?!!!
-E cosa pensi debbano fare i politici?
-MA CHE NE SO IO! …ELIMINARE LA PLASTICA, GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI…’STA ROBBA QUA INSOMMA…
-Bravissima amore di papà! Allora niente più scarpe da ginnastica in plastica, soprattutto quelle prodotte all’altra parte del mondo da persone della tua età, sfruttate e impoverite dal consumismo occidentale. E niente più Mac Dorand’s, che deforesta e usa troppa chimica nei suoi prodotti.
– PAPAAAA!!! SMETTILA!!!
-Amore, non sbattere i piedi a terra in quel modo, che piccole variazioni in questo spazio fisico producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un altro spazio fisico.
-IO TI ODIO!!
-Per amore tuo lo sopporterò. Aggiungo che l’odio è un atteggiamento che innalza alcuni ormoni a sfavore di altri, poi dobbiamo andare dall’endocrinologo che sta dall’altra parte della città, e in bicicletta sai, è una bella pedalata! Te l’ho già detto che per salvaguardare l’ambiente e ridurre i consumi di combustibili fossili, ho deciso che la macchina si userà solo se la destinazione da raggiungere supera i dieci chilometri di distanza, come da raccomandazioni ecologiste? Dunque a scuola ci andrai a piedi. Tre chilometri sono una passeggiata salutare in fondo e sarai contenta che non ti accompagnerò più con l’inquinante automobile fino a davanti la porta della classe.
-Papi, dimmi la verità…ti stai drogando? Hai iniziato a bere?
-Ma no amore di papà. Anche noi andavamo ad Amsterdam con la scusa della gita, ma poi la cosa finiva lì.
-IO NON CI STO CREDENDO! MA FAI SUL SERIO?!!
-Sì amore di papà. Voi avevate ragione e noi torto, per questo cambierò i nostri comportamenti criminali nei confronti dell’ambiente. C’è un’altra cosa, da oggi in poi niente più capi colorati, perchè per tingere i tessuti si utilizzano ogni anno 9 trilioni di litri di acqua e tonnellate e tonnellate di oltre 8000 sostanze chimiche che poi vanno nel terreno, nei fiumi e nel mare. Quindi vestiremo solo tessuti ecosostenibili, naturali, non tinti…Hai presente quel grigiolino, avanino? Al limite il giallino dei capi sbiancati al bicarbonato o il verdolino di quelli colorati con le erbe? E niente zainetti nordeuropei, visto che i tessuti sintetici come il Nylon creano ossido di azoto, un gas a effetto serra 310 volte più potente dell’anidride carbonica. La shopper in tela grezza del negozio di fiori andrà benissimo.
-MA PAPA’…C’E’ SCRITTO “DITELO CON UN BAOBAB”!!!
-Bello. Etnico, equosolidale, multiculturale, proprio come piace a noi… Ah! E basta anche con quei coloranti assurdi che usi per farti i capelli da disadattata, che sono un fattore inquinante considerevole visto che se ne usano 1.300 tonnellate l’anno solo nel nostro paese.
-BASTAAA! MAMMAAAA!!! PAPA’ E’ IMPAZZITO!!!
-Amore di papà, già che ci sei, dì alla mamma che la nuova macchina per il caffè la può vendere, perchè si calcola che ogni giorno si debbano smaltire milioni e milioni di quelle capsule in alluminio colorate estremamente inquinanti.
-……….VOGLIO MORIRE!!!
-E gli assorbenti… Quelli, in stoffa. Da lavare e riutilizzare. Meno alberi abbattuti, meno sbiancanti, meno colla, meno ali, meno rifiuti.
-AAAAAHHHHHH!!!!!
-Ah, un’ultima cosa amore di papà, per una ragazza che voglia sembrare impegnata e responsabile come te, il 6 a Storia dopo mesi e mesi di insufficienze è un autentico VOTO DI MERDA!!, ma visto che parliamo di un concime organico naturale, per questa volta non ti sequestro l’inquinante motorino. (Hihihhihihihi!!!😎 Una goduria questo ecologismo.)

Fonte: 29 settembre alle ore 13:42

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Preserviamolo questo futuro, ma con un’idea vera e non a parole: studiamo per trovare nuovi modi  per sopravvivere!

La spiaggia

Ciao a tutti. Oggi ho voluto parlare di un argomento che ho studiato all’università: geodinamica, che per chi non lo sapesse è la scienza che studia le forme della Terra e i fattori assieme alle cause che le hanno create. E di cosa vi parlo? Del lavoro delle onde, ultimamente ho visto alcune pubblicità che non mi sono piaciute.

  1. Le spiagge sono forme terrestri in continuo mutamento, comprese tra il mare e la terra ferma. A mutarne la forma sono le onde che a seconda dei depositi da parte dei fiumi e delle asportazioni da parte delle acque marine aumentano o rimpiccioliscono le loro dimensioni.
  2. I principali apportatori di detriti per le spiagge sono i fiumi: ogni anno, tonnellate di sassi, sabbie, blocchi e spazzature sono trasportati verso le loro foci. Lì si accumulano e a seconda del tipo di accumuli si creano foci diverse.
  3. Le principali asportatrici di detriti dalle spiagge sono le onde: con un movimento circolare (più o meno), ondulatorio e soprattutto periodico asportano da un lato e dall’altro dipende; o finisce da un altro punto della spiaggia oppure in mare aperto.

Con questo piccolo schema è facile capire quanto le più grandi fonti di inquinamento non siano le cose a valle o in spiaggia ma le cose a monte, la spazzatura che viene raccolta dai fiumi e quindi molto facilmente trasportata fino in mare. Quante probabilità ci sono che dalla spiaggia un sacchetto di plastica, probabilmente con sabbia sopra, venga trasportato dal vento fin sopra alle onde per finire nello stomaco di un delfino? Molto più probabile che con la velocità delle macchine cada da un ponte in città e si faccia tutta la strada per finire in mare! No?

Per farvi capire meglio il lavoro delle onde, ho deciso di portare un’immagine molto particolare che ho ottenuto lavorando con il programma QGis  su alcune fotografie satellitari dello stesso luogo prese in anni diversi. In pratica, la foto mostra la laguna di Venezia nel tempo ed è possibile vedere quanto le onde siano state in grado di erodere la spiaggia e trasportarne i detriti in un punto vicino; secondo me, è così che si creano le isole di rifiuti: le onde li raggruppano.

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La laguna di Venezia nel tempo

Sapendo ciò, a me paiono abbastanza strane le pubblicità che ci sono ora, quelle che vanno tanto di moda sull’inquinamento delle spiagge. In pratica, vediamo la cartina di quello che si mangia il gelato portata dal vento in mare e rispedita al mittente da Poseidone; oppure, una catena umana che protegge il mare dalle spiagge.

Oltre al fatto che di solito è la baia a rimanere sporca perché in ogni caso il moto delle onde è verso la baia e la rifrazione ne fa perdere molta forza, queste pubblicità secondo me sono sbagliate i rifiuti che finiscono in mare dalle spiagge sono i minori: molto più facile dai fiumi, dalle barche, in punti alti e presi dal vento per andare direttamente in mare aperto ma non dalle spiagge; più che altro mi immagino che vengano sepolti dalla sabbia come le ciabatte che devo ricomprare ogni santo anno.

Ma voi cosa ne pensate? C’è qualcuno che sa dirmi un’opinione professionale qui? Per finire vi lascio questo sito, introdotto con una citazione che risponde alla mia domanda e in parte conferma il mio ragionamento:

Purtroppo in questi anni di crescente domanda, solo il 20% della plastica prodotta è stato riciclato o incenerito. Tutto il resto si è accumulato come scarto a terra e in acqua.Di conseguenza dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari di tutto il mondo ogni anno, causando l’80% dell’inquinamento marino.Rifiuti che per i 4/5 entrano in mare sospinti dal vento o trascinati dagli scarichi urbani e dai fiumi. Il resto è prodotto direttamente dalle navi che solcano i mari, soprattutto pescherecci ma anche navi mercantili ed imbarcazioni turistiche di tutte le stazze.

Dal sito: https://anteritalia.org/#

Le grotte del Caglieron

Buongiorno a tutti! Oggi voglio parlarvi di un complesso di grotte vicino a Breda di Fregona (TV): le Grotte del Caglieron!

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Sono stato alle Grotte del Caglieron un mesetto fa, ai primi di Maggio, con la mia professoressa di Geodinamica, il suo dottorando e i miei compagni di corso lo stesso giorno in cui abbiamo visitato e studiato le cause e gli effetti della frana del Vajont. Insomma, ci è stato mostrato il vero uso della Geodinamica, la scienza che studia le forme della Terra e i fattori che le hanno create.

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Le Grotte del Caglieron sono un complesso di cave facilmente raggiungibili in macchina e reso visitabile tramite passerelle, scorrimani e tanti pannelli esplicativi; personalmente consiglio di portarsi un ombrello o un impermeabile perché il luogo è saturo di acqua e aggirarsi nel complesso sarà come camminare sotto a una pioggerella estiva: fresco, allegro ma con un bel venticello. Ma l’esperienza è fantastica in ogni caso, la consiglio benissimo perché tutti dovrebbero vedere ciò che l’uomo e la natura hanno creato senza causare stragi o disastri naturali e l’acqua che scorre nel complesso ha un bel colore smeraldino-azzurro!

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Ma cosa sono le Gotte del Caglieron?

Le Grotte del Caglieron sono un complesso di cave, una parte artificiali e una parte scavate principalmente dai fattori esogeni in un’area di nove ettari. Interessante è pensare che prima di tutto ciò c’era solo una forra, una forma incisa nella roccia grazie alla forza dell’acqua: una bellissima morfoscultura forgiata dalla natura! Essendo le rocce che le compongono principalmente calcaree, arenarie e marnie, l’azione dell’acqua è stata non solo meccanica ma anche di idrolisi facilitando quindi la loro disgregazione e alterandone la resistenza, creando così molte forme quali cascate (knickpoints), profonde incisioni, marmitte simili a pozzi e terrazzetti simil gradini concavi; io di tutto ciò ho notato principalmente le incisioni e le cascate, anche se sono vecchie di decenni essendo ricoperte di vegetazione. La parte artificiale della delle Grotte del Caglieron è dovuta all’azione dell’uomo perché usate fino al secolo scorso come cave e si può notare l’azione dell’uomo grazie ai pilastri che sono stati lasciati e profonde striature lasciate sul soffitto di roccia: uno spettacolo unico, da non perdere.

Ecco, queste le Grotte del Caglieron. Spero di avervi spiegato bene la parte geomorfologica e di avervi interessato a scoprirle! Voi le conoscevate?

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Consigli per l’osservazione da città – parte 2

Conoscete questo sito? E’ molto interessante e mi ha spiegato in maniera molto semplice il problema dell’inquinamento luminoso. Come me cerca solo di condividere le proprie passioni e quindi spero che come con me gli darete una piccola possibilità.^^
Ciaone e al prossimo articolo mio e vostro, in questi giorni non riesco a leggere e scrivere molto sulla piattaforma :\