Fobo e Deimo: quando l’Amore si unisce alla Guerra

Se vi cito Fobo e Deimo, voi a cosa pensate? A nulla? Ok. E se vi dicessi Φόβος e Δεῖμος? Sì, sono letteralmente Paura e Terrore, i bei figli di Afrodite e Ares!

Nella mitologia classica:

Fobo e Deimo sono stati citati da due soli autori: Esiodo e il mitico Omero.
Esiodo, nel suo poema Teogonia, afferma che Fobo e Deimo «agitano le folte schiere degli uomini nella guerra paurosa con Ares distruttore di città».
Omero invece li cita spesso nell‘Iliade dove accompagnano il padre sul campo di battaglia. Inoltre, Fobo è raffigurato sullo scudo di Agamennone accanto alla Gorgone (associazione interessante tra l’altro, Medusa è legata al rimorso).

Entrambi gli autori concordano che siano figli di Afrodite e Ares, dell’atto sessuale e dell’atto dell’uccisione. Figli degli istinti animali residui nell’uomo, se vogliamo.

Nella cultura moderna: Doom!

Eh già! Sono riuscito a collegare il videoludico franchise horror alla mitologia classica! Ma come? Premesso che Doom fa indubbi riferimenti alla mitologia cristiana e alla Bibbia, gli autori di Doom hanno ambientato i primi due episodi di The Ultimate Doom sulle due reali lune di Marte: Fobos e Deimos!
Sì: il marine deve affrontare uno degli orrori più grandi che hanno minacciato l’umanità su lune che prendono il nome da divinità che incarnano esse stesse questi orrori! Geniale, no?

E voi? Conoscevate questi figli di Afrodite? Che idea vi siete fatti della dea dai mille figli? Meglio lei o Echidna?
Ma soprattutto, finalmente sono tornato a parlare di mitologia! Grande ritorno.^^

God of War: l’elaborazione di un lutto o la riscoperta dei legami familiari?

Buongiorno!
Oggi parlo di God of War, il capitolo del 2018, il soft reboot della saga che sposta le vicende dall’antica Grecia alle terre del Nord. E sì, questo vuol dire Odino, Thor e compagnia bella! Questo è un videogioco che ho comprato a metà prezzo usato, mi ha accompagnato per due mesi buoni, giocato a difficoltà Esperienza equilibrata che equivale al Normale: combattimenti impegnativi ma non impossibili.
E sono qui a raccontarvi della mia esperienza dopo aver platinato il gioco!

Trama:

Kratos vive nelle terre del Nord da diversi anni, dopo essersi congiunto con una donna del posto ed essere diventato padre del piccolo Atreus. Quando la moglie muore, le fanno il funerale e iniziano un viaggio verso la vetta più alta dei 9 mondi della mitologia nordica per spargerne le ceneri. A contrastarli, c’è una divinità nordica a loro sconosciuta che dà loro la caccia.
In un viaggio lungo diversi mesi tra mondi diversi, situazioni pericolosi e nemici divini, il legame tra padre e figlio, finora sempre molto sfilacciato, inizierà ad approfondirsi.

Gameplay e il mondo circostante:

Giochiamo controllando solo Kratos in terza persona in un mondo abbastanza aperto e vasto, esistono tre tipi di combattimenti: a mani nude, con il Leviatano e con le Lame del Caos; inoltre, Atreus prende parte alle lotte meno pericolose attaccando i nemici con le sue frecce.
La telecamera è posta dietro alle spalle di Kratos e quindi pur essendo mobile segue le torsioni naturali del collo.
Il mondo circostante è molto elaborato e colmo di dettagli, dalla storia e dai collezionabili è possibile ricevere una bella infarinatura della cultura nordica (ho controllato con il mio dizionario a tema, le informazioni sono affidabili) e durante la storia principale è molto difficile bloccarsi sempre con lo stesso nemico. E se ciò succedesse, è sempre possibile cambiare la difficoltà di gioco.
I personaggi tra alleati e nemici sono tanti, ma sono sempre funzionali alla trama: pur essendoci sempre accampamenti con il fuoco acceso e animali pronti per essere cucinati, i soli personaggi randomici che si incontrano sono nemici sovrannaturali e gli spiriti dei caduti. Ecco, più procediamo con il gameplay e più vuote si rivelano le mappe.
Ogni tanto per andare avanti con il cammino dobbiamo risolvere alcuni enigmi ambientali. Ecco, se perdiamo troppo tempo, Atreus fornisce grossi indizi per la risoluzione; il figlio non deve avere un’altissima opinione dell’intelligenza paterna. E ciononostante, con alcuni io non sono riuscito ad avere successo, dovendo ricorrere ai video su YouTube.

Difficoltà e boss:
Le difficoltà che il gioco propone sono 4, solo le ultime due per i giocatori più esperti. Durante la trama principale i nemici sono fattibili, il gioco con le sfide minori ci prepara per quelle più difficili allenandoci con determinati nemici a certe meccaniche di combattimento.
Invece, i boss del postgame sono tra i più difficili. E sto parlando delle Valchirie, esseri imprigionati in stanze nascoste: per affrontarle bisogna aver completate tutte le missioni precedenti in modo da avere un’armatura e abilità in grado di competere con i loro attacchi. Boss finale del gioco è la Regina delle Valchirie e… e nulla, un nemico rotto per cui ho dovuto abbassare la difficoltà per batterla (morendoci una volta pure nella difficoltà più semplice).
Un altro punto negativo è Niflheim: è un mondo ricoperto da una nebbia tossica per cui bisogna attraversare un labirinto prima che la nebbia ci ammazzi (c’è un timer) per recuperare oggetti. Questi oggetti servono sia a potenziare l’armatura in modo da aumentare il timer della nebbia sia per sbloccare le sfide di quel posto. L’ho trovato un posto snervante e inutilmente punitivo, forse il punto peggiore del titolo.

Collezionabili e trofei:
Prima ho detto che ho platinato God of war. E’ vero, ma non sono riuscito a ottenere il 100% da ogni mappa per una pecca ingiustificabile: un collezionabile è reperibile solo in un punto preciso della trama principale, se non lo prendiamo in quel punto bisogna rifare tutto daccapo!
Per fortuna i trofei che servono a platinare il gioco (cioè sbloccare tutti i trofei del videogioco, soddisfacendo alcune richieste) non erano legati a quel collezionabile in particolare, ma per uno che vuole il 100% prima di passare ad altro è un dettaglio veramente evitabile.
Gli altri collezionabili sono fattibili, e perlopiù si sbloccano a fine gioco. Sì, alcuni sono cattivi, ma con tanta pazienza e al massimo una guida si fa tutto.

Top5 best features:
– mondo vastissimo
– Vethurgard
– trama capibile anche per chi non ha giocato i titoli precedenti
– bella evoluzione del rapporto padre-figlio
– musiche stupende e veramente trascinanti

Top5 worst features:
– Atreus non cambia i dialoghi a seconda del gameplay, diventa fastidioso esplorare
– la Regina delle Valchirie
– salvataggio manuale, solo dopo aver completato tutto il percorso o la lotta
– le Redivive sono nemici un po’ troppo OP
– pessima gestione dei dialoghi durante la barca, si passa dal lungo silenzio a conversazioni subito interrotte

Il rapporto tra Kratos e Atreus:
Sfoga pure il tuo dolore ma lascia a me il mio.”
Kratos è presentato come un uomo molto aggressivo e protettivo, che preferisce assicurarsi che il figlio non muoia piuttosto che fornirgli un supporto emotivo. Kratos ha un passato che vuole dimenticare, che ha taciuto ad Atreus. Ha taciuto al figlio pure di essere un dio greco, dettaglio che porterà a situazioni abbastanza tragiche.
All’inizio tra i due c’è un muro di silenzio e imbarazzo. Non sappiamo prima della morte della moglie quanto lui stesse con il figlio, ma dalle prime linee di dialogo e dalle conversazioni sulla barca possiamo capire che i due fossero quasi sconosciuti.
Man mano che il bambino scopre chi è e chi è destinato a essere, il rapporto si incrina maggiormente: Atreus vuole la libertà e il padre che forse non ha mai veramente avuto, Kratos è spaventato e in lutto e cerca solo di proteggerlo e di formarlo. Sarà quando Kratos lo salva che finalmente tra i due inizierà a esserci un rapporto crescente, uniti anche dalle nuove informazioni che scoprono sul passato della defunta madre di Atreus.
Un rapporto molto toccante, fatto di silenzi iniziali e un climax di reciproca comprensione.

E così sono arrivato alla fine dell’articolo. E’ una piccola riflessione sul videogioco per chi stesse pensando se comprarlo o meno. A me è piaciuto, tutto sommato, anche se soprattutto verso la fine mi ha lasciato un leggero senso di fastidio e irritazione; infatti, non ho subito ricominciato la Nuova Partita Plus ma mi sono dedicato a finire Doom2.
E voi? Conoscevate la saga? Ciao!

L’Empusa e il Vampiro

Le bestie malvagie che popolavano le leggende europee erano gli abitanti notturni della foresta e delle montagne: pipistrelli, topi e lupi. Dai molti racconti morali e mitologici che li vedono protagonisti sono nati due celeberrimi personaggi cinematografici: il vampiro e il lupo mannaro. Entrambi sollecitano i nostri desideri notturni e hanno a che vedere con la sessualità e il dominio fisico. Entrambi ci spaventano perché fanno emergere tutta la nostra fragilità: chiunque può essere trasformato in un vampiro o in un licantropo.

L’Empusa

L’Empusa è una creatura mitologica, ancella del seguito di una delle divinità greche più antiche e temute: la Notte.

Viene descritta in testi arrivati a noi unicamente da Aristofane. Il suo nome potrebbe derivare dal verbo ‘Empino’ che vuol dire bere o tracannare, oppure da ‘Katempazo’ che significa sorprendere.

Come molti mostri della mitologia greca aveva sembianze sì vagamente antropomorfe ma anche cangianti: era uno spettro che prendeva le sembianze di una bellissima donna per attirare gli uomini e succhiare loro il sangue fino alla morte. Morire per amore, come si suol dire. Secondo Aristofane, l’Empusa aveva una gamba di legno e una di letame; da notare, che come spesso accade, dal busto in su rimaneva una splendida donna come simbolo di ambiguità e il binomio amore-odio dell’uomo greco verso la donna.

L’Empusa nella cultura moderna compare principalmente nella saga di Percy Jackson, in La battaglia del labirinto (almeno tra i libri delle due saghe principali che ho letto). Un piccolo cameo per una scena di combattimento molto carina nello stile fanciullesco e scanzonato del personaggio!

L’Empusa e il Vampiro

Nella cultura romantica la figura dell’Empusa è di estrema importanza perché di fatto essa rappresenta uno dei riferimenti in letteratura più antichi per la figura del Vampiro! La potremmo chiamare la Madre dei Vampiri!

Interessante è che il Vampiro simbolicamente rappresenti la brama di vivere che rinasce ogni volta che la si crede placata e che invano ci perdiamo a soddisfare finché non riusciamo a dominarla; il Vampiro infettando le sue vittime con la propria maledizione, quindi, trasferisce sull’altro questa fame divoratrice che alla fine è solo un fenomeno di autodistruzione: il Vampiro rappresenta un’inversione delle forze psichiche contro se stessi!

I primi Vampiri al cinema

La figura del Vampiro è sempre stata molto presente al cinema, fin dai suoi albori. Dracula, le Vampire come donne assetate di potere e di sesso, il Vampirismo come dramma esistenziale e sociale verso la società costrittrice.

Un film molto interessante è La Vampira, del 1915. Diretto da Frank Powell e interpretato da Theda Bara, è un vero melodramma. Lei è il Vampiro, una bella donna senza cuore che con la sua lascivia porta gli uomini alla rovina. Una chiara similitudine al comportamento dell’Empusa.

Nella famosa serie Les Vampires diretta da Louis Feuillade, sempre del 1915, l’attrice Musidora interpreta una giovane ragazza dalla doppia vita: di sera canta in un cabaret mentre di notte fa parte di una banda di fuorilegge! La ragazza dagli occhi neri e un’aderente calzamaglia nera rappresentava un cinema popolare fatto di mistero, violenza ed erotismo, che divenne anche il sogno proibito di molti surrealisti.

Nel 1922 arriva il cult che chiunque conosce anche solo di nome: Nosferatu il vampiro! La passione erotica può nascondersi nel morso del vampiro, piegato sulla donna immobile e consenziente, al tempo stesso sia un simbolo sessuale sia un’immagine di vibrante passione.

Ma dovranno passare molti decenni per una nuova icona del cinema sia erotico sia gotico: è negli anni Sessanta che la casa cinematografica inglese Hammer inizia a rivisitare i cult anni ’30 dando così nuova vita al celebre vampiro Dracula! Sempre alla ricerca di fanciulle e mai sazio del loro sangue, condannato a una ricerca perpetua del piacere soprattutto nelle ore notturne. Egli è il principe dell’Eros, l’esatto specchio per le donne di ciò che l’Empusa faceva agli uomini.

E da quel momento, il Vampiro mai più lascerà lo schermo. E non solo in figure come i celebri Dracula, intepretati nel tempo da Bela Lugosi, Carlos Villarias, Cristopher Lee, Frank Langella, Gary Oldman, Jonathan Rhys Meyers e infine da (purtroppo) Thomas Kretschmann.

Il Vampiro inizia la conquista della cultura popolare, nei libri, in produzioni cinematografiche o televisive. Troppi sono da elencare, qui sotto vi lascio 4 importanti produzioni che uniscono l’eros al gotico, regalando Empuse e mostri degni delle tradizioni omeriche.

Le Vampire di Jean Rollin, bellissime, eteree e indefinibili, caratterizzate da un orrore lento e armonioso. Il Vampyros Lesbos (1971) di Jess Franco, pervaso da un erotismo morboso e viscerale. Un abito da sposa macchiato di sangue, un’inquietante pellicola spagnola dai risvolti erotici diretta da Vicente Aranda nel 1972. L’italiano La maschera del demonio diretto dal nostro autore cult Bava nel 1960.

Conclusione del viaggio:

Siamo arrivati alla fine. Spero abbiate apprezzato questo piccolo excurus, pensato come articolo a tema per la Festa della Donna! Auguri a tutte le mie colleghe blogger, a tutte le lettrici e a tutte le donne in generale! Ciao e alla prossima!

Link alla recensione della Guida al cinema erotico e porno: qui

Link alla recensione del libro di Dracula: qui

Link alla recensione di Bram Stoker’s Dracula: qui

Fonti per l’articolo:

  • -Biondetti, L., Dizionario di mitologia classica: Dei, eroi, feste, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l., 1999
  • -Chevalier, J e Gheerbrant, Dizionario dei simboli: Miti, sogni costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Trebaseleghe, BUR_Rizzoli, 2015
  • Bertolotti A., Guida al cinema erotico e porno, dal cinema muto a oggi, Bologna, Odoya, 2017
  • Duncan P., Muller J., [A cura di], Cinema horror, i migliori film di tutti i tempi, Tr. It., Colonia, Taschen, 2017

Le mie letture nel 2021

Buongiorno! Oggi torniamo a parlare di letteratura con la lista riassuntiva delle mie avventure letterarie svolte durante l’anno appena trascorso; irrealisticamente, sono state tutte letture positive!

Nel 2021 ho letto ben 10 libri più alcuni numeri di manga, una grapic novel su Swamp Thing (o erano tre numeri riuniti in un libro figo?) e ben 9 numeri del magazine Ciak. Qui parleremo solo di libri che siano romanzi, saggi o racconti, per gli altri cliccate qui.

Iniziamo:

Dorian Gray. Elegante e veramente lussureggiante, la narrazione unisce il piacere dei sensi alla depravazione dell’omicidio senza remore. Interessante è che l’autore fosse stato accusato di spingere i giovani all’omosessualità, ma nel romanzo non ci sono accenni a relazioni gay o bisessuali; l’unico dettaglio potrebbe insinuarsi nel passato osceno di Dorian con cui lui ricattava i giovani rampolli della società che era solito frequentare.

Dall’elegia di Tibullo alla favola di Fedro: antologia di testi poetici commentati. Non posso dire sia stata una lettura divertente, chi la troverebbe divertente? Però è stato interessante, è un utile libro per approfondire le proprie conoscenze, io lo consiglio.

Frankenstein. Qui sono mesi che mi mangio le mani: ho cercato una bella versione per mesi ma non l’ho trovata, compro una versione bruttissima per ragazzi (con le spiegazioni delle parole desuete a lato) con l’assicurazione della commessa che il testo non era ridotto o semplificato; una settimana dopo esce in edicola la collana dei Maestri del Fantastico, quella con le copertine stupende. Fuck you.

Jane Eyre. Sicuramente una delle letture preferite dell’anno, amavo gli sceneggiati e ho amato questo libro. E poi, dal mio studio al liceo sembrava che Jane alla fine facesse la badante (dell’amato) povera in canna, quando in verità lei sì farà praticamente da badante ma comunque ha ereditato una discreta somma; quindi è un lieto fine perché stanno insieme ed è ricca!

Romeo e Giulietta. Letto in madrelingua con la traduzione a fronte se avevo problemi, è stato sicuramente istruttivo ma anche noiosetto; troppi dialoghi e poca narrazione. Poi inizialmente ho pure avuto problemi a leggere perché c’erano alcuni cambiamenti alle parole per la metrica e quindi non capivo mai (per esempio) a quale declinazione di “have” si stesse riferendo, oppure anche “of” cambiava, credo. Casini.

Cratilo. Non amo molto i dialoghi platonici, questo era interessante perché spiegava l’etimologia delle parole. Ma non mi sento di consigliarlo se non ai diretti interessati.

Cruel as the grave. Seconda lettura in madrelingua dell’anno, si tratta di un avvincente thriller storico ambientato ai tempi della regina Eleonora: il suo Queensman deve snodare intricati problemi politici e al tempo stesso capire chi ha ucciso una povera ragazza. Stupendo, ve lo consiglio!

Evoluzione storica e stilistica della moda, il novecento: dal liberty alla computer-art. Questo è diventato parte della mia biblioteca da blog e racconti, parla dell’evoluzione della moda dai primi del ‘900 fino agli anni ’80 e quindi, beh, con tutti quei modelli spiegati nel dettaglio arrivando a spiegare perfino gli oggetti e i traguardi dell’epoca, contestualizzando quindi anche il perché di certi cambiamenti di costume, è un piccolo manuale del vestito!

Uno straniero allo specchio. Stupendo romanzo scritto dallo sceneggiatore premio Oscar Sidney Sheldon, quello che ha scritto tra gli altri Vento di primavera. Il romanzo è intriso dei costumi di Hollywood, dei suoi scabrosi angoli nascosti che rovinano la vita, delle stelle che lo compongono, degli spettacoli maestosi. Ho adorato leggere il romanzo, ve lo consiglio, sia che siate cinefili sia che siate maniaci delle letture!

Fiabe dei fratelli Grimm. Lo ammetto, ci ho messo tre mesi a concludere la lettura di questo mattone, ma erano più di mille pagine e una fiaba per essere apprezzata non può essere letta subito dopo la precedente! Alcune le conoscevo, altre mille no. Interessante è che alcuni schemi di narrazione sono presenti in moltissime, è facile riconoscere alcune basi su cui sono state costruite tutte le fiabe successive; e la tradizione orale spiega perché ci siano così tante storie simili.

Per me, è perfetto come Dorian vero?

Ecco, siamo arrivati alla fine dell’articolo! Come al solito, vi lascio qualche link interessante alla fine, qui sotto, e vi saluto. Ciao!^^

Le mie letture 2020: qui.

Le mie letture del 2019: qui.

Le mie letture estive: qui.

Il mio racconto Il Buon Doriano, ispirato alle fiabe: qui.

Il mio racconto ispirato alle fiabe: qui.

Io quando entro in una libreria o un’edicola che vende libri!

Aracne

Aracne è un personaggio della nostra mitologia classica, conosciuta per essere la madre di tutti i ragni. Di lei si conoscono molti miti anche se il più importante è di Ovidio; grazie a lei esistono diverse opere ispirate in cui viene citata e omaggiata.

Chi era Aracne?

Aracne era figlia di un uomo normalissimo: Idmone, un tessitore di Colofone.

Se era una donna, perché è stata trasformata in mostro?

Esistono diversi miti e interpretazioni, tutti riassumibili con l’Hybris: quale donna umana e arrogante osò sfidare la divina Atena in una gara di tessitura!

Secondo Ovidio, nelle sue Metamorfosi, Aracne osò Atena in una gara di tessitura; la dea le strappò la tela e la fanciulla disperata tentò di impiccarsi (tipico suicidio femminile nella letteratura classica) . Atena allora la salvò ma la tramutò in ragno, condannandola così a stare sospesa -come fosse impiccata?- e a tessere all’infinito.

Simbolicamente, cosa potrebbe significare la sua storia?

La leggenda greca fa del ragno la caricatura della divinità: se all’inizio Aracne era in grado quale donna tessitrice di creare opere d’arte invidiabili dalle altre creature mortali, quando fu trasformata in ragno divennero semplici e insignificanti.

Il ragno, quindi rappresenta la decadenza dell’essere che ha voluto farsi uguale agli dei, è il demiurgo punito e se vogliamo è paragonabile al Moderno Prometeo.

La figura di Aracne ha influenzato l’arte e la cultura successiva?

Sicuramente, basta andare su Google Immagini per rendersi conto della quantità di opere d’arte che la riguardano. Credo che sia la commistione tra orrido ragno e lo splendore di donna che affascinino; oppure la tragicità della sua arroganza, arroganza e orgoglio che ci hanno colpiti tutti almeno una volta nella vita.

A citare la figura di Aracne ci sta sicuramente Rick Riordan tramite il suo personaggio letterario Annabeth (saga di Percy Jackson); poi è stata citata pure in questo racconto.

Inoltre, per me le similitudini tematiche mi avvicinano tantissimo le figure di Ungoliant e sua figlia Shelob: sono tessitrici, quasi dee in terra e punite dagli dei per le loro arroganza ed ingordigia.

Fonti:

-Biondetti, L., Dizionario di mitologia classica: Dei, eroi, feste, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l., 1999
-Chevalier, J e Gheerbrant, Dizionario dei simboli: Miti, sogni costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Trebaseleghe, BUR_Rizzoli, 2015

Conclusioni:

Aracne è un personaggio tragico che ricorda a noi uomini mortali come l’arroganza e la troppa sicurezza nelle nostre capacità possano firmare la nostra condanna a morte. Lei più di tutte non ha altre colpe che la propria arroganza: alcuni miti la volevano perfino allieva di Atena nella tessitura e non solo una tessitrice di una città qualsiasi! Ma in ogni caso ha perduto tutto perché ha osato quando non doveva.

Ecco, qui si conclude il nostro breve ritorno nella mitologia classica. Vi piacerebbero altri post? E conoscevate Aracne? Fatemelo sapere nei commenti!

E se siete interessati ad altri post di simile argomenti, da PC a sinistra trovate tra le varie categorie tematiche del blog la Mitologia: cliccate e scegliete il personaggio che volete approfondire. Ciao!

La Saga della Fenice Nera

La Saga della Fenice Nera è il primo volume della collana di saghe X-Men pubblicata dalla Panini Comics, scritto e disegnato in origine da Chris Claremont e John Byrne.

I protagonisti di questa saga sono gli X-Men, sia come gruppo di mutanti sia come singoli individui umani che si ritrovano ad affrontare una loro amica corrotta da un potere che non vuole ma che la ammalia terribilmente. Densa e drammatica, leggere La Saga della Fenice Nera è stata un’esperienza veramente intensa, arricchita da disegni che mostrano mondi a noi lontani ma anche molto vicini per le traversie che subiscono.

La Saga della Fenice Nera, quindi, ruota attorno alla figura di Jean Grey.

Jean Grey è una mutante che fin da bambina ha l’abilità di leggere le menti di coloro che la circondano; dopo aver soppresso questo suo dono grazie al Professor Xavier, negli ultimi anni ha ripreso la propria telepatia allenandola assieme al suo altro talento: la telecinesi. Con il nome in codice di Marvel Girl si è unita in battaglia assieme agli X-Men, legandosi con il passare del tempo al suo compagno Ciclope. Sfortunatamente, un recente viaggio nello spazio l’ha resa molto più di prima… e da quel momento la Fenice vive in lei!

La storia inizia proprio dopo la fine di quel viaggio, dopo che lei è uscita con un nuovo costume urlando dall’acqua “Io sono il fuoco e la vita incarnata! Ora e per sempre… io sono Fenice!”.

La Fenice è una delle entità più antiche dell’universo Marvel: infatti, quando sulla Terra arrivò un secondo Celestiale egli venne combattuto da un manipolo di individui sui quali svettavano lo Stregone Supremo Agamotto, il divino Odino e la sua fiammante amata: un’umana dai capelli rossi, la prima mutante della storia di quell’universo. Forza primaria della creazione, della distruzione e della rinascita, Fenice non ha un corpo fisico e perciò ha sempre ricercato esseri viventi in cui riporre una parte o la totalità della propria essenza.

Quindi, quando Jean Grey viene scelta da un’entità tanto antica – che la stimola verso i pensieri più ferali di potere e dominio, che la rende consapevole di essere una dea in terra e che le danneggia lentamente i freni inibitori come la morale e il rimorso – data la giovane età e la poca esperienza è destinata in partenza a soccombere a un destino tragico fatto di violenza, massacri e lacrime, fino a una morte tragica: come un incendio che finiti i combustibili non può far altro che estinguersi.

la saga della fenice nera

Commento con spoiler:

La Saga della Fenice Nera è stata una lettura veramente interessante, in pratica è una raccolta di tutti i numeri che trattano di questa saga, dalla nascita di questa eroina alla sua morte con funerale; ciò si nota con le diverse copertine poste come fossero pagine di un unico grande libro e con i continui riassunti e citazioni (pensati per una lettura seriale non continuativa come invece lo è stata per me).

Devo ammettere che di X-Men non avevo mai letto nulla, solo il libro che ho commentato qui, ma che a livello di conoscenza dei personaggi era stato totalmente inutile; ho conosciuto i personaggi attraverso i vari film (come scordare la iconica trilogia di inizio anni duemila?) e il mio gioco mobile Marvel Puzzle Quest (in cui Jean Grey come Fenice è una dei miei eroi più potenti).

Leggere la Saga della Fenice Nera è stato molto bello, la narrazione è incredibilmente scorrevole e avvincente e, a differenza di ciò che pensavo, il mondo mostrato non si concentra solo sui mutanti ma mostra altri personaggi come gli Avengers, Spiderman e il Doc Strange. Il mondo in cui operano questi personaggi è collettivo e vediamo solo le gesta della comunità degli X-Men perché l’occhio del narratore è concentrato su di loro, ma non perché esistono solo loro; ciò l’ho trovato molto interessante.

L’arco di eventi tratta di molte tematiche. Direi che la corruzione dell’anima e il sacrificio estremo siano quelli più importanti, come anche la solitudine. Noi viviamo il dolore dei personaggi, li vediamo mentre cercano di salvarsi e proteggere una loro amica prima manipolata da un gruppo di criminali, poi consumata da un potere che non può controllare, che la spinge a fare un genocidio e infine al suicidio. L’onda di eventi è lenta e inesorabile, è un destino segnato, è la caduta di un’eroina e la nascita di una minaccia. E noi lettori possiamo solo leggere i pensieri terribili che lei prova mentre la sua identità le viene negata sempre più volte, mentre come telepata lei stessa può leggere i pensieri di paura e rassegnazione che gli altri nutrono verso di lei. Veramente drammatico.

Fortunatamente, in mezzo a tutto questo buio, c’è qualcosa che possa tirare su i morali: i bellissimi disegni con chine veramente raffinate, l’introduzione della cantante Dazzler e della solare Kitty Pride, i grandi combattimenti. In queste pagine è chiara la speranza verso un futuro migliore, lo si vede per come si chiude la Saga della Fenice Nera, per come combattono gli X-Men e per come trattano la gente, gli autori mostrano un mondo sì nero e pieno di malfattori, ma in cui comunque si combatte per il bene: dopotutto, non potrebbe esserci dramma se non ci affezionassimo ai personaggi, se non vedessimo come illuminino la giornata a chi incontrano, se ciò che leggiamo non ci spinge a rivalutare ciò che ci circonda.

I capitoli che mi sono rimasti maggiormente impressi sono principalmente due:  la presentazione di Kitty Pride ( e quindi anche della Regina Bianca ) e l’ascesa della Fenice Nera. Uno che mostra le paure di una tredicenne che scopre i propri poteri mutanti, l’altro i tormenti interiori e la sete di potere di una giovane donna corrotta. Ma tutte le pagine della Saga della Fenice Nera valgono la loro lettura.

Fine spoiler.

Quindi, ovviamente consiglio la lettura. Prima di lasciarci, ci tengo a fornirvi un piccolo approfondimento mitologico e simbolico sulla figura della Fenice.

I miti sulla Fenice:

La Fenice è descritta da molti autori sia greci sia romani sia egizi come un mitico uccello simbolo di rinascita e continuità temporale; a narrare le sue gesta troviamo Esiodo, Erodoto, Tacito, Plinio.

Erodoto la descrive come un uccello maestoso dalle piume d’oro e di fuoco, grande più di un’aquila notabile nell’alto dei cielo ogni cinquecento anni nell’atto di portare il proprio padre, racchiuso in un grande uovo, al terreno di sepoltura partendo dall’Arabia e arrivando fino al santuario di Elio. Questa versione mi lascia leggermente perplesso: infatti, se dice che viene avvistata periodicamente vuole dire che è immortale e quindi ogni cinque secoli seppellisce un nuovo padre adottivo? BOH!

Tacito riferisce che dopo molti secoli la Fenice apparve in Egitto nel 34 d.C. e, come per Erodoto, che essa si mostra agli uomini ogni cinquecento anni; tuttavia, essendo uno storico, è incerto sulla veridicità della notizia, anche se ritiene un fatto il periodico avvistamento.

Plinio descrive la Fenice come gli autori precedentemente citati, anche se differisce riguardo al motivo dell’apparizione: infatti, la Fenice viene avvistata mentre si reca a morire in un nido che si appositamente costruita; quindi, dal cadavere dovrebbe nascere una larva che diventa pulcino per rendere immediatamente gli onori funebri all’incarnazione precedente.

Gli Egizi non dicevano ogni quanto apparisse la Fenice ma la rappresentavano in un modo molto interessante: prima come un piccolo uccello e quindi come un airone purpureo.

Secondo miti tardivi, la Fenice si getterebbe nel fuoco e rinascerebbe dalle proprie ceneri; è grazie a questi che nel Cristianesimo è stata presa come simbolo di rinascita.

La simbologia della Fenice:

Gli aspetti del simbolismo della Fenice sono chiari: risurrezione e immortalità, rinascita ciclica. Per questo motivo, tutto il Medioevo considerò la Fenice il simbolo della Resurrezione di Cristo e talvolta quello della natura divina, mentre quella umana era rappresentata dal pellicano.

Nell’Antico Egitto, la Fenice è un simbolo delle rivoluzioni solari e del ciclo annuale delle piene del Nilo. Trattandosi dell’airone purpureo, si collega all’opera al rosso dell’alchimia, altro simbolo di reincarnazione.

Secondo gli Arabi, la Fenice può posarsi solo sulla montagna di Qaf, che era il centro del mondo dell’epoca.

Piccole Donne BookTag

Nominato molto indirettamente dal blog Il lettore curioso, che consiglio ovviamente, ho deciso di partecipare anche io a questa bella catena libresca. Il tema come dice il titolo è ovviamente il franchise di Piccole Donne e mi sembra perfetto per la Tag e il tipo di domande.^^

  1. Jo March: Scegli un libro che avresti voluto scrivere perché è bellissimo.
  2. Jo March: Scegli un libro con una protagonista con un’eroina il cui viaggio è molto più d’ispirazione che delle sue storie d’amore.
  3. Meg March: Scegli un libro con un personaggio secondario che l’ha reso il libro per te.
  4. Meg March: Scegli un libro con un personaggio le cui aspirazioni sono molto diverse dalle tue.
  5. Beth March: Scegli un libro la cui morte di un personaggio ti ha completamente devastato.
  6. Beth March: Scegli un personaggio genuinamente buono che tu credi si meriti il meglio.
  7. Amy March: Scegli un personaggio che tu ami, ma che tendenzialmente non è apprezzato o non è capito.
  8. Amy March: Scegli un libro con una coppia che tu ami, ma che agli altri non piace.

Ecco le mie risposte:

  1. Credo che per genere e narrazione avrei voluto scrivere Starcrossed. Parla di una ragazza che si scopre discendere da Elena di Troia dopo che cerca di strangolare il ragazzo più bello dell’isola in cui abitano, recentemente trasferitosi assieme alla famiglia. La trilogia narra la mitologia greca e le opere omeriche in una nuova chiave di lettura, più teen ma anche più romantica senza risultare cringe o smielata. Letto in adolescenza, deve sicuramente avere influenzato l’estetica dei miei racconti, mi ero letto tutta la saga in meno di due mesi e ho ancora un ottimo ricordo!
  2. Katniss Everdeen (Hunger Games), la grande stronza che tira più due di picche che frecce. Altra saga letta in adolescenza (e pure il primo in inglese), lei si ricorda per la grande testardaggine, lo spirito di sopravvivenza e la capacità di ispirare le persone a combattere; di certo non per le sue capacità seduttorie  o affettive: stronza e approfittatrice di natura, molte volte mi ci sono ritrovato come carattere – sono proprio simpatico vero? xD – è anche molto protettiva e molte volte rischia la vita per salvare i propri cari e ciò in cui crede. Grande trilogia.
  3. Coraline. Non ho grandi ricordi del libro, ma mi ricordo quanto quella matta con gli occhi inquietanti facesse paura; letto alle medie, mi ricordo ancora un’illustrazione della sua mano scheletrica e con unghie lunghissime simili ad artigli, mi ricordava troppo un ragno!
  4. Afrodite, dall’Ippolito incoronato: va bene che sono egocentrico, ma essere venerato non è l’unico scopo della mia splendida splendente vita! Però è un bel personaggio, chiaro esempio della Hybris contro Ippolito e insegna una splendida morale: mai rimanere vergini o si rischia di portare al suicidio qualcuno. Bellissima tragedia, la consiglio e al link trovate l’analisi fatta al liceo.
  5. Batman Vampire, alla morte del protagonista (quella finale) mi sono strappato gli occhi. Troppo romantico, troppo dramma, troppe vittime. Troppo ingiusto.
  6. Percy Jackson. Altra saga di formazione con protagonista che inizia undicenne e si conclude con lui sedicenne, spero finalmente, ora che ha salvato il mondo sia dai Titani che dai Giganti, che possa finalmente concludere con Annabeth, alla fine, oh! In tutti questi romanzi ha sempre rischiato la vita per gli altri e ha ricevuto solo un bacio. Ora che può, prima di schiattare per mano di un mostro, potrebbe andare a stabilirsi nel Campo Romano e vivere in una bella villetta con Annabeth!
  7. Kaa, di Rudyard Kipling; se non lo apprezzate per le caratteristiche giuste siete capre condotte già al macello dalla Disney. Il personaggio rappresenta la vecchiaia, l’uomo saggio che con la sua mente e la sua astuzia è in grado di vincere battaglia e salvare più volte il protagonista. Descritto lungo più di 10 metri, abbastanza pesante da sfondare le mura di una cittadina ma irrimediabilmente accecato dalla recente muta, è uno dei personaggi più iconici e importanti del libro-simbolo del razzismo dell’epoca coloniale in cui è stato scritto.
  8. Non so se sia apprezzata o meno, ma mi è rimasta impressa la coppia di Gwenda e il  contadino belloccio di Mondo senza fine; letto alle medie, ho empatizzato un botto con lei, era il mio personaggio preferito. Definita una mucca con le mammelle enormi (mi sono perfino rimasti impressi gli insulti che le rivolgevano!), con astuzia riesce a sposarsi il più ambito del villaggio, a dargli un figlio e non temere la concorrenza delle ragazze più giovani e sicuramente più belle (ci vuol poco poverina). Bellissimo personaggio, una donna forte e grande esempio di resilienza.

Ecco, questa è la mia Tag o meglio le mie risposte ad essa. Come al solito, ai link potete trovare i libri commentati; se siete interessati ad altri Tag a cui ho partecipato, qui c’è la sezione. Ho cercato di nominare libri che non porto spesso sul blog, spero abbiate apprezzato. Ciaone, sotto ci sono le nomine, per continuare la catena!

Nomino:

Daniele Artioli

Il Profumo dei libri

Elena e Laura (e questa volta vedete di nominarlo qualcuno xD)

Sam Simon

Imlestar blog

starcrossed

Echidna

 

Buongiorno!

Oggi voglio continuare la mia serie di approfondimenti riguardante la mitologia classica! E perché allora non parlare della madre di tutti i mostri? Colei famosa per la propria ferocia con cui divorava gli incauti passanti ma anche abbastanza fascinosa da sedurre il glorioso Eracle! Sì, oggi conosceremo un po’ meglio Echidna e sarete deliziati da una sua rappresentazione creata da me su carta (da ammirare la buona volontà con cui l’ho disegnata).^^

Ma chi era Echidna?

Echidna è una di quelle persone che viene sempre citata indirettamente da tutti ma mai avvistata; un po’ come John il Rosso in The Mentalist! Infatti, gli autori classici che la descrivono sono veramente pochi, si possono contare sulle dita di una mano: sono Esiodo, Erodoto e Apollodoro. Tutti la conoscono ed è indirettamente citata da tutti gli autori perché è la Madre di metà dei mostri della mitologia classica, poca roba eh?

Chi erano i suoi genitori?

Le origini di Echidna sono oscure e variano da autore ad autore. C’è chi dice fosse figlia di Forco e di Ceto; Apollodoro narra fosse figlia del Tartaro e di Gea, come i Giganti. Interessante è riflettere che questa figura che possiamo descrivere come la fonte di ogni nostra paura sia attribuita a tempi antichi come le nostre paure ancestrali che si basano sul vissuto da preda della razza umana.

Chi erano i suoi figli mostruosi?

Esiodo narra che Echidna da Tifone ebbe il cane Orto, Cerbero, l’Idra di Lerna e la Chimera e che dal figlio Orto ebbe la Sfinge e il Leone di Nemea.

Apollodoro, invece, racconta che Echidna, sempre da Tifone, ebbe il drago immortale posto a guardia dell’albero delle Esperidi, la Chimera, il cane Orto e l’aquila che divorava le interiora di Prometeo (dopo che egli aveva elevato l’uomo dandogli il fuoco), la Sfinge e la scrofa Fea.

Com’era Echidna?

Echidna fisicamente era la perfetta metafora dell’uomo arrivato ma ancora in preda dell’ira e delle emozioni più turpi: infatti, viene descritta da Erodoto come una splendida ragazza feconda dalla vita in su e orrido serpente dalla vita in giù (“[…] la divina Echidna dal cuore violento, metà fanciulla dagli occhi splendenti e dalle belle guance, ma metà prodigioso serpente terribile e grande, astuto e crudele. […]“).  Apollodoro scrive che era solita uscire dalla sua caverna per divorare gli ignari passanti.

Esistono miti legati alla sua figura?

Erodoto scrive che Echidna viveva in Scizia (l’odierna Steppa del Ponto e quindi lontano dal bellissimo mondo civilizzato greco) e che un giorno Eracle ci andò per concludere una missione.

L’eroe, sorpreso dal gelo, si coricò a riposare e il giorno dopo notò che la sua cavalla era sparita; cercata in tutta la Scizia, finalmente arrivò alla grotta di Echidna che, furba qual era, vide che manzo lui fosse e avendo lei la cavalla la barattò con una notte di sesso. Eracle, allora, sarà per riavere la cavalla, sarà che Echidna era bella o per non fare arrabbiare una donna con i muscoli di un’anaconda, accettò. Inutile dire che dalla loro unione nacquero tre figli: Agatirso, Gelono e Scite; una volta cresciuti solo Scite poté usare l’arco del padre e per questa prova di forza gli fu donata una terra che diventò poi la Terra degli Sciti, la Scizia.

Apollodoro, invece, collega Echidna al mito di Argo (il mostro guardiano dai mille occhi): infatti, lei viene uccisa dall’essere mentre dormiva.

Echidna, come altre figure mitologiche, contiene possibili risvolti psicologici nella propria figura?

Sì, esistono due interpretazioni della figura di Echidna. Da una parte, raffigura il desiderio terreno che presuntuosamente esaltato verso lo spirito degenera in nervosità e mostruosità varie; dall’altra, la sua tendenza all’incesto simboleggia la libido apocalittica che divora la gente fino a spingerla ad atti gravissimi e all’autodistruzione.

Quindi…

La figura di Echidna è di sicuro una delle più affascinanti e conturbanti mai immaginate da quel sano popolo qual era quello greco; capace di concepire prole dai suoi stessi figli o di andare a letto con l’assassino della sua famiglia (ricordiamoci che metà delle prove di Eracle consistevano proprio nell’uccidere l’Idra, Orto, Fea…), ha sempre occupato un posto in rilievo nell’immaginario collettivo. Come figura la trovo molto interessante, se si vuole conoscerla in versione edulcorata consiglio la lettura della saga di Percy Jackson.

Bibliografia:
-Biondetti, L., Dizionario di mitologia classica: Dei, eroi, feste, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l., 1999
-Chevalier, J e Gheerbrant, Dizionario dei simboli: Miti, sogni costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Trebaseleghe, BUR_Rizzoli, 2015

echidna

 

Minotaur

Buongiorno! Dopo avervi raccontato il mito del Minotauro e la sua eredità nella nostra cultura, oggi ho voluto condividere con voi ciò che penso dell’adattamento al mito prodotto nel 2006 e avente nel cast un giovanissimo Tom Hardy.

minotaur9.jpg

Commento:

Minotaur è un film trash ma lo consiglio perché riesce a creare un suo mondo mitologico, nella sua semplicità è riuscito a imprimermi nella memoria la figura del mostro e nel cast presenta alcuni nomi importanti.
La trama del film è una rielaborazione del mito di Teseo e il Minotauro, anche se l’intero Olimpo è stato scartato per dare una chiave di maggiore importanza alla figura del dio cornuto: il Minotauro fu concepito per avere Dio in terra, essendo questa figura adorata dal popolo cretese di questa pellicola; peccato che il risultato sia stato un essere deforme più vicino all’animale che all’uomo troppo pericoloso per essere lasciato alla luce del sole e quindi rinchiuso in un labirinto scavato nelle rocce sotto al palazzo reale di Creta. Inutile dire che Teseo, figlio del re, un anno dopo il sacrificio della sua bella al mostro cretese (come nel mito gli ateniesi devono offrire tot ragazzi al mostro di Creta perché sconfitti in battaglia) si offre volontario per uccidere il Minotauro e salvare colei che lui crede sia ancora viva da qualche parte.
Di Minotaur mi sono piaciuti i cunicoli e l’immagine frontale del mostro, mentre di lato si notano purtroppo le texture di cui il manto è composto; è interessante come l’orrore faccia parte attivamente della famiglia reale cretese mentre ovviamente quella ateniese è molto più normale e virtuosa; inoltre, mi è piaciuta la morte di Dioli e la scena dei rapimenti dei ragazzi ateniesi da sacrificare: riprese veloci, lampi e urla, riusciamo a sentire la loro paura.

Pro:

La presenza di Tom Hardy; morti splatter e una buona costruzione del mondo mitologico alle quali sono legate; l’assoluta ambiguità della famiglia reale cretese e la scena dei rapimenti.

Contro:

Recitazione scarna e personaggi molte volte al limite della stupidità assoluta; finale anticlimatico; nessuna fedeltà storica; i cretesi sono raffigurati come il classico popolo con usanze tribali e arretrato; nomi dei protagonisti poco greci.

Insomma, un bel film di serie Z che ha aiutato Tom Hardy ad emergere, con riprese né brutte né belle ma con buone scene di sangue funzionali alla trama. Consigliato anche se ho trovato il finale leggermente anticlimatico, è interessante come abbiano reso il mito!

Il Minotauro

Il Minotauro era un essere mostruoso nato da Pasifae, una delle figlie del Sole e moglie di Minosse, e da un toro; il mostro era anche chiamato Asterione. La sua nascita è dovuta all’arroganza di Minosse perché, tenendo per sé il bellissimo esemplare di toro che invece avrebbe dovuto sacrificare agli dei, le divinità si arrabbiarono con lui e stregarono Pasifae affinché si congiungesse all’animale. Il Minotauro è legato al mito di Perseo e del filo di Arianna perché passò l’intera sua vita nel labirinto costruito da Dedalo e suo figlio Icaro (infatti, indirettamente alla vicenda è legata anche la leggenda delle ali di cera), un orrido mostro relegato nel profondo della nostra coscienza ma che periodicamente pretende un tributo!

Dopo l’uccisione di Androgeo, uno dei figli di Minosse, e la successiva invasione dell’Attica da parte dei cretesi, periodicamente gli ateniesi erano costretti a pagare un tributo di giovani per essere dati in pasto al Minotauro; il numero e la periodicità dei sacrifici varia a seconda degli autori. Il tributo andò avanti per numerosi anni, almeno fino a quando Teseo, figlio del re di Atene Egeo (lato di questa leggenda che le dà un valore eziologico), non decise di infiltrarsi tra i tributi e dare una fine alla strage. Quindi, con l’aiuto della traditrice cretese Arianna, una delle figlie di Minosse, uccise il Minotauro e con un filo srotolato durante la sua esplorazione del labirinto riuscì a scappare.

Così finisce la storia del Minotauro, ma probabilmente è conosciuta anche la sua origine: secondo quanto riferisce Diodoro Siculo, si riteneva che la tomba del re egizio Mendes potesse essere una fonte di ispirazione, essendo molto difficile da esplorare senza una guida ed essendo conosciuta come appunto il Labirinto.

Questa leggenda credo sia una delle più conosciute universalmente, chiunque prima o poi è arrivato a sentirla, a provare a farla sua con un disegno, una spiegazione o semplicemente riproponendola. Lo hanno fatto autori antichi e rinomati come Pausania, Apollodoro, Diodoro Siculo, Aristotele e Plutarco; lo hanno fatto autori moderni e famosi come Rick Riordan, per il suo Percy Jackson e dipingendo la creatura come uno degli antagonisti principali della saga, e Tarsem Singh con una nuova figura in Immortals; lo hanno fatto autori più caciaroni come Jonathan English per il suo trashissimo ma divertente Minotaur. Sicuramente il Minotauro è uno dei pilastri su cui si basa la nostra cultura fantastica!

Il Minotauro, inoltre, ha avuto tanto successo nel passare dei secoli perché con il passare del tempo come ad altre figure mitologiche gli è stato attribuito un valore simbolico: egli incarna lo stato psicotico umano. Infatti, Pasifae, la madre del mostro, rappresenta l’amore colpevole il cui frutto viene nascosto in un labirinto a chiunque impenetrabile; i sacrifici tributati a questo stato psicotico sono le menzogne atte a calmarlo e il filo di Arianna è l’atto spirituale che è necessario per vincere il mostro perché permette a Teseo di riuscire a tornare alla luce dopo le oscurità del labirinto.

Insomma, il mito de Minotauro nel suo insieme esprime simbolicamente la lotta spiritica contro la rimozione e al solito la predominanza dell’ego corretto e stabile. E voi? Cosa ne pensate di questo mito?

Bibliografia:

-Biondetti, L., Dizionario di mitologia classica: Dei, eroi, feste, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l., 1999
-Chevalier, J e Gheerbrant, Dizionario dei simboli: Miti, sogni costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Trebaseleghe, BUR_Rizzoli, 2015

~ Tratto da: https://ilblogditony.blogfree.net/?t=6073164

Se vuoi, leggi anche la mia recensione di Minotaur, che prende ispirazione proprio dal mito di Teseo e del Minotauro!