VISIONI SENTIERI SELVAGGI: 2001 Odissea nello spazio

Ok, non è propriamente una visione accademica della serie che eravamo obbligati alla visione. Comunque, dopo averlo sentito tanto nominare e pure collegato al montaggio connotativo sovietico, non posso di certo lasciarmelo scappare quando al cinema lo proiettano. Vero??

Questo è uno dei grandi cult del cinema moderno (anche se anche gli anni ’60 iniziano a non essere più tanto moderni per la storia del cinema eh), di Kubrick. L’ho visto, la mia parte preferita rimane la prima con le scimmie; data anche l’ora tarda, la giornata stancante e i rumori spaziali che trovavo incredibilmente rilassanti, non posso affermare di aver prestato all’ultimo segmento (diciamo dal monolite di Giove in poi). Comunque una bellissima esperienza.

Credo che il reparto che mi abbia colpito maggiormente, per una volta, sia stato quello sonoro. Intanto, le musiche tematiche dei monoliti sono tra le più inquietanti; poi la reazione che hanno le scimmie, noi che per minuti interi siamo impossibilitati alla vista di ciò che loro stanno guardando e temendo, stupenda. E poi il monolite stesso di per sé è inquietante parecchio, con quelle riprese dal basso verso l’alto come se fosse quasi un dio pensante. E poi di tutt’altra natura sono le sequenze di musica classica, con le hostess che sembrano muoversi come ballerine a tempo di danza. Ma a parte queste due parti, il reparto dei suoni più frequente è quello ambientale, con i rumorini e i suoni dello spazio. Molto rilassante.

La storia è molto criptica, ovviamente la sequenza delle scimmie la conoscevo già perché l’avevo studiata a scuola. Pur aspettandomi che la scena dell’osso fosse presentata ben prima, guardando poi queste lente panoramiche, quadri naturali da contemplare, forse avrei preferito allora ritardare ulteriormete il momento evolutivo a favore di una maggiore sequenza di vita e di pericoli. Anche non si capisce perché le scimmie si scoprano improvvisamente carnivore, non era forse meglio mostrarle mentre si difendevano dai predatori (presentati all’inizio e mai più comparsi)?

Interessante invece la terza sequenza, quella di Hal. Secondo me, il computer ha sbagliato proprio per quello che afferma lui: il suo errore è stato colpa dell’uomo, ma l’uomo che ha sbagliato è incarnato dal computer stesso. In pratica, secondo me avendogli programmato una memoria ed emozioni lo hanno reso in grado di sbagliare, perché lo hanno reso simile ad un uomo. E come un essere vivente poi ovviamente cerca di salvare la propria coscienza da quelli che ormai considera nemici.

Per concludere, 2001 Odissea nello spazio è un film estremamente moderno e futurista, secondo me ha pure predetto tecnologie che sarebbero diventate attuali: la videochiamata, per fare un esempio. Poi tutta la questione delle astronavi, delle diverse superfici per camminare ovunque, è tutto molto affascinante.

E voi? Cosa mi dite di questo cult? Ironico che ieri nel pomeriggio avessi guardato Life, un film sempre fantascientifico che riprende un po’ le tematiche di Alien. Ciao!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Meet Me in St. Louis

Contro ogni pronostico ho scelto il secondo film proposto dalla scuola nella categoria Musical, questa volta in inglese con i sottotitoli in inglese. La protagonista è Judy Garland, il regista è Minnelli e l’autrice delle magnificenze in forma d’abito è Sharaff (che ha vinto un fottio di Oscar!). Belle premesse, no?^^

Devo ammettere che ho dovuto metterci un po’ per abituarmi alla parlata del cast, anche se il film era solo del ’44. Parlano veloci, ‘sti qua. E cantano molto. Nota interessante, le canzoni sono performate, i personaggi si accorgono che gli altri cantano e fanno parte di esibizioni per festeggiare o per passare il tempo; l’unica canzone non narrativa sarebbe The Boy Next Door, cantata dalla Garland e che potrebbe rappresentare un suo pensiero.

Il film sul lato visivo è stupendo, le due sorelle maggiori sfoggiano look pazzeschi, che giocano spesso sui contrasti di colori. E’ un film in costume, comunque, verso la fine del 1800: ci stanno ancora i corsetti e gli abiti lunghissimi, ma esiste già il telefono interurbano. Ecco, forse non sono sempre convinto sui beauty look della Garland, ma alla fine Lucille Bremer era sempre bellissima per cui forse non mi andava a genio il viso di lei… Comunque, reparto visivo sul pezzo come sempre!

La trama invece procede per macro-episodi: lunga introduzione ai personaggi; Halloween, quando il padre avverte la famiglia che si sarebbero trasferiti da Saint Louis a New York dopo il Natale; il ballo natalizio e la scena conclusiva.
Beh, ho preferito sicuramente il primo macro-segmento.

Parlando invece di iconicità del genere, il film è un Musical della MGM. Se non erro la MGM era la casa di produzione specializzata nelle complesse coreografie di gruppo, ma di tipo estetico, che usavano l’ambiente per interagire. Questa definizione si adatterebbe perfettamente alla scena ospitata dalla famiglia protagonista, durante la quale vediamo i festanti sfoggiare complessi balli di gruppo e canzoni intonate. Certo, il resto è molto più tranquillo, scene di canto con persone fisse davanti alla cinepresa.

La regia invece è molto tranquilla, molto fissa, ma anche molto vicina ai personaggi: dopo establishing shots e campi totali per mostrare chi e dove è in scena, abbondano i mezzi primi piani per i dialoghi più di pettegolezzo e i campi medi per le scene in gruppo.

A me il film è piaciuto molto. E voi? Lo conoscevate?^^

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Ombre rosse

Ormai l’idea che mi sono fatto è proprio questa: ‘sti western so’ tutti uguali! Questa volta il racconto è un viaggio da una cittadina di frontiera all’altra, per una comitiva formata da un gruppo piuttosto eterogeneo di individui.
Sempre diretto da John Ford e con John Wayne tra i protagonisti (questa volta tecnicamente un fuorilegge), Ombre rosse mi ha sorpreso per la quasi totale assenza di piani americani!

Il paesaggio qui è sempre il protagonista della scena, con una quantità assurda di campi lunghissimi, lunghi e medi; sono ugualmente frequenti i fondali dipinti e gli schermi proiettati dietro alla carrozza.
Ecco, forse le musiche a una certa erano leggermente ripetitive.

Un film chiaramente americano, fiero della sua americanità, con l’esercito americano che rappresenta il deus-ex-machina e i due outsider (interpretati rispettivamente da Wayne e Trevor) che, forti della propria americanità, si dimostrano i veri personaggi positivi e da ricordare; e che si guadagnano il lieto fine. E ovviamente, essendo un film chiaramente americano, gli Apache sono i cattivi scotennapersone, che si alleano con un celebre criminale del West.

Film molto interessante, con una leggera critica sociale: la presidentessa della buon costume di città ha il marito che ruba gli stipendi! Assurdo. Comunque, preferisco Sentieri selvaggi.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La ragazza con la valigia

Prima visione italiana dalla lista, è un film molto intimo. Ho dovuto guardarlo ora perché l’ho beccato su Raiplay e la sua permanenza là scade tra 4 giorni!

Racconto del delicato rapporto d’amicizia prima e vagamente sentimentale tra due giovani, accomunati da una persona disgraziata (il fratello maggiore di lui e l’ex di lei). Intimo e semplice, è il racconto di formazione di questo ragazzo mentre cerca di riparare al torto che il fratello ha fatto alla ragazza, seducendola e abbandonandola.

Ho definito il film intimo per due ragioni: la storia trattata, molto semplice e lineare; ma soprattutto per le inquadrature, perché i primi piani e i mezzi busti sono frequentissimi con la cinepresa che raramente si allontana oltre la figura intera.

Claudia Cardinale racconta di una ragazza che alla fine vuole solo capire perché è stata abbandonata, gioca con questo ragazzino probabilmente intuendo che è collegato al suo ex. Lei è consapevole della sua bellezza e dell’effetto che fa agli uomini. Durerà l’intera narrazione la lenta scoperta del suo passato e della sua identità, anche se alla fine il finale è molto amaro: può anche essere una donna affascinante, ma nessun uomo alla fine è interessato a rimanerle vicino.

Un bel film, di certo non leggerissimo ma con una bella regia e un bel cast. Certo, corto non è.

Consiglio 5 film, agosto

Buongiorno! Agosto è passato e con ciò tre date si avvicinano prepotentemente:
-il matrimonio di mia sorella
-la fine del mio lavoro
-il mio compleanno
Ma oggi siamo qui per parlare di cinema e quindi, come ogni primo del mese, ecco qui la Top5 delle mie visioni mensili!

Cute girl. Debutto cinematografico del regista Hou Hsiao-hsien, è una commedia taiwanese del 1980 ambientata tra Taipei e le campagne circostanti. La storia ruota attorno all’amore tra due giovani, lei di ottima famiglia e lui presentato come un architetto; dopo essersi conosciuti per vie traverse in campagna dove lui era lì per lavoro e lei per sfuggire dagli impegni e dalla famiglia, si ritrovano in città. Dovranno lottare per il loro amore. Il film è veramente delizioso, ha una comicità elegante che gioca sulla regia e le angolazioni per stupire lo spettatore, oltre a mostrare un cast affiatato e scene molto allegre. Le musiche aiutano tantissimo a creare questa atmosfera molto giocosa e piena di speranza. A costruire il dramma, esiste il lato sociale e familiare del Taiwan e della Cina: lei è già impegnata e quindi sa già che il loro amore non è destinato a durare! Lo consiglio vivamente, lo trovate su Raiplay.

Scarpette rosse e i sette nani. Intelligente film d’animazione che rielabora le fiabe europee, in una storia che riflette sull’immagine e sull’importanza che essa detiene nei rapporti umani e sociali. I dettagli di trama e grafica sono ammirevoli e tutto fila tranquillamente con il giusto mix di avventura, magia e umorismo: una piacevole commedia per bambini e adulti con personaggi molto interessanti.

Questo pazzo sentimento. Commedia con una Bette Midler in ottima forma, semplice e senza pretese; quando la scelsi su TimVision pensai fosse tipo a It’s Complicated con Meryl Streep, anche se qui la relazione adulterina tra ex-coniugi è non solo plateale ma fonte di scandali. Molto simpatico come film, niente di innovativo ma i protagonisti forniscono buone prove di recitazione, il cast di supporto lavora bene. Consigliata per una serata di tranquillità.

Batman Returns. Ne ho parlato abbastanza qui.

Occhi senza volto. Cult, gotico moderno in bianco e nero del 1959 che potete trovare su Raiplay. Stupendo, elegante e profondo. Non mostra mai l’orrore ma l’angoscia e la disperazione regnano sovrani, almeno nella villa, aiutati da una colonna sonora potente; tutto ciò contrasta moltissimo con le scene all’aperto, dove la folla urbana e un allegro motivetto risollevano il morale ed esaltano la cupezza della villa degli orrori. In un certo senso, lo scienziato pazzo è anche capibile: come dice lui, il suo lavoro potrebbe fornire all’umanità un successo senza precedenti! Ma ciò che colpisce veramente è la maschera della figlia, un volto inespressivo che mostra la disperazione solo attraverso gli occhi che rappresentano l’unico punto della ragazza visibile. Capolavoro, lo dovete vedere.

E siamo giunti alla fine. Conoscete tutti i film che ho citato? Qual è la vostra Top5 del mese? Ciaoo!^^

The Rocky Horror Picture Show: pensieri sparsi

Che dire di un cult?

In (pre)-adolescenza ne avevo sentito parlare spesso e mi ero fatto un’idea confusa della pellicola: sapevo che miscelava eros con thanatos, ma ciò com’era possibile? Inoltre, quando di soppiatto guardavo la copertina del DVD nelle videoteche (comunque era un horror e io piccolo) vedevo sempre questi due labbroni rossi in primo piano nel fronte e questo cast strano di figuri sul retro. Non ero mai riuscito a farmi un’idea precisa.

Poi finalmente comprai il DVD di The Rocky Horror Picture Show.

La nascita di una star

Il film ruota attorno a una coppia borghese di ragazzi che dopo essersi persi in una notte di temporale vengono accolti nel castello dell’ambiguo Frank-N-Furter, genio senza inibizioni di bene o male che ricerca il piacere assoluto e che pian piano li inizierà ai piaceri e ai dolori della carne e dello spirito.

Che dire di un cult?

Il film è un musical e vanta al suo interno ben 14, roba da tenere testa a molti album recenti. Tutta la trama si basa esclusivamente sulle interpretazioni musicali del cast anche perché il film è l’adattamento cinematografico di un musical teatrale. Le mie canzoni preferite sono sicuramente Touch-a, Touch-a, Touch-a Touch Me e l’iconica The Time Warp. Il cast è composto da ottimi attori e cantanti, su cui per me svettano Tim Curry per canto e ballo, la dolcezza della voce di Susan Sarandon e la sua espressività, la tragicità del personaggio di Nell Campbell e il suo canto acuto ed il comportamento esuberante.

Che dire di un cult?

The Rocky Horror Picture Show è un film che combina la commedia con una patina di orrore e sfidava i costumi sociali dell’epoca: infatti, si tratta di una pellicola del 1975 che contrappone la libertà sessuale e di genere ai costumi dell’epoca, anche se la trama ci fa supporre che alla fine la società attuale non fosse pronta per una cosa tanto rivoluzionaria. Inutile dire che il film si è guadagnato un nutritissimo numero di seguace, l’identità di cult e ci sono ancora rappresentazioni teatrali e cinematografiche del soggetto dopo quasi 50 anni!

Che dire di un cult?

Le scenografie e i costumi sono stupendi, esagerati, liberatori e creano un ambiente volutamente ambiguo: sembra ‘normale’, solito e borghese ma poi ci sono punte di follia, di voyeurismo e ribollimento sessuale sempre dietro l’angolo. Nelle stanze private, quelle in cui il genio e gli istinti primordiali vengono alla luce, si vede la vera ricerca della bellezza e del gusto, ma anche dell’orrore per la morte e l’invenzione. La stanza più ambigua? Quella in cui cenano, così rincuorante perché quasi dozzinale ma che nasconde un orribile segreto.

Che dire di un cult?

The Rocky Horror Picture Show è un film stupendo, basa il soggetto sulla simbologia del Moderno Prometeo e quindi ci sovrappone anche tematiche di identità di genere e di sesso. Un film stupendo, è invecchiato benissimo.

E voi, cosa ne pensate di questo cult?

Questa è tutta la colonna sonora del film e in copertina c’è l’iconico Tim Curry

Child’s Play: la bambola assassina

child's play dolls (3)

Anno di uscita: 1988

Regia: Tom Holland

Sceneggiatura: Don Mancini, John Lafia, Tom Holland

Cast:

Catherine Hicks as Karen Barclay

Chris Sarandon as Mike Norris

Alex Vincent as Andy Barclay

Brad Dourif as Chucky

Dinah Manoff as Maggie Peterson

child's play

La storia del Child’s Play:

L’ispirazione per la creazione della bambola Chucky vanta principalmente due prodotti dell’immaginario dark fantasy: l’idolo Zuni armato di lancia direttamente dalla Trilogia del Terrore (1975) e la bambola Tina presa da Ai confini della realtà; molto importanti furono anche i film Devil Dolls (1964) e il Dolls di Gordon.

In mezzo a tutte queste bambole, Mancini ebbe l’idea per creare la sua, di bambola. All’inizio, l’opera doveva chiamarsi Batteries Not Included, poi il titolo deviò in Blood Buddy per poi diventare Child’s Play, per giocare sia con le menti in cui il marketing regnava potente, sia per creare in noi il ricordo dei nostri giocattoli infantili e deturparlo con l’immagine di loro come assassini feroci.

Nato per essere uno di quei bambolotti tipo Ciccio Bello da accudire dandogli dell’erba medicinale, la concezione della magia nera si concretizzava con il bambino protagonista del film che si feriva accudendo la bambola e mescolando, quindi, il proprio sangue con gli alimenti da fornirgli; inevitabile, secondo questa visione, sarebbe stato il legame psichico tra i due e il rapido declino degli eventi: Chucky sarebbe così diventato una manifestazione della rabbia del bambino stesso contro chi lo trattava male o contro la persona che il bambino riteneva fosse la causa dei propri guai. Tuttavia, quest’idea molto mistica e in un certo senso conturbante, non piacque alla casa di produzione (la MGM) e venne scartata.

Il secondo concept pensato per Chucky fu quello di un serial killer morente che aveva legato la propria anima in un bambolotto per sopravviver e un giorno, forse, tornare in un corpo umano; questa visione fu scelta per essere quella definitiva e il resto è storia.

Così, tre menti si unirono a creare un psicodramma contro i valori più cari a noi: la famiglia, l’infanzia e l’ingenuità infantile. Il bambolotto rappresenta quindi il prodotto seriale di una generazione di teen consumers -avidi e consumatori prima e futuri consumisti dopo- figli inconsapevoli dell’insicurezza insita negli adulti; non è un caso che al suo debutto, Child’s Play fu subito un successo e proiettò il suo personaggio coprotagonista Chucky direttamente nell’Olimpo dei più grandi personaggi dell’orrore mai creati!

Il grande genio artistico che fu il pilastro su cui si fondò il successo della bambola assassina era un giovane effettista statunitense specializzato nel make-up: Kevin Yagher, di ritorno dal successo di Nightmare 3. Capace di manovrare le bambole animatroniche con l’uso di speciali maschere sensoriali facciali e appositi joysticks, riusciva a far avere loro gestualità ed espressioni del tutto verosimili, tutte poi copiate da attori di bassa statura o da bambini per le riprese in campo lunghi o per le sequenze ansiogeni in cui Chucky doveva spaventare la vittima designata.

Tuttavia, il merito della riuscita del film e poi della saga non è da attribuire solo all’elettronica: infatti, prima di tutto ci furono tutti gli studi attuati per trovare il designe adatto da conferire al bambolotto. Un numero inquantificabile di artisti modellarono, truccarono e vestirono i vari Chucky in modo da seguire un’intera parabola lunga tutto il film che vedeva la prima bambola bella e sorridente, perfetta, diventare sempre più umana con un taglio di capelli molto più realistico, smagliature nella pelle e un logoramento sempre maggiore, assieme al cambio di espressione.

Così, quando tutto fu pronto, la gente andò al cinema per vedere le proprie peggiori paure prendere vita. Infatti, i ricordi infantili rappresentano i capisaldi della nostra identità e pensare che uno dei nostri giocattoli, improvvisamente, potesse prima afferrare un coltello da cucina e poi farci la festa è una delle nostre paure più profonde, così come per noi è terrificante l’idea di lasciare i nostri bambini nelle mani di una potenziale macchina di morte. Ecco, la gente che andò alla prima del film non sapeva a cosa sarebbe andata in contro, ma in cuor suo sono sicuro che un’idea se la stesse facendo quando, all’interno del corridoio che conduceva alla sala, si vedeva inghiottita ai lati da tutti gli studi artistici e tutte le bambole usate per realizzare il film. Una concezione del genere dell’orrore fece scuola e infatti Child’s Play è diventato cult non appena uscì relegandosi un posticino dentro al cuore delle nostre paure ataviche.

child's play dolls (2)

Commento spoileroso al Child’s Play:

La visione del film per me è stata abbastanza travagliata per via del mio videoregistratore: quello della televisione del soggiorno si era bloccato (col disco appena comprato dentro!) e quindi ho dovuto scaricare un lettore DVD per il mio computer e guardarlo da lì; ciò è interessante perché la maggior parte dei film di cui leggete poi sul mio blog alla fine li vedo quasi tutti al computer!

La visione di Child’s Play è stata molto interessante e accattivante, con una trama molto semplice e lineare ma che giocava sull’innocenza dei bambini e l’impossibilità degli adulti di credere nel soprannaturale: come avete già letto prima, gli adulti molte volte si dimostrano insicuri o recalcitranti, con le loro azioni, verso la salvezza del bambino (lo si nota per esempio quando il bambino afferma di sapere chi ha buttato l’amica della madre giù dalla finestra, o durante la scena dello psichiatra infantile) e quindi spetta al piccolo Andy fronteggiare le proprie paure per sopravvivere.

Il personaggio con cui chiunque empatizza è ovviamente il piccolo Andy.

Fin dalle prime scene lo vediamo caratterizzato da due elementi: la propria voglia di aiutare la mamma e sentirsi utile, come quando le prepara la (pessima) colazione, e la sua passione per i Good Guy, un franchise di giocattoli. Ecco, queste sono le sue caratteristiche, caratteristiche che per tutta la durata del film verranno messe a discussione. Molte volte ho pensato “Ma povero piccolino, cerca solo di aiutare” o “Poverino, non gli crede nessuno”. Insomma, la vera vittima di tutto non è rappresentata dalla gente uccisa dal pazzo assassino ma è il povero bambino prima orfano del padre – di cui vediamo una sua foto in cameretta e questo prova la grande mania per i dettagli della pellicola, poi privato della madre perché viene giudicata inadatta al suo ruolo e infine Andy rischia pure di diventare l’incubatore per l’anima del serial killer; insomma, povero piccolo!

Il secondo personaggio, a pari merito, che domina la scena è ovviamente Chucky, la bambola assassina! Fin dall’inizio sappiamo che che la bambola è viva e conserva lo spirito di un folle strangolatore (anche se strangola poco) ma la vera paura che scatena l’orrore è la repulsione verso qualcosa che invece dovrebbe darci gioia e divertimento. La prima vittima di tutto ciò è il piccolo Andy che, dopo aver ricevuto per il compleanno la sua agognata bambola, la vede cercare di manipolarlo, infrangere tutte le regole a cui lui ubbidiva con tanta solerzia e infine pure cercare di ucciderlo. Chucky è sadico e crudele, cinico e senza rimorso; non uccide per il gusto di farlo, non solo almeno, ma invece lo fa per seguire un piano di vendetta che vedrà sfociare il vero orrore durante la seconda parte del film. Quell’orrore che senti quando una bambola semi-fusa cerca di accoltellarti alla testa dall’altra parte della porta!

Insomma, il film è veramente bello, stupenda l’inquadratura al minuto 1h07′, gli ultimi minuti sono di tensione vera mentre la prima parte della pellicola secondo me parla di una famiglia distrutta dalla perdita del padre. Molto bello, fa anche pensare una frase che dice uno dei personaggi: se nessuno ci crede, è vero quello che è successo?

Su questa nota, vi lascio e vi invito a lasciare una vostra impressione riguardo al film, la sua storia e ai temi trattati in esso! Ciaone e alla prossima!^^

child's play shadow

 

Dracula

Dracula è un romanzo scritto dall’irlandese Bram Stoker nel 1897, ispirato alla figura di Vlad III Principe di Valacchia. Scritto in forma di stralci di diari e di lettere, Dracula è uno degli ultimi, se non l’ultimo, dei grandi romanzi gotici. Mito del vampiro aristocratico, staccato dall’immagine del vampiro presente nel folklore, lanciato nella letteratura da John William Polidori, Stoker realizza un romanzo dalle atmosfere cupe, in cui l’orrore e la minaccia assillano i protagonisti, in un crescendo di emozioni che conduce alla scoperta dell’orrore rappresentato dal tetro vampiro.

dracula1.jpg

Trama:
Seguiamo le vicende di un gruppo di persone che devono fronteggiare la minaccia rappresentata dal Non-Morto Dracula dopo che questo ha iniziato a pianificare la sua caccia su territorio inglese chiamando in casa sua l’avvocato inglese Jonathan Harker per comprare alcune proprietà. Da quel momento, da quando Jonathan arriva in quel territorio così ricco di superstizioni, morte e mistero e paura e coraggio si misceleranno nei cuori del gruppo che con il tempo incontrerà e si scontrerà con il Conte, aprendo una caccia di cui non si capiscono i ruoli ma che segnerà molte vittime tramite il dolore e la pazzia e la solitudine, facendo paventare che la pace non sia raggiungibile.

Commento generale:
Questo libro mi è piaciuto molto, ho apprezzato la storia e l’alone di mistero che la impernia grazie ad atmosfere cupe e l’uso intelligente della natura, che è controllata dall’antagonista essere primordiale mentre i protagonisti utilizzano le invenzioni tecnologiche e la religione. La struttura epistolare all’inizio l’avevo trovata estremamente peculiare e funziona molto bene con i primi diari di Jonathan in cui il gotico spadroneggia come padrone assoluto della scena e nel diario di bordo del capitano perché la superstizione e la paura la sentiamo anche noi, ma poi con il proseguimento della lettura di questi diari le lettere perdono la loro unicità per colpa di dialoghi lunghissimi e la perdita di continue impressioni ed emozioni: ormai la narrazione epistolare non si distingue dalla narrazione normale in terza persona anche perché sembra strano tutti abbiano una tale memoria da giustificare la presenza di interi dialoghi tra le righe! E poi mi è piaciuto come nella prima parte del libro ci si concentra sulla costruzione del mistero applicando una forte superstizione mentre nella seconda parte prevale la ragione e la forza umana e la misericordia, a ricordarci che siamo tutti umani e uniti possiamo fare qualsiasi cosa nella positività.

Impressioni positive:
-Mi è piaciuta la rappresentazione del vampiro come un essere dannato che cerca la pace inconsciamente senza mai poterla raggiungere come un Non-Morto. Poi mi sono piaciuti i suoi poteri legati alla natura.
-Il gotico, prevalente all’inizio nel castello e poi intelligentemente trasportato a Londra nelle villette abbandonate e in giro per il testo grazie ai poteri demonici del Conte, tra nebbia e paure ancestrali e le bufere di neve.
-Mina, il personaggio migliore del libro: una donna forte, emancipata, attiva ma comunque relegata al ruolo di segreteria, anche se alla fine consapevole di stare per diventare passiva finirà per impugnare una pistola e unirsi alla caccia.

Impressioni negative:
-La forma epistolare non si discosta molto dalla normale narrazione verso la metà del libro; troppi dialoghi e troppe poche impressioni ed emozioni.
-La fine è troppo corta, speravo in un climax degli eventi migliore.

Alla fine è un bel libro, facile da leggere e obbligatorio da leggere, consigliatissimo.^^

Curiosità basate sull’introduzione alla lettura di Dracula di Riccardo Reim:

Stoker affermò che l’idea definitiva del libro gli venne da un incubo causato da una scorpacciata di gamberi in insalata: addormentandosi sognò di essere un terribile vampiro che dalla tomba si svegliava per compiere orribili misfatti. Quindi, si documentò passando ore a consultare libri e mappe del British Museum finché non trovò tutto ciò che gli serviva per costruire il suo romanzo: autentiche tradizioni sui vampiri, la storia dell’inquietante personaggio storico Vlad Dracul e infine la terra migliore per ambientare la storia, cioè la Transilvania. A formare la sfaccettata figura del protagonista contribuirono in varia misura Polidori e Prest (autori rispettivamente di The Vampire e di Varney the Vampire), Lewis (The Monk), Radcliffe (The Mysteries of Wanderer) oltre a Irving che sembra a detta di Stoker il ritratto del personaggio.

Ha fatto un ottimo lavoro non credi?^^

 

Pretty Woman

Pretty Woman è un film romantico del 1990, diretto da Garry Marshall ed interpretato da Richard Gere e Julia Roberts ed è considerato da molti critici come uno dei più grandi successi del proprio genere.

220px-Pretty_woman_movie.jpg

Trama:
L’affascinante Edward Lewis, trovandosi a Hollywood per concludere affari, per avere indicazioni di una strada di Beverly Hills accetta di far salire sulla sua automobile una simpatica prostituta, Vivian Ward. Edward, che è rimasto colpito dalla originale personalità e dalla bellezza della ragazza, la ingaggia per tutta la settimana che egli deve trascorrere a Hollywood, per un periodo che cambierà per sempre le vite di entrambi.

Cast principale:
Richard Gere: Edward Lewis
Julia Roberts: Vivian Ward
Jason Alexander: Philip Stuckey
Laura San Giacomo: Kit De Luca

Informazioni generali:
Genere: sentimentale, commedia
Regia: Garry Marshall
Soggetto: J.F. Lawton
Sceneggiatura: J.F. Lawton
Fotografia: Charles Minsky
Montaggio: Raja Gosnell
Effetti speciali: Paul J. Lombardi
Musiche: James Newton Howard
Scenografia: Albert Brenner
Costumi: Marilyn Vance
Trucco: Bob Mills
Arnon Milchan, Steven Reuther, Gary W. Goldstein

Commento:
Adoro questo film, ogni volta che lo mettono in tv me lo guardo, me lo spolpo e cerco sempre di trovare nuovi punti di riflessione, punti che posso anche avere raggiunto grazie alla mia nuova fonte letteraria: un libro che commenta i cult e i film più famosi e amati dal pubblico!
Di questo film adoro le visioni che regala all’occhio: gli attori sono giovani, belli e dannati e sanno di esserlo regalandoci scene romantiche ma anche sexy, i vestiti sono sempre eleganti e Julia è divina soprattutto con il vestito nero della cena d’affari, gli interni di lusso sono fantastici, tutto è fantastico. Adoro perdermi in una realtà positiva fatta di ciniche intenzioni che convertono in buone, in affaristi che alla fine salvano la società, di negozianti stronze che vedono sfumare milioni di dollari in vestiti per la loro esclusività: è veramente una favola! E infatti, Julia Roberts si è meritata una nomination agli Oscar!!

La regia è molto bella e una prova di ciò è la scena in cui litigano davanti all’ascensore: fin tanto che litigano sono inquadrati separatamente ma quando si riappacificano finalmente li rivediamo avvicinarsi e stare nella stessa inquadratura!

Curiosità:
La parafrasi ovvia di questa pellicola è sicuramente quella di Cenerentola perché è chiaramente la ragazza di strada o del borgo che grazie a un uomo gentile e altruista riesce a elevarsi socialmente e a realizzare i suoi sogni; in effetti, è divertente come questo paragone venga pure citato nel film tra la protagonista e la sua migliore amica entrambe prostitute mentre cercano di trovare almeno qualche nome di ragazze che ce l’avevano veramente fatta: – Dimmi solo un nome di una a cui è andata bene!- -Quella gran culo di Cenerentola!-.
Inoltre, è interessante che questo film, grazie alla bellezza di Julia e la favola che si avvera, la abbia aiutata a diventare la Fidanzata d’America perché, ovviamente, è nell’immaginario collettivo il suo sorriso leggendario mentre fa shopping a Beverly Hills o guarda il suo Principe Azzurro scalare le vette del palazzo per lei!
Lo sapevate che a interpretare la bella puttana d’alto borgo poteva essere Valeria Golino? Immaginatevi una Vivian con la voce roca e l’accento lievemente napoletano! Forse questa pellicola non sarebbe stata tra le mie preferite…
Ultima curiosità che propongo è questa: esiste un film, Whore, che è stato girato come secondo lato della medaglia per descrivere la prostituzione; ovviamente, non c’entra nulla con la produzione di Pretty Woman ma è interessante leggere come il cinema alla fine sia una fitta rete di rimandi, confronti e mostri sacri; io non ho visto questo secondo film né ho intenzione di farlo perché è molto crudo e mostra il lato più triste e selvaggio della prostituzione.

Fonte:

-https://it.wikipedia.org/wiki/Pretty_Woman

-Barcaioli S., Lippi F., Keep calm e guarda un film, Roma, Newton Compton Editori, 2015

It, miniserie televisiva

It_1990_Promotional_Poster

Ho recentemente guardato questa bella miniserie televisiva e devo dire che mi è piaciuta molto, anche se ovviamente la mia esperienza da spettatore è stata inquinata da diversi fattori: lo ho visto dopo molti anni dalla sua originale pubblicazione, ho avuto esperienze con film horror molto più intensi, non ho letto il libro e molte scene famose le conoscevo già.

Quindi il mio commento è solo su ciò che ho visto, prendendolo come opera a sé.

Questa miniserie, vista come un unico film da tre ore, mi è piaciuta molto perché mostrava quanto It sia un fenomeno legato alla nostra intimità, alle nostre paure più grandi e alla nostra infanzia. Almeno io lo ho inteso così. Mi ha sorpreso come hanno utilizzato i due spazi narrativi, molto distanti nel tempo: vedere che hanno impostato la storia dei bambini come un ricordo degli adulti mi ha subito dato un’atmosfera di mistero e notare come i Perdenti dopo trent’anni si rifiutano di chiedere l’aiuto di altri esterni alla vicenda mi ha fatto pensare che It sia proprio qualcosa di intimo, di loro, che faccia parte della città e quindi sia intimo, inalienabile.

Tim Curry è perfetto per interpretare Pennywise. Il suo aspetto da similumano è estremamente empatico e simpatico, la voce di Carlo Reali è calda, amichevole ma anche strana e minacciosa a tratti, quando deve. Quando si presenta alla prima vittima sembra veramente bonaccione, quasi uno spirito paterno, ma in verità è solo un’emanazione delle nostre peggiori paure: infatti, nessuno sano di mente conosce la sua vera forma. Credo che mi abbia fatto più impressione quando rapisce Audra, che è ipnotico con gli occhi illuminati dalla cosiddetta Luce dei Morti.

Come metro di giudizio solo quello che ho visto nel film, i personaggi dei Perdenti mi sono piaciuti abbastanza. Sicuramente quello più carismatico è Bill, ma comunque dovrebbe esserlo essendo lui il capobanda, colui che ha un motivo personale per odiare It e la mente attiva del gruppo. D’altra parte, ho odiato Stan bambino perché a differenza degli altri non ha valori spirituali o affettivi con cui combattere il mostro, ma solo il suo dovere di Scout, che conoscendo l’organizzazione è razionale contro un essere irrazionale. Eddie invece mi ha allarmato nella versione adulto: non si è mai fatto una famiglia? Nemmeno fidanzato? Era ovvio che nella miniserie sarebbe stato il secondo a morire perché prima muore quello senza difese mentali contro le proprie paure e poi ovviamente quello che non è riuscito ad andare avanti, quello senza una vita al di fuori dell’infanzia. Beverly è perfetta, la femminilità del gruppo in entrambe le versioni, forse un poco troppo intima con gli altri ma ok.

Le scene che mi sono piaciute, oltre alla scena famosa di George, più sono:

-la scena della foto di George; non mi aspettavo che si muovesse!!

-il già citato rapimento di Audra: ipnotico e inquietante il clown ma incredibili gli occhi;

-la scena delle docce, che mi ricorda molto Nightmare 2;

-quando Mike adulto si risveglia in biblioteca e vede le orme strane e poi il palloncino al suo fianco;

-quando entrano nelle fogne e vedono i tunnel da cui esce l’acqua; ispirazione per Harry Potter 2?

Alla fine raccomando a tutti questa miniserie anche solo perché ha avuto il merito di far conoscere ai più l’opera di King anche se semplificata e quindi anche se presenta omissioni e forti semplificazioni; il messaggio di It come qualcosa di intimo all’uomo e legato all’infanzia c’è e anche il più della storia. Poi ovviamente è un’opera vacchiotta, fatta con un altro spirito e adattatasi alla televisione.^^