The Iron Lady

The Iron Lady è un film del 2011 diretto da Phyllida Lloyd e interpretato dalla grandiosa Meryl Streep sulla vita di Margaret Thatcher, ormai vittima di Alzheimer e persa nei ricordi di una vita fatta di decisioni e scelte difficili.

The Iron Lady è un film biografico che tratta con dolcezza e rispetto la vita di una grande politica inglese, il primo Primo Ministro donna che l’Inghilterra abbia mai avuto. Dividendosi tra il presente datato anni 2000 e il passato come arco narrativo che abbraccia l’intera sua carriera politica, Margaret è mostrata a tutto tondo, in un ritratto che vuole sì mostrare la forza dell’Alzheimer ma anche non dimenticare la grandezza della donna che ha fatto la storia.

The Iron Lady inizia con una scena che apre il cuore: una vecchina in un negozio per prendere il latte e scorgere nel mentre i titoli dei giornali, lenta nella frenesia dei lavoratori vicino a lei, quasi come se venisse da un altro mondo; quando torna a casa la governante la richiama con ansia perché non deve uscire e poi questa vecchina fa colazione con il marito morto da tempo dialogando come se lui fosse ancora vivo. Questa scena è molto importante perché ci mostra la salute attuale di Margaret, fragile e sfasata, ma è importante anche perché ci mostra come fino alla fine lei fosse stata la figlia del droghiere attenta ai prezzi e consapevole del costo della vita dei poveri; dettaglio che durante la sua lunga vita politica le è sempre stato motivo di derisione e di tentato ridimensionamento.

The Iron Lady quindi prosegue con un montaggio che accosta scene della quotidianità dell’anziana a scene del passato, come se fossero ricordi sbloccati da situazioni vissute od oggetti nella sua casa. Come quando c’è la scena della cena con i suoi amici e Margaret ripensa alla sua frustrante cena con i colleghi in politica oppure quando Margaret cade sul comodino e vedendo un soprammobile ripensa alla guerra delle Isole Falkland; sono questi i momenti in cui la narrazione attiva i flashback e ci mostra la forza intellettuale di una grande donna in carriera, mai spaventata dalle scelte da compiere.

La regia di The Iron Lady ci mostra gli avvenimenti soggettivamente, sempre dal punto di vista di Margaret: infatti, molte sono le volte in cui prima viene inquadrata lei e poi la telecamera accoglie il suo punto di vista per mostrarci ciò che sta guardando; ciò avviene per esempio quando arriva alla Camera dei Comuni la prima volta mostrandoci il paragone tra le sale dei membri uomini e donne mentre lei scopre ed esplora il palazzo a lungo desiderato. Oppure la regia si concentra sulle sue azioni, mostrandoci i particolari di un suo gesto, che sia routine o antistress proprio come avviene quando da anziana si prepara un drink. E la regia non si dimentica nemmeno di mostrarci il rispetto che Margaret nutre per la politica e Londra, come quando Margaret andando alla Camera dei Comuni viene dominata dal Big Ben, che sovrasta la sua piccola vettura con un’inquadratura dall’alto.

E The Iron Lady vanta una grande interpretazione da parte di Meryl Streep, per cui ha vinto un Oscar. Il lavoro di trucco ed espressioni per farla assomigliare alla Thatcher è fenomenale e ovviamente Meryl ci regala l’ennesima donna potente per le sue idee e la personalità.

Ma tutte le interpretazioni sono in parte, riescono a mostrare la frenesia e l’ansia del potere, quanto in quel mondo di uomini lei fosse ancora la figlia del droghiere di paese e quanto abbia dovuto combattere per stare dove lei era. Credo che l’attore che più mi ha colpito sia stato Anthony Head, forse perché lo avevo già visto in alcune serie televisive del mio cuore. Grandioso anche Jim Broadbent, nel ruolo del marito affettuoso che cerca inutilmente di riportare la moglie ogni tanto alla situazione familiare, anche se è sempre stato mostrato come la sua ancora di salvezza emotiva e il suo più grande sostenitore.

Insomma, The Iron Lady è un grande film che purtroppo ho dovuto vedere doppiato e non in madrelingua; sarebbe stato interessante perché Meryl non è inglese e quindi deve aver svolto un grande lavoro e studio di dizione! Il film ci racconta una grande storia e a volte riesce pure a usare materiale dell’epoca mescolando ancora di più biografia con realtà.

Voi che mi dite del film? Do per scontato vi sia piaciuto, cosa vi colpisce maggiormente di The Iron Lady?

PS: The Iron Lady non è il nome di uno strumento di tortura ma è il soprannome che le danno affettuosamente i russi.

Qui rido io

Qui rido io è un film biografico diretto da Mario Martone del 2021 su Eduardo Scarpetta, un famoso commediografo napoletano della commedia dialettale moderna, interpretato dal bravissimo Toni Servillo.

Qui rido io, dopo una mezz’ora passata a mostrare la vita lavorativa e famigliare dell’attore, pone al centro della narrazione il processo in tribunale che Scarpetta subisce con l’accusa di plagio da parte del poeta e drammaturgo Gabriele D’Annunzio.

Sono andato a vedere il film al cinema colto e piccolino vicino a casa mia, che fa sconto studentesco, assieme a mia mamma; è stata lei a chiedermi di accompagnarla e dopo un iniziale rifiuto (se mi leggete, avrete capito che non amo il cinema italiano attuale e non lo cito spesso) ho cambiato idea dopo un’attenta valutazione dei trailer.

Sono rimasto soddisfatto? Lo consiglio?

Sì, lo consiglio! E’ solo un po’ lunghetto nella seconda parte ma concentrandosi sulle noie giudiziarie e sui figli pronti a spiccare il volo (divergenze familiari) ha dovuto rallentare il ritmo per usare i toni del dramma.

Qui rido io è un film diviso in due atti. Il primo è più una commedia e il secondo un dramma; la figura centrale è ovviamente questo commediante che ha creato un personaggio teatrale commerciale e popolare capace di riempire i teatri – il Sciosciammocca – e ritendendosi quasi un dio della commedia spadroneggia sia sul palco sia in casa: è un uomo autoritario, padronale ma abbastanza ricco e influente da far vivere nel lusso non solo la propria famiglia ufficiale ma anche quelle delle sue amanti; e i numerosi figli e figliastri.

Grande spazio nella narrazione è il teatro, luogo in cui non solo ottenere attenzioni e approvazione ma anche simbolo di espressione e libertà, quella libertà che tutti i figli prima o poi ricercano perché soverchiati dall’ombra paterna. Vengono mostrate le commedie, il dietro le quinte, le prove, le ‘iniziazioni’ dei figli al teatro man mano che crescono quasi come se fosse una sorta di tributo che pagano al padre. E’ una performance teatrale la prima scena, quella d’apertura, ed è il verdetto sulla commedia-parodia di Scarpetta (quella che ha fatto arrabbiare D’Annunzio) l’ultima apparsa su schermo.

Altro tema fondamentale della pellicola è la famiglia. La famiglia di Scarpetta è numerosa, sembra più un clan che una famiglia e questo è dovuto alle indomite capacità amatorie del grande commediante: con svariate amanti ha sfornato un fottio di figli, tutti che vivono nell’agio anche se non sempre riconosciuti. Fin dall’inizio è possibile notare la soggezione che tutti provano nei suoi confronti (forse solo la moglie ne è immune) ma comunque si nota un legame che li unisce, lui si interessa ai figli e alle sue donne e loro di ricambio mostrano interesse; ecco, nella seconda parte questo legame si spezza forse a causa della stanchezza del suo egocentrismo o perché ormai i tempi sono maturi e la pressione paterna. E il film si appesantisce tutto d’un tratto mostrando ancora di più il dramma della situazione.

Comunque, la narrazione procede a ritmo spedito, le due ore e passa non si fanno sentire troppo. Il film mostra con fierezza la napoletanità del suo protagonista usando scenografie e palazzi sublimi e soprattutto sfoggiando un dialetto napoletano stretto incapibile per chi non è del luogo (per fortuna ci sono i sottotitoli) e che permane per quasi tutta la durata del film. Anche i costumi sono molto curati e particolari. E le musiche, napoletane del tempo, accompagnano l’ambientazione creando una Napoli molto caratterizzata.

Come approfondimento, vi consiglio il mio articolo su Il cattivo poeta, soprattutto per paragonare le due rappresentazioni di Gabriele D’Annunzio; qui, anche se il Vate secondo me è mostrato in un modo volutamente macchiettistico, è comunque notabile un contrasto tra gli Scarpetta e la corte del poeta, composta da modelli e prostitute belli, silenti ed eterei, come a consacrare la stupenda villa a santuario trascendente.

Qui vi saluto. Il post è pieno di spoiler perché è un film biografico su una figura storica, non c’è molto con cui sorprendere lo spettatore (sì, all’improvviso Eduardo Scarpetta non viene rapito dagli alieni, tranquilli). Scarpetta inoltre è da ricordare come il padre dei fratelli De Filippo ed è grazie a lui che ora la satira è protetta dalla legge.

Ciao!