SCREAM VI: La possibile conclusione di una lunga saga

Buongiorno! Oggi torno a parlare di cinema horror con l’ultimo film guardato in sala: Scream VI! Sempre diretto dal duo Bettinelli-Olpin e Gillett e con Vanderbilt sia alla produzione sia alla scrittura, Scream VI riesce a narrare una storia avvincente e con momenti di grande tensione! Da guardare assolutamente nelle sale!

PREMESSE:

Il film è ambientato un anno dopo gli eventi di Scream (’22) ad Halloween e le due sorelle Tara e Sam, assieme ai loro amici, si sono trasferite a NY per la carriera universitaria. Tuttavia, all’anniversario della strage a Woodsboro una nuova ondata di omicidi stravolge le loro vite già fragili, con un nuovo Ghostface che sembra conoscere bene i suoi predecessori.

Mettiamo subito le cose in chiaro per il cast: Neve Campbell non torna ma il suo personaggio è vivo e vegeto; invece, Courteney Cox torna e c’è pure in un ruolo importante Hayden Panettiere, che fino al film precedente pensavo fosse schiattata in Scream 4. Jenna Ortega e Melissa Barrera tornano a interpretare le sorelle protagoniste, con i loro personaggi molto più uniti e approfonditi.
Ghostface qui torna in una versione più feroce e aggressiva, non è più il fantasma che attacca quando la vittima è sola in casa, ma predilige i luoghi affollati! Un po’ come il prologo di Scream 2, per capirci.

PRO:

Scream VI come al solito è l’apoteosi del cinefilo, con una serie di omaggi al cinema di genere. Sono presenti un sacco di citazioni, riferimenti, omaggi, sia letterari sia nelle conversazioni sia come oggetti di scena.
In teoria, viene omaggiato pure il Darione Nazionale con il suo 4 mosche di velluto grigio, ma sinceramente essendo tutte le scritte nel film (messaggini, cartelli stradali, titoli) adattate e tradotte già in produzione per i principali Paesi di distribuzione non posso capire se in America Dario Argento fosse omaggiato o solo per i fan italiani. Ma fa sempre piacere vedere il cinema italiano omaggiato in altre produzioni, no?
Inoltre, con un guizzo metacinematografico viene allestito dentro alla narrazione un museo cinematografico e crime che riunisce i collezionabili di Stab (la saga fittizia di Scream) e dei dietro le quinte dei vari Scream. Così è complicato da spiegare, ma appena lo vedete capite.
E poi, un santuario a Stab e agli eventi realmente fittizi visti nei vari Scream è pur sempre un santuario a Wes Craven!^^

Le scene d’inseguimento tornano e la tensione regna sovrana, qui Ghostface è una presenza feroce che a tratti mi ha ricordato il killer di San Valentino di sangue 3D. Aggressivo, molto più fisico delle versioni precedenti e con attacchi violenti e mirati. In pratica è come l’Hell Knight di Doom2016: attacca di faccia, fa venire gli infarti. Certe volte la sua presenza è strana, nel senso che spesso porta a chiedersi: Ma come cavolo ha fatto ad entrare?

Poi vabbeh, il cast principale è di livello, con la Cox che ruba la scena ogni volta. Ortega invece mi è sembrata un po’ deboluccia, mentre la Barrera qui risplende con un personaggio molto più profondo e problematico.

Scena iniziale da manuale, semplice, d’effetto e che setta lo standard molto più moderno e dinamico del film.

CONTRO:

Sarò franco: la sceneggiatura è piuttosto pietosa. Soprattutto nella prima parte, quando si presentano i personaggi e si introducono le regole di gioco, i dialoghi sono imbarazzanti; non so se sia la resa italiana o la versione originale, ma nella prima parte ho proprio storto il naso. Poi, per fortuna, con l’inizio della caccia le conversazioni si accorciano, per cui il problema si relativizza.

Legati alla pessima sceneggiatura ci stanno i personaggi secondari. Spesso essi vivono nella dicotomia tra la carne da macello e il potenziale assassino di turno. Non sono personaggi, sono macchiette: l’FBI, il poliziotto, la zoccola, il belloccio e il verginello. L’unica che si salva è Anika, ma solo perché l’attrice mi stava simpatica. E’ un problema che il personaggio che muore alla prima scena sia più facile da ricordare rispetto a quelli che sopravvivono per l’intero film, eh!

Poi, come avevo citato secondo me la Panettiere era legnosa, non so come fosse la voce ma la postura e le espressioni non mi hanno minimamente convinto.

E il finale… Parliamone.

Da un lato è molto carico emotivamente, mi è piaciuta la messa in scena e la regia. Dall’altro il reveal di Ghostface era… meh, e la sua motivazione era campata in aria, oltre a rendere Scream VI un remake diretto di Scream 2. Ma alla fine, questi sono sempre problemi di sceneggiatura.
Diciamo che questo film non è più un whodunit perché lo spettatore non può più studiare chi ha fatto cosa e quando, mentre i primi capitoli della saga erano molto più studiati per i movimenti dei personaggi. Ormai è solo un thriller, ha perso parte della sua unicità.

CONCLUSIONI:

Scream VI è un bel film e va visto al cinema. Violento ma con parecchia violenza fuoricampo, claustrofobico e con molti posti affollati. Abbraccia il cambio di location scegliendo di settare gli inseguimenti nei tipici appartamenti newyorkesi o nei vicoli bui. Volendo sarebbe anche un finale perfetto per la saga, io spero che vogliano farla finire in bellezza e non per un flop al botteghino.

E voi? Lo andrete a vedere? Avete visto gli altri capitoli della saga? Beh, se volete approfondire, vi lascio qui sotto altri due articoli a tema. Ciao!

LINK UTILI:

Articolo sulla saga di Scream, fino a Scream (’22): clicca qui.
Riflessione sul genere Slasher: clicca qui.

L’alba dei morti dementi

Satira e cult moderno a tema morti viventi, L’alba dei morti dementi (Shaun of the dead in originale) è una simpatica commedia horror inglese del 2004. E’ stata diretta da Edgar Wright, mentre è stata scritta dallo stesso assieme all’attore e protagonista Simon Pegg.

L’alba dei morti dementi parla della routine di Shaun, fallimentare impiegato in un momento di piatta nella vita, che viene interrotta dall’avvento dei morti viventi: satira, risate, humour inglese e tanto sangue!

Che dire di L’alba dei morti dementi, senza fare spoiler?

Prima di tutto, chiaramente sia il titolo originale sia l’adattamento italiano fanno riferimento all’Alba dei morti viventi di Romero. Poi, la trama già accattivante viene arricchita da personaggi fallaci e un montaggio frenetico e caratteristico; il tutto pompato a mille da musiche pop.
Ma è il montaggio che rende il tutto immersivo e accattivante, montaggio che caratterizza la stupenda trilogia del cornetto: L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz e La fine del mondo.

E facendo qualche piccolo spoiler senza contesto?

Beh, sin dalla prima inquadratura è possibile notare come sia la routine ad ammazzare le persone, a renderle quasi dei morti viventi senza ambizioni; come quando Shaun si sveglia e barcolla verso la cucina (immagine che verrà citata pure in Italia per la pubblicità di un farmaco). E la routine è così pesante e monotona che Shaun nemmeno si accorgerà dell’invasione, all’inizio! Saranno i morti viventi ad attaccarlo perché lui possa accorgersi di loro!
Inoltre il film alla fine racconta della storia d’amore tra Shaun e la sua (ex) ragazza, del proprio arco di miglioramento e del necessario distacco dal migliore amico di una vita Ed, ormai peso tossico nella sua vita.

La commedia scorre potente in L’alba dei morti dementi, tipico humour inglese per i palati più fini: gag, battute, slapstick e splatstick. Ma a scorrere ancora più potente è l’ironia tragica e soprattutto la coppia sangue-gore. Di certo, il film non si tira indietro in nessuno dei due versanti.

Scena più bella? Gli zombie in casa, tutto è nuovo, le risate isteriche molte!

Cult moderno delle pellicole a tema morti viventi (perché, come ci ricorda Shaun, dire zombie è ridicolo), questa perla contiene tutti gli stilemi tipici del genere uniti al classico racconto di formazione in cui il protagonista -Shaun- alla fine abbraccia la vita e prende il coraggio di chiarire i problemi che lo attaglianano.

E voi? Lo conoscete?

Film slasher, piccola riflessione

Buongiorno. Recentemente ho guardato la fine di un documentario su Eli Roth, in cui si parlava anche tra le altre cose anche del genere slasher e dell’orrore al cinema dopo l’11 settembre, e il film La maschera di cera del 2005.

La maschera di cera parla di un gruppo di ragazzi che dopo essersi accampati vicino a un paesino della campagna americana vengono massacrati da due fratelli maniaci. Interessante è la scenografia, soprattutto verso il finale quando il palazzo interamente di cera collassa su se stesso. Il film presenta trovate molto suggestive, con morti ben costruite nella loro teatralità, begli inseguimenti e personaggi realmente capaci di pensare.

Ma prima di tutto cos’è un film slasher?

In inglese to slash significa squarciare e quindi stiamo parlando di un sottogenere del film horror caratterizzato da tre elementi: uno psicopatico mascherato, armi bianche e preferibilmente da taglio, vittime tra la tarda adolescenza e la prima età adulta. La narrazione spesso è ambientata in brevi intervalli di tempo e in un luogo limitato. Inoltre, il genere slasher è considerato come uno dei più casti e puritani: pur essendoci quasi sempre scene di nudo o di sesso, sono le vergini o chi si controlla che sopravvive fino alla fine del film.

I film slasher sono tantissimi, hanno caratterizzato il mercato soprattutto tra gli anni ’80 e i primi del 2000. I più famosi? Basti pensare alle saghe di Venerdì 13, Halloween, Scream e Nightmare. Tutte saghe che ho già portato sul blog, tra l’altro. Alla fine, lo slasher racconta la lotta contro l’Uomo Nero che grazie alla maschera può essere chiunque, dallo sconosciuto alla persona che amiamo.
Da non dimenticare, non sempre gli assassini dei film slasher si rivelano essere uomini.

Quindi, tralasciando la classica simbologia fallica dell’arma che penetra la vittima e che a sopravvivere è sempre una donna (speranza della vita e della fertilità) la mia riflessione si poggia su altri pensieri.

Molte volte, le vittime si accampano in luoghi infestati dal serial killer di turno o invadono una sua proprietà, scatenando le sue furie. Ma solo alcuni sono i personaggi importanti, personaggi che interagiscono con l’ambiente e che scoprono in tempo della presenza dell’assassino.
Molte volte, questi film narrano di persone che non sanno nemmeno di essere in pericolo: si fanno i fatti loro e si vedono apparire il mostro per essere massacrati.

Noi chi siamo? I protagonisti che sanno del killer e che possono difendersi? O più tristemente vittime di passaggio o che aspettano inconsapevoli i loro amici, già massacrati dal killer?

Quello che mi ha fatto riflettere è il personaggio di Paris Hilton in La maschera di cera. A differenza degli altri quattro personaggi (final girl, final boy, due vittime), lei e il fidanzato non sanno nulla del paesino in cui risiedono i due fratelli assassini e non sanno nulla nemmeno della caccia che si sta svolgendo. Praticamente, loro si fanno i fatti loro. Lui viene ucciso mentre lei è in tenda e Paris si ritrova a scappare da uno psicopatico di cui fino a due minuti prima non sapeva nulla!

Credo che sia la parte più ironica e macabra dell’intera pellicola.

Child’s Play: la bambola assassina

child's play dolls (3)

Anno di uscita: 1988

Regia: Tom Holland

Sceneggiatura: Don Mancini, John Lafia, Tom Holland

Cast:

Catherine Hicks as Karen Barclay

Chris Sarandon as Mike Norris

Alex Vincent as Andy Barclay

Brad Dourif as Chucky

Dinah Manoff as Maggie Peterson

child's play

La storia del Child’s Play:

L’ispirazione per la creazione della bambola Chucky vanta principalmente due prodotti dell’immaginario dark fantasy: l’idolo Zuni armato di lancia direttamente dalla Trilogia del Terrore (1975) e la bambola Tina presa da Ai confini della realtà; molto importanti furono anche i film Devil Dolls (1964) e il Dolls di Gordon.

In mezzo a tutte queste bambole, Mancini ebbe l’idea per creare la sua, di bambola. All’inizio, l’opera doveva chiamarsi Batteries Not Included, poi il titolo deviò in Blood Buddy per poi diventare Child’s Play, per giocare sia con le menti in cui il marketing regnava potente, sia per creare in noi il ricordo dei nostri giocattoli infantili e deturparlo con l’immagine di loro come assassini feroci.

Nato per essere uno di quei bambolotti tipo Ciccio Bello da accudire dandogli dell’erba medicinale, la concezione della magia nera si concretizzava con il bambino protagonista del film che si feriva accudendo la bambola e mescolando, quindi, il proprio sangue con gli alimenti da fornirgli; inevitabile, secondo questa visione, sarebbe stato il legame psichico tra i due e il rapido declino degli eventi: Chucky sarebbe così diventato una manifestazione della rabbia del bambino stesso contro chi lo trattava male o contro la persona che il bambino riteneva fosse la causa dei propri guai. Tuttavia, quest’idea molto mistica e in un certo senso conturbante, non piacque alla casa di produzione (la MGM) e venne scartata.

Il secondo concept pensato per Chucky fu quello di un serial killer morente che aveva legato la propria anima in un bambolotto per sopravviver e un giorno, forse, tornare in un corpo umano; questa visione fu scelta per essere quella definitiva e il resto è storia.

Così, tre menti si unirono a creare un psicodramma contro i valori più cari a noi: la famiglia, l’infanzia e l’ingenuità infantile. Il bambolotto rappresenta quindi il prodotto seriale di una generazione di teen consumers -avidi e consumatori prima e futuri consumisti dopo- figli inconsapevoli dell’insicurezza insita negli adulti; non è un caso che al suo debutto, Child’s Play fu subito un successo e proiettò il suo personaggio coprotagonista Chucky direttamente nell’Olimpo dei più grandi personaggi dell’orrore mai creati!

Il grande genio artistico che fu il pilastro su cui si fondò il successo della bambola assassina era un giovane effettista statunitense specializzato nel make-up: Kevin Yagher, di ritorno dal successo di Nightmare 3. Capace di manovrare le bambole animatroniche con l’uso di speciali maschere sensoriali facciali e appositi joysticks, riusciva a far avere loro gestualità ed espressioni del tutto verosimili, tutte poi copiate da attori di bassa statura o da bambini per le riprese in campo lunghi o per le sequenze ansiogeni in cui Chucky doveva spaventare la vittima designata.

Tuttavia, il merito della riuscita del film e poi della saga non è da attribuire solo all’elettronica: infatti, prima di tutto ci furono tutti gli studi attuati per trovare il designe adatto da conferire al bambolotto. Un numero inquantificabile di artisti modellarono, truccarono e vestirono i vari Chucky in modo da seguire un’intera parabola lunga tutto il film che vedeva la prima bambola bella e sorridente, perfetta, diventare sempre più umana con un taglio di capelli molto più realistico, smagliature nella pelle e un logoramento sempre maggiore, assieme al cambio di espressione.

Così, quando tutto fu pronto, la gente andò al cinema per vedere le proprie peggiori paure prendere vita. Infatti, i ricordi infantili rappresentano i capisaldi della nostra identità e pensare che uno dei nostri giocattoli, improvvisamente, potesse prima afferrare un coltello da cucina e poi farci la festa è una delle nostre paure più profonde, così come per noi è terrificante l’idea di lasciare i nostri bambini nelle mani di una potenziale macchina di morte. Ecco, la gente che andò alla prima del film non sapeva a cosa sarebbe andata in contro, ma in cuor suo sono sicuro che un’idea se la stesse facendo quando, all’interno del corridoio che conduceva alla sala, si vedeva inghiottita ai lati da tutti gli studi artistici e tutte le bambole usate per realizzare il film. Una concezione del genere dell’orrore fece scuola e infatti Child’s Play è diventato cult non appena uscì relegandosi un posticino dentro al cuore delle nostre paure ataviche.

child's play dolls (2)

Commento spoileroso al Child’s Play:

La visione del film per me è stata abbastanza travagliata per via del mio videoregistratore: quello della televisione del soggiorno si era bloccato (col disco appena comprato dentro!) e quindi ho dovuto scaricare un lettore DVD per il mio computer e guardarlo da lì; ciò è interessante perché la maggior parte dei film di cui leggete poi sul mio blog alla fine li vedo quasi tutti al computer!

La visione di Child’s Play è stata molto interessante e accattivante, con una trama molto semplice e lineare ma che giocava sull’innocenza dei bambini e l’impossibilità degli adulti di credere nel soprannaturale: come avete già letto prima, gli adulti molte volte si dimostrano insicuri o recalcitranti, con le loro azioni, verso la salvezza del bambino (lo si nota per esempio quando il bambino afferma di sapere chi ha buttato l’amica della madre giù dalla finestra, o durante la scena dello psichiatra infantile) e quindi spetta al piccolo Andy fronteggiare le proprie paure per sopravvivere.

Il personaggio con cui chiunque empatizza è ovviamente il piccolo Andy.

Fin dalle prime scene lo vediamo caratterizzato da due elementi: la propria voglia di aiutare la mamma e sentirsi utile, come quando le prepara la (pessima) colazione, e la sua passione per i Good Guy, un franchise di giocattoli. Ecco, queste sono le sue caratteristiche, caratteristiche che per tutta la durata del film verranno messe a discussione. Molte volte ho pensato “Ma povero piccolino, cerca solo di aiutare” o “Poverino, non gli crede nessuno”. Insomma, la vera vittima di tutto non è rappresentata dalla gente uccisa dal pazzo assassino ma è il povero bambino prima orfano del padre – di cui vediamo una sua foto in cameretta e questo prova la grande mania per i dettagli della pellicola, poi privato della madre perché viene giudicata inadatta al suo ruolo e infine Andy rischia pure di diventare l’incubatore per l’anima del serial killer; insomma, povero piccolo!

Il secondo personaggio, a pari merito, che domina la scena è ovviamente Chucky, la bambola assassina! Fin dall’inizio sappiamo che che la bambola è viva e conserva lo spirito di un folle strangolatore (anche se strangola poco) ma la vera paura che scatena l’orrore è la repulsione verso qualcosa che invece dovrebbe darci gioia e divertimento. La prima vittima di tutto ciò è il piccolo Andy che, dopo aver ricevuto per il compleanno la sua agognata bambola, la vede cercare di manipolarlo, infrangere tutte le regole a cui lui ubbidiva con tanta solerzia e infine pure cercare di ucciderlo. Chucky è sadico e crudele, cinico e senza rimorso; non uccide per il gusto di farlo, non solo almeno, ma invece lo fa per seguire un piano di vendetta che vedrà sfociare il vero orrore durante la seconda parte del film. Quell’orrore che senti quando una bambola semi-fusa cerca di accoltellarti alla testa dall’altra parte della porta!

Insomma, il film è veramente bello, stupenda l’inquadratura al minuto 1h07′, gli ultimi minuti sono di tensione vera mentre la prima parte della pellicola secondo me parla di una famiglia distrutta dalla perdita del padre. Molto bello, fa anche pensare una frase che dice uno dei personaggi: se nessuno ci crede, è vero quello che è successo?

Su questa nota, vi lascio e vi invito a lasciare una vostra impressione riguardo al film, la sua storia e ai temi trattati in esso! Ciaone e alla prossima!^^

child's play shadow

 

Friday the 13th

FridayThe13thPoster

Friday the 13th (in italiano Venerdì 13) è un film slasher del 1980, diretto da Sean S. Cunningham e interpretato da Betsy Palmer nel ruolo della serial killer Pamela Voorshes e da  Adrienne King che interpreta la final girl. Questo film, pur ispirandosi a film slasher già famosi come l’Halloween di Carpenter, ha contribuito ad affermarne il genere e a lanciare le premesse per uno dei personaggi più famosi dell’orrore cinematografico: Jason Voorshees.

Che film! Premesso che visto Friday the 13th in prima serata in tv con le scene di morte censurate, mi è piaciuto molto tranne la parte del serpente: ho letto in giro che il serpente era vero come la sua morte… Questo no!
Comunque, tornando al film, ho riflettuto che è vero che lo slasher è uno dei generi più puritani del cinema e questo film ne è la conferma: tutti i ragazzi tranne la final girl sono abbastanza promiscui tra loro, (sesso, droghe, vino, spogliarelli…) e questo fa infuriare la killer; solo la pudica è sopravvissuta.

La location è molto bella, sono molto suggestive tutte quelle casette isolate di legno scuro e quel lago enorme; mai avuta la sensazione che qualcuno vi osservi da un punto molto lontano, spiandovi? Quel mondo lo permette a quella sensazione di esistere: spazi molto estesi ma poche persone che li abitano, spazi estesi che danno molti punti per il killer di spiare.
C’è chi dice che questo film è molto scuro (infatti, molti omicidi avvengono di notte in stanze illuminate da candele o all’aperto), ma io non l’ho trovato tale: infatti, secondo me la luce c’era e il buio serviva a creare suspense e a far pensare ai pericoli che esso nasconde in sé. Oltre a nascondere i limiti del budget ristretto, ovviamente.

Una cosa che invece mi è mancata è stata il gore.
Essendo stata la mia visione del film in prima serata, mi hanno censurato tutto! Per me è stato più un immaginare cosa succedeva che un vedere… Bello ma essendo questo uno slasher mi sono se non rovinato la visione del film comunque inquinato.

Consigliatissimo ovviamente, ma la scena del serpente mi ha abbassato tantissimo il gradimento del film.