VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Il grande sonno

Secondo film noir che vedo, ho letto che è un classicone. Sinceramente, se non ci fossero stati lo spiegone finale e la trama su Wikipedia io mi sarei perso abbastanza. Il film è il detective tutto d’un pezzo che ha illuminazioni e si sposta da una parte all’altra; il tutto condito con dialoghi ambigui e femme fatales provocanti.

Bogart e Bacall recitano insieme, ho letto che sono stati pure una coppia reale e molto unita almeno fino alla morte di lui. Che dire, lui mica scemo!

Bogart interpreta questo detective che non beve molto, non fuma, cerca di salvare le due ragazze e usa l’astuzia per vincere lo scontro finale. Un eroe senza macchia e senza paura, alla fine. Durante la narrazione, lo vediamo spesso fare colpo sulle signore che incontra, anche se alla fine non concretizza mai veramente: casto pure in quel senso? Che noir è???

Bacall invece interpreta la ragazza misteriosa, riservata, che fa perdere la testa al detective. Alla fine, omicidio a parte, lo spettatore potrebbe guardare la pellicola solo per lei, o la sorella, o la bibliotecaria, o la segretaria del ricattatore, o le cameriere alla sala giochi. Cavolo, ‘sto film vanta un sacco di attrici affascinanti, e ci lamentiamo dei film di oggi! Comunque Bacall mi è piaciuta, da una parte cerca di salvare il detective, dall’altra è protettiva verso la sorella.

Il resto del cast ok.

La regia di Hawks e le luci di Hickox invece sono, come hanno detto i critici, invisibili: ci sono, sono presenti numerosi dettagli ovviamente, molti primi piani e mezzi busti, campi medi, ma la macchina da presa non è la padrona della scena ma mostra solamente i personaggi mentre agiscono. Infatti, è invisibile.

Più che altro non direi che Il grande sonno appartenga al filone dei noir. Sì, è del 1946, è in bianco e nero e ha come protagonista un detective solitario. Tuttavia, le femmes fatales non sono nemmeno tanto fatali o tentatrici (quella più presente è ambigua ma alla fine positiva -si è ritrovata in mezzo- e quella fatale non compare mai); la fotografia che dovrebbe dare ragion d’essere al filone è chiarissima e un sacco di scene sono alla luce del giorno; il gangster è più un ricattatore che si è ritrovato in mezzo, cercando di portare il tutto a suo favore.
Io lo definirei un thriller d’epoca più che un noir. Non c’è nulla della tentazione, della depravazione e del lusso dei noir, almeno per come li ho studiati. Dal discorso del generale quando affida l’incarico al detective mi sarei aspettato moolta più roba!

E invece è una storia d’amore con qualche cadavere a muovere le acque.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La fiamma del peccato

Non ho mai visto molti noir nella mia vita, credo che l’unico vero film del prolifico filone cinematografico fosse Black Dhalia, di cui riprende alcuni stilemi. Tuttavia, non sono arrivato impreparato alla visione di La fiamma del peccato perché ho studiato il filone nel mio libro di storia del cinema e sono sempre stato un appassionato di donne letali (basti pensare alla mia Poison Ivy).

La fiamma del peccato è un noir del 1944, diretto da Billy Wilder e con protagonisti Fred MacMurray e Barbara Stanwyck. Che dire? E’ un film un tantino famoso, acclamato perfino dal Maestro del brivido Sir Alfred Hitchcock, quindi beh, non è che io possa dire molto dal basso della mia persona. Un film basato interamente sulla forza della propria sceneggiatura!

Invece noto come il protagonista fosse spesso racchiuso in spazi stretti: uffici, macchine, il proprio appartamento piccolissimo, sovrastato da ombre e linee di forza, si trova sempre in ambienti stretti. Claustrofobia, reale e metaforica, portami via!
Il film procede bene, anche se la seconda parte (a delitto svolto) è leggermente allungata secondo i miei gusti. Invece ho adorato i costumi della femme fatale, ma lei doveva avere buon gusto: quei look le potevano costare 100mila dollari oppure la sua stessa vita!

E voi? Lo conoscevate? Vi ricordo che domani concludo il 2022 con i buoni propositi per il blog in vista del 2023! Ciao!