In questo periodo sto studiando a scuola Seneca e mi ha fatto pensare un testo che ho letto.
Nella lettera 47 egli elogia il suo amico Lucilio perché tratta i suoi schiavi molto familiarmente e da qui il filosofo parte in quarta nello spiegare perché bisogna trattare gli schiavi in maniera quantomeno umana. La cosa interessante è che egli non afferma di non averne ma che bisogna trattarli come amici di condizioni inferiori.
Perché?
Semplicemente perché essendo moltissimi temeva una ribellione: infatti, lo schiavo maltrattato pur sapendo di andare incontro alla morte, se istigato arrivava a trucidare l’intera famiglia di suoi padroni (cos’altro aveva da perdere?).
Perché la Sorte, afferma Seneca, è uguale per tutti e quindi chi un giorno è schiavo può diventare un uomo libero e chi è libero può diventare uno schiavo; tanto le vie per diventarlo erano veramente tante: per nascita, come bottino di guerra, per debiti o crimini.
Perché un servo trattato decentemente, o almeno come essere umano, non tradisce i segreti del padrone e anzi è pronto a dare la vita.
Insomma, Seneca dice di dover trattare bene lo schiavo non per motivi umanistici ma per motivi prettamente personali! Non me l’aspettavo: lui è un filosofo! Ma dopotutto è romano, membro di una cultura fondata sugli schiavi.
Che tristezza.