Racconto originale: La fiaba di Ermenegilda

Tanto tempo fa, sulla sponda dorata di un lago sereno, abitava una famigliola di pescatori composta dai due genitori e tre sorelline: Rodolfa, Genofrida ed Ermenegilda. Se Rodolfa e Genofrida erano molto graziose e si muovevano come sorrette dagli angeli, Ermenegilda invece era goffa ma dall’indole molto dolce e affettuosa: trattava sempre con le massime cure il gattino selvatico che avevano accolto in casa, fin da quando lei lo aveva trovato da cucciolo su un ramo del loro abete. Così, il gattino seguiva le tre sorelle dappertutto. Mentre andavano a scuola nel villaggio nella valle vicina, quando facevano il bagno nel lago, quando andavano a fare le passeggiate tra le montagne. Là, Rodolfa e Genofrida giocavano a fare le spose, mentre la sorella e il gatto ammiravano insieme il panorama.

Un brutto giorno, però, si presentò alla porta uno strano signore accompagnato da tre ancelle; alla vista di tali genti, il padre sbiancò e la madre, ripresasi dal torpore iniziale, ricacciò le figlie a letto sebbene fossero le due del pomeriggio. Dalla loro cameretta, le tre sorelline sentirono tuoni e rombi provenire dalla cucina, ma ubbidienti rimasero dove era stato ordinato loro di stare per ore, fino a quando la calma tornò a regnare nella loro casetta.
Ma poi, le tre sorelline furono sorprese da ciò che scoprirono: nessuno, non c’era nessuno in cucina o in veranda o in soggiorno quando discesero dalla cameretta. «Mamma? Papà? Dove siete?», continuavano a singhiozzare, ma a testimonianza della loro presenza era rimasto solo il tortino di patate nel forno a legna…

Confuse, le tre sorelline non si persero d’animo e uscirono dalla casetta per dirigersi verso le miniere, a chiedere consiglio alla strega: una strana signora che dormiva nelle miniere di ferro, capace di rispondere a qualsiasi domanda e a profetizzare gli eventi futuri.

Per arrivarci dovettero attraversare un fitto bosco ricolmo di alberi e radici contorte, con cespugli rigogliosi e roveti minacciosi. Rodolfa e Genofrida, con le loro gambe agili e le loro figure snelle, ci passavano facilmente; Ermenegilda invece inciampava e cadeva. Ci misero ore ad attraversare i boschi, ma alla fine unite arrivarono alle miniere oscure. Un intricato sistema di cunicoli stretti e bagnati, nei quali le gocce d’acqua conferivano un rivestimento sonoro alquanto inquietante. Forti della loro compagnia, le tre sorelline però non badarono alle ombre che le minacciavano e, finalmente, dopo un periglioso peregrinaggio per quelle vie scavate nella pietra, trovarono la strega.
Dopo essersi presentate, le tre sorelline si inchinarono e porsero alla donna le uniche monete d’oro che erano riuscite a reperire, una moneta nella mano destra di ciascuna bambina. La strega, allora, si alzò e le osservò. Quindi, un’aura azzurra la pervase e lanciò un urlo profetico: «I vostri genitori sono stati portati via per i loro debiti e le loro cattive intenzioni. Volete salvarli? Cercate un modo per ripagare i loro debiti e quando avrete trovato la cifra, sarà Lei a trovarvi. Ora andate!» e le bambine si ritrovarono fuori, nei boschi.

Ora le tre sorelline volevano capire come salvare i loro genitori, ma non si chiesero mai chi fosse quella Lei citata dalla profetessa.

«Rapiniamo la banca Titania! Siamo piccole, chi mai arresterebbe delle ragazzine? Con tutti quei lingotti potremmo ottenere così tante monete d’oro che non solo salveremo mamma e papà, ma anche potremo comprare un castello intero!», argomentava Rodolfa. «No, andiamo a supplicare il Re! Con il nostro bel visino e gli occhioni impauriti nessuna persona con un cuore pulsante nel petto oserà negarci ciò che pretendiamo!», ribatté Genofrida. Ermenegilda le osservava tutta piena d’ansia con i suoi occhietti marroni, mentre proponeva di cercare aiuto dalla loro Fata Madrina: secondo la leggenda, tutti i bambini ne avevano una a proteggerli. «Naaaah!», risposero le due sorelle in coro e lei da quel momento tacque. Tuttavia, Rodolfa, Genofrida ed Ermenegilda non riuscivano a trovare un punto comune sul da farsi e decisero di separarsi; usarono il patto di sangue per sapere cosa sarebbe successo l’una all’altra nell’immediato futuro: tutti sanno che un fiore intriso del sangue di una persona rivelava la sorte della stessa, giusto? E così le tre si separarono, ognuna andandosene con due fiorellini in tasca, scarlatti del sangue delle altre due sorelle. Ermenegilda rimase sola, i suoni delle campanelle appese ai rami erano la sua sola compagnia; esse rappresentavano il segnale dell’accesso alle gallerie in cui la strega risiedeva, a cui però Ermenegilda non poteva più chiedere aiuto.

Sola e sconsolata partì a sua volta.

A dire il vero, Ermenegilda della loro Fata Madrina non aveva grandi ricordi: le famiglie povere, a parte la benedizione al momento del parto, non avevano diritto a molte visite di quella signora. E di quella fatina, la bambina aveva solo un’impressione, un’immagine impressa nella memoria: dalla culla l’aveva scorta una volta sola. Si trattava di una figura sfavillante in un cappuccio rosa, che sembrava emanare luce propria. Uno sguardo dolce e premuroso, le aveva posto parole affettuose mentre le toccava la fronte con la mano calda e morbida. E il dolce profumo dei garofani proveniva dalla fata, quel sentore dolce e vanillato che Ermenegilda percepiva nei momenti bui. Sì, Ermenegilda non aveva mai più incontrato la sua Fata Madrina ma era sicura della sua esistenza! Inoltre, la bambina conosceva il posto in cui le leggende narravano abitasse la Fata Madrina: al mare!

Era verso il mare che infatti voleva dirigersi!

Purtroppo la strada per il mare era lunga e, arrivata la sera, Ermenegilda era fin troppo lontana sia dalla sua casetta sia dal mare tanto agognato: goffa com’era continuava a cadere sui sentieri nei boschi, sulle radici dei grandi pini e dei bianchi abeti, sui massi piatti e scivolosi del torrente che seguiva a ritroso. E in tutto questo non si era ancora nemmeno allontanata dalla valle! Senza accorgersene, al posto di scendere e raggiungere la pianura era salita e aveva scalato il pendio.

Aveva camminato tanto, fino ad arrivare alla fine della giornata ad un altopiano su cui si stagliava una ricca locanda in roccia. E ora? La locanda era un ottimo posto per passare la notte, ma lei non aveva più danaro! Come fare?

«Ma come puoi anche solo chiedermi di ospitarti se non hai i soldi con cui ripagarmi?», le rispose la locandiera prima di chiuderle la porta in faccia.  Sconsolata, Ermenegilda sedette su uno dei gradini di pietra del palazzo ed scoppiò in lacrime, almeno fino a quando una donna gentile non uscì dalla casetta di cristallo a fianco della locanda e le rivolse parole pietose.

«Ma come mai una così brava bambina si mette a piangere tutta sola di tardo pomeriggio? Cosa, non hai i soldi per pagare l’alloggio? Beh, se mi raccogli la legna posso darteli io!»

Ad Ermenegilda non sembrava vero: se avesse raccolto una cesta di legna grossa e fine avrebbe ricevuto cinque monete di bronzo! Felice che la fortuna finalmente le irridesse, smise di piangere e ringraziò la gentile signora.
Piena di energie per la nuova speranza che l’era apparsa, la bambina si guardò attorno e vide una fitta pineta a un centinaio di metri dalla locanda, vicino allo strapiombo roccioso. Veloce e attenta, con la cesta di vimini in mano, raggiunse il bosco e fece incetta di legna secca di pino; tornata dalla vecchina, le porse la pesante cesta e sorrise, nonostante le botte che aveva preso sulle radici degli alberi. Dopo averla ringraziata, prese le monete e si pagò la stanzetta nella locanda a fianco. Stanca e sola com’era, mangiò tantissimo: prima un piatto di stufato di cerbiatto e polenta bianca, poi una bella torta di mirtilli. Soddisfatta e satolla, finalmente le venne sonno. Prima di ritirarsi nella stanza che tanto faticosamente si era guadagnata, volle uscire e cedere alla gentile vecchina un pezzo della fetta di mirtilli che le aveva lasciato da parte ma, al chiaro di luna, notò che oltre alla locanda sull’altopiano non c’era altra costruzione; confusa, Ermenegilda andò a dormire per prepararsi alla lunga camminata che l’attendeva.

Fattasi spiegare per bene le indicazioni per il mare dalla locandiera, Ermenegilda il mattino presto partì e si diresse di buona leva verso il mare, nella direzione giusta, questa volta; felice notò che il gattino selvatico cui aveva dedicato molte attenzioni la seguiva, l’aveva sempre seguita fin da quando aveva lasciato la loro casetta, forse. Non essere più sola durante un viaggio tanto grande la rese immensamente felice, accolse tra le braccia il compagno di avventure e stando attenta a dove metteva i piedi -per non inciampare ancora- arrivò in pianura, lontana dalle montagne: per la prima volta in vita sua era uscita dalla valle!

Ora le bastava solo seguire il torrente cristallino che attraversava le cime rocciose delle montagne e attraverso una bellissima cascata si congiungeva a un laghetto e infine al mare salato e sterminato.  Era quasi arrivata, Ermenegilda se lo sentiva! Pure il gattino fremeva e ronfava tra le sue braccia, con le orecchiette morbide che captavano la luce balzante sull’acqua e gli occhi che osservavano il rinfrescante sciabordio del torrente sulle rocce!

Il ruscello li aveva portati davanti a una strettoia di roccia nera.

Ermenegilda notò come il flusso d’acqua improvvisamente si riduceva a un velo che spariva nella fessura di una delle due pareti nere. La bambina, allora, capì che doveva attraversare la gola, ma quando stava per penetrarvi sentì una stranezza: in tasca, uno dei fiorellini scarlatti di sangue stava appassendo! Sconvolta, Ermenegilda si fermò, posò a terra il gattino bianco e nero ed estrasse il fiorellino. Una lacrima le scese lungo la guancia, mentre lo sguardo si posava sui petali del fiore non più scarlatti. Aveva perso il colore rosso! Era successo qualcosa a Rodolfa! Ma cosa? Aveva veramente provato a rapinare la banca ed era stata impiccata? O le avevano mozzato le mani? Spaventata, la bambinella decise di affrettarsi ed entrò nella gola di roccia nera.

Ermenegilda, però, si era sbagliata!

Quella che pensava fosse la gola tra due valli o una strettoia tra due monumenti in pietra nera si era rivelata l’entrata per un autentico labirinto scavato nell’ossidiana! Infatti, davanti a quella che si era rivelata come un’entrata al labirinto non si stagliavano le distese pianeggianti verso il mare ma un’intricata ramificazione di costruzioni e pareti nere, lucide ma rocciose! E quando svoltava, Ermenegilda si trovava sempre davanti ad altri dieci corridoi stretti tra i quali scegliere, oppure in stanzette circolari piccole e opprimenti. Una volta, si era ritrovata in un vicolo cieco e senza accorgersi della parete c’era andata a sbattere con il naso!

Dopo numerose ore di smarrimento e peregrinazioni, con il cielo che iniziava a tingersi di rosa, il gattino iniziò a comportarsi in modo strano: si agitò tanto per scendere dalle braccia della bambina e fischiò nervoso contro un corridoio che svoltava minaccioso alla destra della bambina! Proprio in quel momento dal corridoio maledetto proruppe una terrificante creatura vermiforme! Spaventata dai mille occhi con cui il mostro bramava le sue carni paffute, la bambina si mise a correre con il cuore che le impazzava in petto e il gattino che la seguiva a ruota!  Corse e corse ancora, corse tra le molte salette circolari con le pareti lucide che inesorabili le mostravano le fauci del mostro più vicine a lei per ogni secondo che passava. Corse a perdifiato, anche inciampando e rimettendosi a correre, corse dietro gli angoli di molti corridoi mentre il mostro cercava di ghermirla con i tentacoli delle fauci. Solo quando l’uscita dal labirinto fu visibile, anch’essa un’apertura tra due pareti lisce, Ermenegilda poté sorridere anche se sfinita: con un ultimo sprint lei e il gattino superarono l’agognata uscita dal labirinto.

Insieme caddero nel dirupo al di fuori del labirinto nero e impenetrabile. Subirono un volo spaventoso e lungo, ma almeno si erano lasciati il verme dai mille tentacoli ad osservarli impotente da lontano.

Per fortuna, lei e il gattino erano precipitati dentro a una pozza di acqua salmastra: si trattava della congiunzione tra la cascata al di fuori del labirinto e il mare dal quale i pescatori riempivano le grandi reti a strascico e le gabbiette di rame intrecciato poste sul fondo del mare.

Stanca e provata, Ermenegilda nuotò con il gattino sulle spalle fino alla riva e uscì dal laghetto: al concludersi della giornata di cammino e di striscianti paure, finalmente la bambina era giunta alla grande città sul mare, lo aveva capito dalla lieve brezza marina che aleggiava in quel bellissimo posto! Infatti, non appena si inoltrò fuori dal parco ai piedi del monte di roccia nera e dentro alla prima strada battuta, Ermenegilda si ritrovò dentro a un centro urbano sul mare, costruito su canali e ponticelli.

Felice di essere finalmente giunta alla meta agognata, la bambina si diresse verso il centro, costeggiando uno dei canali: tutti sanno che le Fate Madrine vivono al centro delle città, nella parte più antica e al tempo stesso più splendida, vero? Lo sanno tutti, ma proprio tutti!

Infine, dopo un’oretta scarsa di cammino, con i lampioni che venivano accesi da smilzi ometti vestiti di arancione, eccola là: una reggia interamente in marmo bianco e rifiniture d’oro, costruita sulla collina artificiale al centro della città, sulla vista panoramica del bacino marittimo a pochi passi da essa e dalla piazza. Davanti alla reggia era stato costruito un grande pilastro nero, alto più di dieci metri e scolpito in bassorilievo con i segni raffiguranti lingue sconosciute e straordinarie creature del Cielo. La Fata Madrina doveva essere dentro al palazzo, Ermenegilda ne era certa. Ed essendo il cancello delle basse mura di mattoni viola spalancato, la bambinella sgusciò nel giardino della Fata Madrina e, piena di speranza, entrò finalmente nel portone di cristallo verde.

Il gattino miagolò: un grande evento stava per compiersi, lei lo sapeva!

Ma nella reggia niente era come Ermenegilda si era immaginata! Non c’erano ampie sale ricolme di mobili d’avorio e statue di divinità immortali e illuminate dalle grandi finestre che aveva scorto dalla strada, né maestosi arazzi o pregiati tappeti o gli splendidi affreschi raffiguranti intrichi di garofani e roseti, neppure le scalinate e i corridoi che un edificio con così tanti piani e ali lasciava presagire. C’era solo uno spazio buio, come se entrando nel tramonto dentro a quel palazzo avesse varcato la soglia della landa dei morti. Spaventata, Ermenegilda stringeva il gattino al petto con tutte le forze, fino a quando il micio quasi non la graffiò al volto; allora, scusandosi con lui per la propria sbadataggine e il proprio egoismo, lo pose a terra. Ma si tenne vicina a esso: quel posto la spaventava enormemente! Era tutto avvolto nella nebbia! E nella nebbia Ermenegilda poteva scorgere orripilanti figuri, corpi scuri che aleggiavano sopra al pavimento impegnati a  fissarla con occhi fiammeggianti!

Ermenegilda urlò, si mise a correre a tentoni nel buio fino a quando non trovò una porta, la aprì e se la chiuse a chiave alle spalle: di certo non avrebbe più messo piede in quel posto maledetto, dove gli spettri infestavano l’aria, dove essi potevano sputarle addosso il loro alito di morte sussurrandole le peggiori profezie e maledizioni!

Sola nella stanza, con il gattino bianco e nero che la osservava muto, Ermenegilda trasalì: nella tasca della gonnella la bambina percepì di nuovo l’essiccarsi di un fiore, l’ultimo fiorellino scarlatto di sangue che poteva essiccarsi! Piena di ansie e desiderosa di conferme, affondò la mano nella tasca e ne estrasse quello che doveva essere l’ultimo fiorellino scarlatto rimasto, ma di esso era rimasto solo un filo marrone e secco con attaccati alcuni foglietti di carta scura e screpolata!

Qualcosa era successo pure a Genofrida! Non poteva più aspettare!

Ironia della sorte: la stanza nella quale si era rifugiata Ermenegilda era una semplice biblioteca di piccole dimensioni, senza altre uscite se non quella da cui era entrata. Per trovare quindi la Fata Madrina e salvare le sue sorelle, la bambina inspirò profondamente e, noncurante del cuore che le batteva forte in petto, si girò verso la porta e la spalancò, affacciandosi verso quella che doveva essere la stanza con la nebbia e le creature inquietanti: nient’altro poteva spaventarla ormai!

Tuttavia, quando Ermenegilda rientrò nel luogo che l’aveva terrorizzata, notò con meraviglia che la nebbia e la tenebra erano scomparse. Al loro posto si trovava un campo di grano, con le spighe che ondeggiavano al vento. In mezzo al campo di grano, sopra a una pedana in granito viola, si stagliava una scalinata a chiocciola che si avviluppava su se stessa fino a incontrare il cielo azzurro che rischiarava la scena. E, sempre sulla pedana e davanti alla scalinata impossibile, era posizionata una porta. Quando Ermenegilda si avvicino alla porta, la sua meraviglia crebbe: la porta era di fine legno chiaro, forse di rovere bianco, ne aveva viste molte giù in paese a casa della sua amica Claretta, e incastonata nella porta si trovava una vetrata verde e rosa. Oltre quella vetrata, Ermenegilda poteva vedere una donna bellissima in abiti petalosi ricamare docile e gentile; tuttavia, oltre la porta, si stagliava la scala a chiocciola verso il cielo e, oltre la scala a chiocciola verso il cielo, Ermenegilda poteva scorgere il campo di grano. Poteva odorare il profumo del frumento, era sicura di essere in mezzo alle piante, in pianura. Con una porta magica davanti a una scalinata impossibile.

La bambina si portò le dita agli occhi e se li stropicciò: forse stava sognando! Ma quando li riaprì, si trovava ancora là, in mezzo al campo di grano. Che stava succedendo?

«Ehi, brava bambina, sono qui!», proruppe improvvisamente una vocina. Lei non capendo da dove potesse provenire si guardò intorno spaesata: non c’era nessuno là con lei, a parte il suo gattino! «Sono qui! In basso, mi vedi? Ecco, brava, sono qui. Sono la chiave che apre la porta per le stanze della Fata Madrina! Se mi acchiapperai potrai accedere al tuo consulto. Prendimi!» e come per magia la chiave d’argento si animò e iniziò a salire la spirale.

Ermenegilda, confusa ma risoluta a catturare la chiave d’argento, salì la pedana di granito viola, superò la porta di rovere bianco per le stanze della Fata Madrina e si slanciò sulla scala a chiocciola che saliva ripida verso il cielo: doveva raggiungere la chiave parlante!

La povera infelice cercava di raggiungerla, ma la chiave era veloce, lei era lenta e incespicava su quei gradini così lisci e inclinati, le sembrava ogni volta di stare per cadere all’indietro, e il corrimano era troppo largo per le sue mani sì paffute ma piccine, non sarebbe riuscita ad afferrarlo se fosse caduta! E così, dopo qualche minuto di rincorsa, Ermenegilda proprio come aveva temuto mancò il gradino successivo e si sbilanciò verso il terreno, rotolando giù per le scale.

Batté la testa e svenne.

«Una così brava bambina non dovrebbe stare qui a farsi male: dovrebbe essere a scuola o a giocare, non credi?»
Una voce gentile e delicata la svegliò, Ermenegilda si trovava in un letto di piume di pavone e oca, con il gattino che dormiva beatamente al suo fianco. Le stava parlando una donna estremamente bella, aveva gli occhi come i pini della valle in cui Ermenegilda era cresciuta, e i lunghi capelli biondi erano intrecciati con mille garofani blu.
«Ma come ci sono arrivata qui, gentile signora?», chiese allora Ermenegilda, non sentendosi ancora pronta a rispondere alla domanda della donna.
«Il tuo gattino. Questo micetto ti si è affezionato moltissimo e devo dire che ha sempre avuto buon gusto! Sai che Rodolfa è stata beccata dalle guardie a rubare tre lingotti alla banca? E Genofrida dopo essere stata cacciata dalla corte e messa in orfanotrofio, per il suo bene intendiamoci, vista la sua posizione, si era messa a fare l’incendiaria! Dopo che l’avevano ospitata con tanto amore e tanta pazienza! Proprio questa mattina. Mentre tu, sbadata sì ma con un gran cuore, hai perseguito la tua causa e quello che credevi giusto nel modo migliore a cui potevi aspirare! Sono veramente colpita, mi hai colpita, Ermenegilda. Questo bel micetto poteva lasciarti ruzzolare giù per le scale, ma invece ha preferito salvarti e prendere la chiave al posto tuo. Lo hai impressionato, e io mando i gatti a controllare tutte le mie protette!»
La donna sorrise, dalla poltrona sulla quale era seduta.

Ermenegilda a quell’ultima informazione guardò stupefatta la donna: era lei la Fata Madrina! E sapeva tutto fin dall’inizio! Certo, un po’ era orgogliosa di come si era complimentata per come aveva trattato il gattino, ma quella donna per quanto gentile sapeva tutto e non aveva fatto nulla! Ed Ermenegilda questo non lo poteva sopportare, non dopo quello che aveva subito in quei due giorni. «Come mai non ha mai fatto nulla? I nostri genitori sono stati portati via, le mie sorelle sono state punite per qualcosa di cui non hanno colpa! Volevamo solo cercare di salvare mamma e papà!»
La Fata Madrina sorrise, anche se il suo sguardo si indurì. «Io non potevo fare nulla. I vostri genitori si erano impoveriti per conto loro, sono stata io a mandare loro le mie ancelle accompagnate da una guardia: vi stavano per vendere per ripagare i debiti! E poi volevo vedere fin dove vi sareste spinte, conoscere la vostra vera natura.» «E qual è la risposta?», chiese subito laconica Ermenegilda.
«Tu sei un capolavoro. Anzi, tieni questi, come ricompensa!»

Ermenegilda cadde in un sonno profondo.

Tanto tempo fa, sulla sponda dorata di un lago sereno, abitava una famigliola di pescatori. Questa famigliola era composta dai due genitori e tre sorelline: Rodolfa, Genofrida ed Ermenegilda. Se Rodolfa e Genofrida erano molto graziose e si muovevano come sorrette dagli angeli, Ermenegilda invece era goffa ma dolce: trattava sempre con le massime cure il gattino selvatico che era solito appostarsi su uno dei rami del loro abete. Tutti andavano d’amore e d’accordo in quella famiglia, ma un male in verità minacciava di romperla in mille pezzi: la povertà! Quell’anno le trote di cui si nutriva e con le quali sopravviveva la famiglia di pescatori erano molte meno degli anni precedenti e lentamente i debiti avevano invaso le tasche dei due poveri genitori. Loro erano sempre allegri e amorevoli con le loro tre figlie, non volevano interrompere i loro felici pomeriggi e la scuola era importantissima, lo sapevano bene! Così, facevano buon viso a cattivo gioco.

 Almeno fino a quando Ermenegilda scese sola dalla cameretta da letto per parlare con la sua mamma e il suo papà.

Girava a piedi scalzi sul ruvido pavimento di pietra della loro bella casetta, con la sua camicetta da notte tutta rossa. Teneva in mano due grandissime corna da renna, di quelle renne grandi come quelle di Babbo Natale, ma solo tutte sfavillanti e ricoperte di perle e pietre preziose; su un corno c’era scritto: “Proprietà di Ermenegilda”, scolpito così a fondo nell’osso e ricoperto da così tante pietre che era ovviamente sua, quella proprietà straordinaria!
Ermenegilda disse solamente «Tenete, ve le regalo. Così restiamo una famiglia felice, no?», li abbracciò e tornò di sopra, a giocare con le sue sorelle: Rodolfa e Genofrida stavano giocando alle mogli e il gattino faceva lo sposo a turno di ciascuna!

E così, le tre sorelline vissero felici e contente; almeno fino a quando a scuola non ci furono gli esami! Ma quella è un’altra storia. Ciao!

Le mie letture nel 2022

Buongiorno! Oggi torno a parlare di letteratura condividendo con voi i libri che ho letto durante il 2022; non che siano tanti, alla fine sono una ventina abbondante. Perlomeno la percentuale di libri piaciuti è la più grande, per cui possiamo dire che sia stato un anno proficuo.

Libri non finiti:
– Moby Dick (in inglese)
– Saggio sul medioevo di cui non ho annotato il titolo

Libri brutti:
– Kill Creek
– L’uccisione del licantropo

Libri meh:
– La fabbrica dei corpi
– Merrick

Libri belli:
– L’universo, gli dèi, gli uomini: Il racconto del mito
– Il gatto nero e altri racconti del mistero e dell’immaginazione
– Fu sera e fu mattina
– C’è un cadavere in biblioteca
– Che cos’è la narrazione cinematografica
– Cinema e videogiochi
– Batman: Il lungo Halloween
– Wicked women of the screen
– Scuola omicidi
– Halloween: dietro la maschera di Michael Myers
– Il sedentario non ha colpe: come godersi la vita fino ai cent’anni con un corpo in salute, efficiente e pure figo.
– Lavoro, dunque, scrivo!
– Peter e Wendy
– Marilyn Monroe – Icone
– These violent delights
– Il mastino dei Baskerville
– Un cavallo per la strega

Di questi all’incirca venti ho scelto di parlare brevemente dei cinque che ho preferito; gli altri li potete a qui, sul mio secondo blog. Qualche riflessione veloce: quest’anno ho letto due libri di Agatha Christie e ho il grande sentore che fosse una razzista incredibile! Poi ho letto molti saggi mentre i libri che non mi hanno colpito favorevolmente sono prevalentemente romanzi, il che vuol dire che con la narrativa sono più di gusti delicati.

Wicked women of the screen è un libro in inglese che mi ha regalato un’amica e parla delle attrici che hanno interpretato ruoli ambigui o da villains; non solo in film horror o thriller, ma pure come bisbetiche in romcoms oppure femme fatales in generi erotici. Peccato che il libro sia degli anni ’90 perché ovviamente mancano la Cruella di Glenn Close o l’iconica e stronza Miranda Priestly di Meryl Streep!

Fu sera e fu mattina, unico romanzo della Top5, è scritto da Ken Follett e chiude la trilogia dei Pilastri della Terra, che io lessi alle medie. Che dire? Narrazione veramente avvincente per un tomo che potrebbe sorreggere da solo la mia pila di ansie. E poi ha un personaggio apertamente gay in primo piano, e il personaggio ha un ruolo narrativo attivo nella vicenda ed è caratterizzato oltre ad essere gay! Poi vabbeh, grande saga, io e le rosse principesse andiamo sempre d’accordo.

Lavoro, dunque, scrivo!, ora uno dei miei libri di testo, mi era stato consigliato da quello che ora è uno dei miei prof di corso, che l’anno scorso aveva gestito il laboratorio di una settimana introduttivo alla critica cinematografica. Facile da leggere, con riassuntini a fine capitolo e un’impaginazione chiara. Utilissimo.

Halloween: dietro la maschera di Michael Myers è un saggio che analizza i film della celebre saga anche dal punto di vista storico. Ovviamente essendo non di quest’anno mancano gli ultimi capitoli del reboot. Credo di averlo acquistato l’anno scorso a scuola!

Marilyn Monroe – Icone è un libretto che analizza la storia e l’iconografia della bionda diva. Ironia della sorte, lo lessi mentre Blonde stava uscendo e faceva scalpore! Poi Blonde non l’ho più visto, ma nemmeno mi interessa particolarmente. Il libro è veloce e conciso, dev’essere stato in una qualche collana in edicola; ovviamente di ‘ste collane prendo sempre il primo numero perché costa un solo euro.

E voi? Conoscete qualcuno dei libri che ho letto? E quanti libri avete letto nel 2022? Ovviamente io nella conta non ho incluso fumetti e riviste, eh! Ciaone!

Le mie letture nel 2021

Buongiorno! Oggi torniamo a parlare di letteratura con la lista riassuntiva delle mie avventure letterarie svolte durante l’anno appena trascorso; irrealisticamente, sono state tutte letture positive!

Nel 2021 ho letto ben 10 libri più alcuni numeri di manga, una grapic novel su Swamp Thing (o erano tre numeri riuniti in un libro figo?) e ben 9 numeri del magazine Ciak. Qui parleremo solo di libri che siano romanzi, saggi o racconti, per gli altri cliccate qui.

Iniziamo:

Dorian Gray. Elegante e veramente lussureggiante, la narrazione unisce il piacere dei sensi alla depravazione dell’omicidio senza remore. Interessante è che l’autore fosse stato accusato di spingere i giovani all’omosessualità, ma nel romanzo non ci sono accenni a relazioni gay o bisessuali; l’unico dettaglio potrebbe insinuarsi nel passato osceno di Dorian con cui lui ricattava i giovani rampolli della società che era solito frequentare.

Dall’elegia di Tibullo alla favola di Fedro: antologia di testi poetici commentati. Non posso dire sia stata una lettura divertente, chi la troverebbe divertente? Però è stato interessante, è un utile libro per approfondire le proprie conoscenze, io lo consiglio.

Frankenstein. Qui sono mesi che mi mangio le mani: ho cercato una bella versione per mesi ma non l’ho trovata, compro una versione bruttissima per ragazzi (con le spiegazioni delle parole desuete a lato) con l’assicurazione della commessa che il testo non era ridotto o semplificato; una settimana dopo esce in edicola la collana dei Maestri del Fantastico, quella con le copertine stupende. Fuck you.

Jane Eyre. Sicuramente una delle letture preferite dell’anno, amavo gli sceneggiati e ho amato questo libro. E poi, dal mio studio al liceo sembrava che Jane alla fine facesse la badante (dell’amato) povera in canna, quando in verità lei sì farà praticamente da badante ma comunque ha ereditato una discreta somma; quindi è un lieto fine perché stanno insieme ed è ricca!

Romeo e Giulietta. Letto in madrelingua con la traduzione a fronte se avevo problemi, è stato sicuramente istruttivo ma anche noiosetto; troppi dialoghi e poca narrazione. Poi inizialmente ho pure avuto problemi a leggere perché c’erano alcuni cambiamenti alle parole per la metrica e quindi non capivo mai (per esempio) a quale declinazione di “have” si stesse riferendo, oppure anche “of” cambiava, credo. Casini.

Cratilo. Non amo molto i dialoghi platonici, questo era interessante perché spiegava l’etimologia delle parole. Ma non mi sento di consigliarlo se non ai diretti interessati.

Cruel as the grave. Seconda lettura in madrelingua dell’anno, si tratta di un avvincente thriller storico ambientato ai tempi della regina Eleonora: il suo Queensman deve snodare intricati problemi politici e al tempo stesso capire chi ha ucciso una povera ragazza. Stupendo, ve lo consiglio!

Evoluzione storica e stilistica della moda, il novecento: dal liberty alla computer-art. Questo è diventato parte della mia biblioteca da blog e racconti, parla dell’evoluzione della moda dai primi del ‘900 fino agli anni ’80 e quindi, beh, con tutti quei modelli spiegati nel dettaglio arrivando a spiegare perfino gli oggetti e i traguardi dell’epoca, contestualizzando quindi anche il perché di certi cambiamenti di costume, è un piccolo manuale del vestito!

Uno straniero allo specchio. Stupendo romanzo scritto dallo sceneggiatore premio Oscar Sidney Sheldon, quello che ha scritto tra gli altri Vento di primavera. Il romanzo è intriso dei costumi di Hollywood, dei suoi scabrosi angoli nascosti che rovinano la vita, delle stelle che lo compongono, degli spettacoli maestosi. Ho adorato leggere il romanzo, ve lo consiglio, sia che siate cinefili sia che siate maniaci delle letture!

Fiabe dei fratelli Grimm. Lo ammetto, ci ho messo tre mesi a concludere la lettura di questo mattone, ma erano più di mille pagine e una fiaba per essere apprezzata non può essere letta subito dopo la precedente! Alcune le conoscevo, altre mille no. Interessante è che alcuni schemi di narrazione sono presenti in moltissime, è facile riconoscere alcune basi su cui sono state costruite tutte le fiabe successive; e la tradizione orale spiega perché ci siano così tante storie simili.

Per me, è perfetto come Dorian vero?

Ecco, siamo arrivati alla fine dell’articolo! Come al solito, vi lascio qualche link interessante alla fine, qui sotto, e vi saluto. Ciao!^^

Le mie letture 2020: qui.

Le mie letture del 2019: qui.

Le mie letture estive: qui.

Il mio racconto Il Buon Doriano, ispirato alle fiabe: qui.

Il mio racconto ispirato alle fiabe: qui.

Io quando entro in una libreria o un’edicola che vende libri!

Racconto originale: Luminosa

Era stata una giornata soleggiata, calda.

Quando aveva posato il pettine d’avorio lavorato a mano e scolpito con le figure di un fiore morente, quando lo aveva posato sul comodino al fianco del letto non avrebbe mai potuto immaginare cosa quel giorno le sarebbe successo. Le sue labbra umide erano annoiate, passava il tempo a mangiucchiarsele mentre con le unghie nere con pois argentei tamburellavano sul tavolino servitore in mogano. Quando aveva posato il pettino d’avorio la luce del mattino la cercava, ma nonostante la luminosità della stanza quell’esile raggio non riusciva a oltrepassare la testata del letto: lei era nell’ombra mentre l’insegnante paonazzo di sudore farneticava davanti a una lastra nera piena di decorazioni inutili.

Era stata una giornata soleggiata, calda. Luminosa.

La aveva infastidita parecchio avere subito il dovere di sprecare una delle rare giornate di sole nella sua camera, dentro all’ombra con l’apparecchio appoggiato al mogano sulle lenzuola di lino rosso. Era stanca di dovere passare le giornate chiusa in casa, come se fosse una vergine chiusa in attesa che un signore le facesse la proposta di matrimonio; prima di passare di proprietà. Pure in quella giornata chiaramente soleggiata, per quanto le tende nere tirate potessero lasciare intendere, era dovuta restare in casa ad ascoltare ciò che quel noioso aveva da dire al resto della classe.

Era stata una giornata soleggiata, calda. Luminosa. Sprecata ad ascoltare.

I lunghi capelli d’oro, quasi scolpiti e manipolati in lunghi ricci con gli attrezzi del divino Efesto, le incorniciavano il viso lentigginoso. Era bianca, come il latte più puro senza alcuna impurità. Solo le lentiggini rosse sul naso e le guance rosee dipingevano distrazioni possibili a quegli occhi viola, scuri, profondi, in realtà di un blu così oscuro che la gente osservandola potesse ingannarsi di adorare una dea scesa in terra. Li aveva appena pettinati, lo strumento bianco era ancora posato sul comodino a fianco del letto a comodino, ma aveva subito ripreso a passarseli tra l’indice e il dito medio; il resto delle punte le coprivano il corpo che le lenzuola non erano in grado di coprire. Sospirava intrappolata nella trappola di mogano. Molte volte gli occhi le cadevano verso la testata, verso l’unica finestra, verso l’unico balcone della stanza; prontamente coperto con scuri tendaggi dalle servette imbecilli.

Era stata una giornata soleggiata, calda. Luminosa.

Era stata una giornata lunga e calda. Se qualcosa fosse successo lei se ne sarebbe accorta: ore passate rintanata a letto ad ascoltare un professore ciarlare mentre lei era rinchiusa nelle proprie stanze per studiare. Erano settimane, poi mesi, ora perfino anni che le costrizioni la costringevano a rimanere costretta a letto o se osava uscire costretta a indossare una maschera che nascondesse il naso e la bocca che tanti sventurati bramavano ma che lei non aveva mai concessa. E passava le ore con il suo strumento, di dolori e di piacere, di assuefazione e di dipendenza, per ascoltare ciò che i professori dal vivo non potevano ascoltare, per comunicare con persone non incontrate mai veramente o conosciute profondamente. Stava costretta a letto perfino in una giornata luminosa. Calda. Come lei.

Era stata una giornata calda.

Ma fu quando il computer si spense che rimpianse totalmente di non stare correndo a piedi nudi nel parco della sua villa che soleva chiamare giardino! Quando ogni attività nel mezzo si spense, lo schermo si oscurò e il riflesso di una deliziosa e pura ragazza dai capelli d’oro e le labbra fragolacee si mosse.

Luminosa.

Mentre si riprendeva dal suo spavento ignominioso, si accorse che aveva scalciato dal terrore: il tavolino appoggiato alla pelliccia di orso bruno che le fungeva da coperta si era ribaltato, con esso il congegno elettronico ormai irreparabilmente spezzato nei due pezzi della sua conchiglia. I lunghi capelli non erano più posati sui seni ma avevano deciso di plasmare la figura di una calda nube del tramonto senza vento, sparsi nell’aere, le labbra rosse si erano contratte in un urlo osceno, gli occhi viola si erano dilatati prima di venire racchiusi nelle palpebre per lunghi ed estemporanei minuti. Quando si riprese, si tirò a sedere, guardò alla propria destra e trasalì, coprendosi la propria viva purezza con la pelliccia morta: non era sola.

A osservarla in piedi si stagliava una donna altera, bella, di trascendente potenza. I lunghi capelli ricci le ricadevano mentre un sole splendente e luminoso li irradiava come fossero una piccola massa astrale capace di illuminare lo spazio circostante. Gli occhi blu così profondi da apparire violacei agli occhi esterrefatti della ragazza la fissavano rilassati, mentre le belle labbra scarlatte sorridevano placidamente. Indossava una veste trasparente che nascondeva in bella vista il corpo scolpito nella grazia divina, la copriva come se fossero state le lenzuola strappate via dal materasso di un letto a baldacchino, se si sforzava molto concentrandosi in tutta quella magnifica immensità, la ragazza poteva anche scorgere quelli che sembravano peli marroni sparsi sulla veste come se qualcosa simile ad una pelliccia vi fosse stata posata fino a un attimo prima. Ma erano gli occhi così profondi da apparire violacei agli occhi esterrefatti della ragazza che ne catturarono definitivamente l’attenzione: erano calmi, uno sguardo calmo, calma fu la voce che la ragazza udì:

«Ave, Maria, grátia plena, Dóminus tecum. Benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui, Iesus. Sancta María, Mater Dei, ora pro nobis peccatóribus, nunc et in hora mortis nostrae…»

E si inchinò mentre la ragazza, studentessa modello di un liceo classico, sbarrava gli occhi nei pressi della propria turbazione per gli eventi che sconvolsero la sua giornata calda, torrida e soleggiata passata fino a quel momento nell’ombra.

Le mie letture del 2019

Buongiorno, oggi ho voluto condividere le mie letture svolte durante l’anno 2019. Tutti i libri che consiglio o sconsiglio hanno un loro commento all’interno dei miei due blog in cui spiego al momento della lettura perché mi siano piaciuti o meno. Alcune scelte saranno scontate perché li avrete già letti e sono i miei cavalli di battaglia; altre invece vi sorprenderanno!

Libri che mi sono piaciuti:

Libri che non mi sono piaciuti:

Questa è la mia lista di letture del 2019. Ora sto finendo una guida ai codici comparati del cinema e del fumetto; in futuro leggerò il libro che mi è stato regalato per Natale e credo proprio che continuerò la lettura di guide al cinema: una all’erotico o al porno e una direttamente sul tipo di inquadrature e il loro significato. Inoltre, mi è rimasta la voglia di leggere Le streghe di Eastwick, nata in me alla visione del film.

Quali sono le vostre letture del 2019? Conoscevate tutti i libri che avete visto nelle due liste? Siete d’accordo su tutto o ho appena bestemmiato?

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Puzza de sterco ma lo sterco ha fertilizzato il mio 2019 xD

Book tag: Would you rather…?

Buongiorno! Oggi voglio proporre una tag che ho conosciuto grazie a Eleonora, una blogger che seguo e che parla essenzialmente di letteratura; potete trovare la sua tag qui. Questa tag è molto simpatica perché è incentrata sui libri e non partecipando a nessuna catena da un po’ di tempo ho deciso fosse un bel modo per passare la parola!

Le domande sono:

  1. PREFERIRESTI LEGGERE SOLO SAGHE O AUTOCONCLUSIVI?
  2. PREFERIRESTI LEGGERE SOLO AUTORI MASCHILI O FEMMINILI?
  3. PREFERIRESTI COMPRARE SOLO IN LIBRERIA O SU AMAZON?
  4. PREFERIRESTI CHE I LIBRI DIVENTASSERO SOLO FILM O SERIE TV?
  5. PREFERIRESTI LEGGERE SOLO CINQUE PAGINE AL GIORNO O CINQUE LIBRI A SETTIMANA?
  6. PREFERIRESTI ESSERE CRITICO PROFESSIONISTA O AUTORE?
  7. PREFERIRESTI DOVER RILEGGERE SEMPRE I TUOI VENTI LIBRI PREFERITI O LEGGERE TUTTO FUORCHÉ QUELLI?
  8. PREFERIRESTI ESSERE UN BIBLIOTECARIO O UN LIBRARIO?
  9. PREFERIRESTI LEGGERE SOLO IL TUO GENERE PREFERITO O TUTTO FUORCHÉ QUELLO?
  10. PREFERIRESTI LEGGERE SOLO LIBRI FISICI O SOLO EBOOKS?

Quindi bando alle ciance e cominciamo!

  1. Alle medie non ho fatto altro che leggere saghe letterarie: Harry Potter, Percy Jackson, Starcrossed, Hunger Games, Gli eroi dell’Olimpo, Eragon ecc ecc ( sì, avevo molto tempo da buttare se sommato a quello speso per le sitcom di Italia1 ); ora tuttavia devo ammettere che preferisco libri autoconclusivi oppure tronco la saga al capostipite; forse perché ora a pagare i libri che leggo sono io!
  2. Io non bado mai se l’autore è maschio o femmina, ma invece mi baso solo sulla piacevolezza della lettura e sui temi trattati.
  3. Io preferirei cercare nei negozi o sulle bancherelle, ma devo ammettere che certi libri rari come la mia guida al cinema porno o libri in inglese li ho trovati solo ordinandoli su Amazon. Vanno bene entrambi.
  4. Sul mio blog ho ospitato più volte comparazioni tra libro e il suo adattamento cinematografico e molte volte la fedeltà viene a farsi benedire molto facilmente; inoltre, sono due media molto diversi, quindi direi una serie televisiva fatta come si deve: lunga, molti episodi, cast solido ed estrema fedeltà di temi. King è la dimostrazione vivente che un buon libro non sempre si traduce in un buon film.
  5. Solo cinque pagine al giorno, di solito leggo andando alla uni. xD
  6. Preferirei essere un regista, ho delle idee in testa a livello visivo, è molto difficile tradurle in lettere. Ma anche il critico cinematografico o letterario che sia sembra molto intrigante!
  7. Una volta rileggevo sempre i stessi libri, soprattutto Harry Potter e Starcrossed, ma ora tendo a rileggere poco. Meglio la novità.
  8. Librario, una paga migliore e soprattutto direzionare gli acquisti dei compratori se mi chiedono consiglio!
  9. In verità non ho un genere, forse preferisco i thriller ma non ne sono sicuro; ecco, so che non sopporto i fantasy su carta e gli horror raramente mi spaventano. Forse basta variare e scoprire cosa c’è che possa ispirarmi.
  10. Gli ebooks non mi piacciono, ho bisogno di sentire la carta sotto le dita, sfogliare una pagina e mettere il segnalibro al nuovo capitolo al quale sono arrivato. Meglio i libri cartacei.

Queste sono le mie risposte, spero vi siano piaciute e che vi abbiano intrigato a proporne di vostre! Ciaone a tutti, chiunque voglia continuare la catena ha la mia benedizione!

schero-blog
Il mio vecchio logo **

The Seventh Son

 

The Seventh Son è un libro fantasy scritto da Joseph Delaney, contenente i primi due libri della saga The Wardstone Chronicles e il prologo del terzo. Letto in madrelingua, i suoi racconti sono semplici ma molto belli e coinvolgenti perché presentano gli orrori di un mondo governato da sanguinarie creature della notte e da letali inquisitori; il tutto filtrato dagli occhi un tredicenne che ha da poco lasciato la famiglia per scoprire il proprio destino nel mondo.

Commento generale al libro:
Leggere un intero libro, due romanzi, in inglese è stata un’esperienza sicuramente interessante ma anche se la narrazione risultava scorrevole e capivo il senso generale è stato anche tremendamente stancante; positivamente posso dire che comunque ho appreso nuove parole come lad e nuovi modi di parlare come quelli caratteristici di Alice o del Bane!

The Spook’s Apprentice è il primo libro e narra di Tom Ward, settimo figlio di un settimo figlio e quindi predisposto al paranormale, del suo viaggio come uomo e apprendista di un cacciatore di Streghe. Il romanzo segue la classica linea del racconto di formazione: all’inizio è un ragazzino semplice e pauroso, alla fine del libro abbraccerà finalmente il suo futuro dopo essersi messo alla prova con la malvagia strega Mother Malking, anche grazie all’aiuto della sua nuova e ambigua amica Alice. Libro che scorre molto bene, Tom non è un diamante fin dall’inizio ma invece è un carbone che viene temprato grazie alla formazione scolastica che gli impartisce il suo maestro e capo e alla crescita interiore che subisce durante gli eventi.

The Spook’s Curse è il secondo romanzo della saga e si concentra sempre sull’apprendistato di Tom. Qui i personaggi principali vengono approfonditi e viene affrontato il tema dell’ambiguità morale: dal male può nascere il bene come Alice lo dimostra e dal bene può nascere il male, testimoniato dal Bane e da ciò che esso spinge l’Inquisizione (barlume della Chiesa) a fare. Se nel primo libro l’antagonista principale era una strega, qui il male è rappresentato da un’entità che in italiano è traducibile con “rovina” e che è capace di corrompere le persone con cui viene a contatto. Il libro ci mette molto a ingranare ma da quando Tom arriva a Priestone la storia è molto più bella; mi è piaciuto il Bane e come agisce, mette veramente un senso di pesantezza e le scene nelle catacombe rendono molto il senso di claustrofobia.

In generale, i due romanzi sono belli, mi hanno ricordato un po’ la struttura di Percy Jackson ma dalla loro hanno un mondo gotico veramente inquietante e per un ragazzo delle medie potrebbero essere un bel passo verso la letteratura dell’orrore. Consigliati!

~ Tratto da: Fonte

 

Notte Morta

Notte Morta
È la sera del 31 Ottobre. Cammino solo guardando nell’oscurità i bambini che, veloci come le enormi libellule della terra, volano tra le strade. Le loro risate risuonano allegre nella notte, odo i loro passi risuonare nel cemento accompagnati dal cigolio degli zuccotti di plastica arancione straboccanti di dolci delizie. Sorridono, ignari dei dolori che governano il mondo, protetti dai loro genitori che tengono al guinzaglio i cani festosi.
Cani, che parola magnifica. Anche io una volta ne avevo uno, un cucciolo dal manto morbido e con baffi enormi del colore della crema. Per lui ero il suo dio, non faceva altro che adorarmi. I suoi occhioni neri come la pece mi scrutavano imploranti quando apparecchiavo la mia tavola ricca di carne, in attesa di un regalo; in quei momenti era particolarmente affettuoso. Uggiolava, perfino. E ora non c’è più, il candelabro spettrale se lo è portato via; l’ultimo ricordo che ho di lui è un’oscura luce. Il mio Dylan non c’è più, anche se ultimamente ho visto spesso un altro essere simile sebbene alquanto diverso.
Lo chiamano Absol, colui che è portatore di catastrofi, dicono. Mi ha fatto visita due volte: la prima al funerale di mia madre, pace all’anima sua, e l’altra a casa mia, leccandomi sinistro la mano pendente fuori dal lenzuolo mentre dormivo. Entrambe le volte sono riuscito a scorgere solo un bagliore chiaro nell’oscurità. Entrambe le volte mi è sembrato che i suoi stanchi e solitari occhi vuoti scrutassero la mia anima, cercando di comunicare un messaggio che evidentemente non ho compreso.
Le risate risuonano nelle strade lugubri gioviali, in contrasto con il mio animo. Dylan mi ha lasciato e non tornerà più e non riesco ad accettarlo. Mi sembra ieri che mi toccava con il suo tartufo la gamba e si aspettava le carezze, fiducioso, mi ricordo le serate passate da solo ad ascoltare la musica mentre studiavo, con il mio Dylannone a fissarmi devoto. Cucciolo. Il candelabro me lo ha strappato lasciando a me solo le sue carni, vuote. Lo ha rapito aiutato dalla solitudine, in giardino, dove sciagurato lo ho lasciato stanco. Non so come è morto, forse era troppo buono e il cuore non ha retto, forse il freddo con tutto il pelo che ha perso durante le cure. Il mio animo è corrotto da questo dubbio, non trovo riposo. Ma ora tra poco potrò chiederlo al lui, il mio cucciolone: la luna non è più chiara e bianca, ma emana una luce viola e debole come quella di una candela.Aspettami, mio Dylan, tra poco potrò di nuovo accarezzarti.