Scout: l’esperienza di una vita

Buona caccia, buona strada e buongiorno. Sono Antonio C., ma potete chiamarmi anche Tortora dell’Antico Idioma, e questa è la mia relazione contenente le riflessioni che ho sviluppato durante il lungo e studiato percorso che ho intrapreso per la mia Partenza.

Il mio percorso nello scoutismo è iniziato quando avevo otto anni, un bambino in età da Lupetto, e si è sviluppato tra alti e bassi per più di una decade, arrivando fino ad oggi ben tredici anni dopo; le tre fasi della vita di uno Scout -Lupetto, Scout e Rover- sono ben divise l’una dall’altra per quanto riguarda emozioni, ricordi e memorie di eventi positive o negative che siano, ma se dovessi riassumerle tutte e tre con un’unica parola sceglierei senza alcun dubbio la parola ‘passione’.

I Lupetti sono stati un periodo molto bello della mia vita, li ho vissuti in tutta la loro durata triennale dagli otto agli undici anni con il branco Fiore Rosso; ho sempre fatto del mio meglio, per loro ci ho messo la passione di un bambino ridente con i suoi occhi azzurri e la faccia paffutella! Il metodo della branca gialla, l’insegnamento attraverso il gioco e le facili figure della Giungla, mi è sempre stato fonte di grande gioia e divertimento, quando vedevo i miei Vecchi Lupi impersonare personaggi macchiettistici non riuscivo a scorgere dei ragazzi con addosso un abbigliamento inusuale ma invece grandi generali venuti a cercare un esercito, registi in cerca di attori o artisti circensi desiderosi di osservare le doti atletiche del branco. A testimonianza di tutto ciò ho mantenuto il mio Diario Caccia, un piccolo quaderno in cui ero solito scrivere le mie avventure all’interno della grande famiglia felice qual era il mio Fiore Rosso: lupettiadi, strani figuri, epiche sfide a giochi sport ed enigmi irrisolvibili; tutto questo mi ha accompagnato durante tre anni molto belli della mia infanzia.

Tuttavia, se la branca gialla era stata sinonimo della gioia del bambino, quella verde ha rappresentato un periodo di grande sofferenza ed emarginazione. Quando iniziai gli Scout stravolsi completamente il mio mondo: scuola lontana da chiunque conoscessi, allontanamento graduale dalle vecchie amicizie e infine un mondo Scout molto più rigoroso e grigio. Se il primo anno in squadriglia era stato strano ma interessante, gli anni successivi furono totalmente frustranti a causa dell’inadeguatezza dei miei capisquadriglia nel gestire un ragazzino timido e la cui autostima scendeva sempre più in quanto non vedeva alcun progresso o miglioramento; credo che il colpo peggiore sia stato al quarto anno, quando vidi un ragazzo di un anno più giovane sorpassarmi nella scala meritocratica e prendere il ruolo di vicecaposquadriglia, nessun tentativo di miglioramento sarebbe stato utile. La passione degli anni di Scout è stata la solitudine che cresceva dentro la mia persona, ho scoperto in quegli anni quanto la vita campestre fosse parallela alla mia, che non si sarebbero mai toccate e che se gli altri riuscivano pian piano ad adattarvisi io potevo solo sopravvivere sperando che quegli anni bui fatti di derisione sarebbero cessati prima o poi; il problema non era nemmeno l’essere riassunto come lo strano, il particolare, il disadattato che procurava solo guai, ma invece la graduale lontananza tra me e coloro che reputavo amici solo qualche anno prima! Ciononostante, anche se non avrei mai potuto apprezzare pienamente mentre la vivevo la vita come Scout, questa stessa vita mi aiutò ad approcciare la scrittura: ero il migliore a scrivere i Libri di Marcia e il rigore con cui l’ultimo anno mi approcciavo al campo mi aiutò a sopravvivere in un mondo di cui contavo i giorni per sapere quando sarebbe cessato di esistere per tornare a casa.

E se la vita da Scout fu  un tormento, quella Rover è stata una rinascita. Finalmente ero scappato da quel sistema nonnista, dai capisquadriglia e anche se il mio anno di noviziato non fu dei migliori, finalmente, finalmente alla fine vidi una luce per i miei splendenti occhi di tempesta; una saetta finalmente li attraversò. Grazie al mio percorso da noviziato ho iniziato a conoscermi meglio, ho visitato per la prima volta l’Inghilterra e Londra! A dire il vero non ho grandi ricordi di quel periodo, stavo maturando molto a livello personale, non ricordo nemmeno chi fosse il Maestro dei novizi. Quando iniziai a fare servizio fu un evento ancora più felice perché finalmente ritornai a uno dei periodi più felici della mia infanzia cercando allo stesso tempo di renderlo speciale ai nuovi Lupetti; inoltre, conobbi il mio boss, l’Akela del branco Fiore Rosso: simpatico, determinato e preciso, mi aiutò molto a migliorare con gli impegni fino a diventare sempre più puntuale e affidabile con incarichi di fiducia sempre maggiore. Non dimenticherò mai il giorno in cui cambiammo sede e arrivai in ritardo di un’ora e mezza. Ciò che apprezzo dei miei anni prima come Chikai e infine come Bagheera è la possibilità che mi era stata data di poter condividere la mia passione per il disegno durante le attività di branco e per la scrittura con qualcuno bravissimo a raccontare e creare storie; mi ha formato tanto, ora so gestire abbastanza bene un branco e sto aiutando a Sacro Cuore grazie alla formazione di quell’Akela e per il campo di formazione a cui fui mandato -là pure mi chiesero se ero stato obbligato ad andarci ma invece fu una mia scelta! E se con i Lupetti del Fiore Rosso mi sono divertito molto anche creando cartelloni e gestendo attività con altri Vecchi Lupi con Akela assente, non mi è piaciuta per niente la mia esperienza alla Caritas. Solo frustrante. Ora sono attualmente a fare servizio presso il branco di Sacro Cuore, sono Bagheera e devo dire che tornare un’ultima volta ai Lupetti proprio nel mio ultimo anno mi sa di un bellissimo ciclo che finalmente trova la sua fine: sono cresciuto molto da quando ho compiuto otto anni, ho perso la mia immagine distorta di un essere inutile senza alcun pregio e finalmente mi sento pronto ad affacciarmi alla realtà che mi circonda consapevole almeno di una parte delle mie capacità.

Non mi sono mai totalmente identificato come uno Scout o un Rover ma invece come un ragazzo che frequentava ambienti scoutistici. Prima di tutto ero un ragazzo con problemi a socializzare, molto insicuro e bistrattato sotto molti fronti. Esemplare è il mio vissuto riguardante l’associazione Sogno Numero 2.

Avevo iniziato a frequentare il Sogno Numero 2 partecipando a un loro campo estivo nell’estate tra la terza media e la prima superiore; all’epoca, ero in una squadriglia che mi rendeva veramente insoddisfatto e il periodo negli Scout era tra i meno rosei mai vissuti. In quel campo avevo trovato alcune caratteristiche positive come una maggiore accoglienza e una casa in cui stare al posto del solito campeggio brutto e scomodo; partecipai a quattro campi di quell’associazione. Con il passare degli anni iniziai a preferirla a quella scoutistica perché se una mi aveva deluso con la promozione di un ragazzo più giovane per un ruolo che al tempo ritenevo fosse mio per anzianità, l’altra iniziava man mano a offrirmi ruoli sempre più di rilevanza durante i campi. Tuttavia, non tutto ciò che luccica è oro e prezioso: anche là, anche se ci provavo non riuscivo a entrare nella rete di amicizia degli altri ragazzi; certi aspetti dei ‘campeggi’ mi facevano storcere il naso come l’alzabandiera e l’ammainabandiera quando non spiegavano nemmeno cosa significassero per l’associazione; la totale centralità d’importanza del fondatore, che ci imponeva di ascoltarne le orazioni la sera anche se stanchi. E poi come mi hanno allontanato così d’improvviso dopo il quarto campo. Quell’anno ero stato rimandato in storia e matematica e avevo fatto i salti mortali per poter partecipare al campo estivo, ma ce l’avevo fatta con estrema soddisfazione, anche se mi stavo allontanando dalla loro ideologia, già allora il mio carattere problematico da gestire si stava evolvendo in una maggiore indipendenza ideologica e una maggiore autonomia di pensiero grazie alla mia testardaggine; in pratica dopo il campo mi mandarono un messaggio in cui mi dissero di non presentarmi più al gruppo.

Questo evento all’inizio mi aveva devastato moltissimo, erano mesi che non piangevo tanto. Ma poi fu proprio quello che mi spinse a dare maggiore impegno negli Scout: li conoscevo fin da bambino, anche se i rapporti erano strani e forzati erano quasi una famiglia e mi piaceva l’idea di risorgere all’interno del gruppo.

Fu così che divenni Fenice.

Ho voluto condividere tutto questo per allacciarmi al tema di questa mia riflessione, la comunità. Per impostare la scrittura di questo testo ho dovuto suddividere questa parola in due riflessioni differenti: la comunità Scout e la comunità religiosa; perché a quanto pare sono uno Scout cristiano e non laico.

La comunità Scout per me è sempre stata motivo di grandi distinzioni perché la mia persona, come carattere, apprezza molto la categorizzazione di eventi, persone e ricordi. E per me la comunità è suddivisibile in due grandi categorie: coloro che hanno provato a migliorarmi come persona grazie a fiducia, incoraggiamenti e buoni esempi; coloro che hanno solo peggiorato la situazione con comportamenti imbarazzanti nei miei confronti o imbarazzati da me. Ciononostante, sono una parte importante di me e mi hanno aiutato a maturare e vivere: gli Scout mi hanno fatto piangere molto, ma mi hanno anche fatto ridere. Con gli Scout ho avuto moltissime esperienze, un vissuto molto lungo, fanno parte di me e di loro, potrei dire che sono l’impegno più lungo che porto avanti da una vita. Forse alcune delle persone che ho incontrato durante il mio cammino all’interno della comunità non avranno completamente la mia stessa veduta di opinioni o gli stessi orizzonti condivisibili, ma da quando mi hanno accettato nel Branco del Fiore Rosso hanno sempre potuto contare sulla mia lealtà e io sulla loro.

Riguardo alla comunità cristiana, qui casca l’asino. Ho fatto il Battesimo, la Comunione e la Cresima, ho fatto molti anni di catechismo e ho letto molti passi della Bibbia. Tuttavia, non credo nella religione positiva anche se ho intrattenuto molte conversazioni di natura teologica con diversi preti; è stato interessante riflettere sul tema della comunità in chiave cristiana perché secondo me la comunità cristiana è molto ossimorica: dovrebbe essere aperta ma molti razzisti e omofobi derivano da una grande religiosità quasi fanatica; predica la povertà di Cristo all’interno di grandi palazzi da centinaia di migliaia di euro come minimo con i preti che indossano vesti ricamate ricavate da un intero mercato di merce sacra. Ho sempre trovato la Chiesa leggermente antitetica in ciò che dice e fa, ma questa è la vita. Ho dovuto riflettere sul tema della comunità e mi è stato consigliato il capitolo cinque del Vangelo secondo Luca e secondo me è perfetto per mostrare quanto la Chiesa si predichi aperta: Gesù perdona i peccatori, salva i ciechi ed eleva a pescatori di uomini due pescatori incapaci di riempire le loro reti da pesca; secondo questo testo, chiunque può entrare in Chiesa, chiunque può pregare Dio perché Dio perdona chiunque anche se peccatori. Questo messaggio è sicuramente molto forte, massimizza ottimamente la filosofia della religione cristiana cattolica: ama il tuo prossimo come ameresti te stesso; e si sposa altrettanto bene anche con questa massima: ama te stesso come ameresti il prossimo. Purtroppo molta gente non riesce a comprenderlo e come già citato sopra si preferisce scagliarsi contro lo strano o il diverso; molti potrebbero pensare che siano in contraddizione con il messaggio di comunione della religione cristiana, ma dopo una lunga e accorata riflessione sono giunto a pensare che invece sono proprio queste persone che hanno bisogno di credere in Cristo almeno abbastanza da riuscire a scorgerlo, per esempio, in colui che sbarca da un barcone in Sicilia.

Non so se questo mio testo sconclusionato possa essere definito riflessione, ma questa è la riflessione che ho studiato per legittimare la mia Partenza, per dimostrare di essere in grado di partire verso il mondo vero con spalle capaci di sopportare il peso del futuro e di diventare giganti per i nani del futuro. Il mio percorso nelle comunità Scout e cristiana si è evoluto con la mia persona con passione e forza perché io, a differenza di molti altri, tra sofferenze e gioie, discriminazioni e vittorie, ho sempre cercato di portarlo a termine nel migliore dei modi.

Nel mio futuro come R.S. del mio Gruppo e non più del mio Clan mi impegno a portare avanti i valori della comunità Scout che mi sono stati insegnati e portare rispetto e conoscenza verso quelli cristiani a cui sono stato iniziato molti anni fa. Non nascondo il fatto che dal prossimo anno vorrei iniziare a lavorare per cui il tempo da dedicare al servizio potrebbe diminuire drasticamente, ma dopotutto credo sia pure fisiologico: attraverso il lavoro e la negazione di se stessi siamo in grado di scoprire parti di noi prima sconosciute e quindi il volontariato sotto la guida di una persona più esperta di noi del mondo non può che giovare alla nostra costruzione come cittadini del mondo; tuttavia, oramai sono uno studente universitario, sto per approcciarmi al mondo del lavoro, posso votare già da molti anni e quindi è necessaria una svolta per permettermi di fare cadere le piume grigie e permettermi di indossare quelle bianche, belle e regali. La comunità Scout anche se in modi diversi ha sempre significato tanto perché è composta dalle persone che ho apprezzato o che mi hanno reso infelice nel corso di ben tredici anni e che continueranno a sconvolgermi anche per i mesi a venire anche solo perché ho un servizio al Branco di Sacro Cuore da portare avanti. Spero solo che la mia poca esperienza possa essere utile a qualcun altro e di riuscire a dare ad altri l’affetto e la fiducia che mi sono stati rivolti, la pazienza e il coraggio di andare oltre i difetti per scorgere le qualità e quindi di offrire una visione d’insieme equilibrata ma sempre particolareggiata secondo la mia persona.

Arrivederci.

Quello che avete appena letto è la relazione che ho scritto per la mia Partenza, che ho fatto alla fine del Campo Invernale durato nei giorni 29 e 30 Dicembre 2019. Questo evento è stato molto importante per me perché sinceramente non credevo ci sarei mai arrivato.

Con la Partenza, cerimonia con la quale divento un R.S. e lascio il clan per entrare nel Gruppo, sento di avere chiuso un ciclo e di essere entrato ancora di più nella fase adulta della mia vita. Con la Partenza ho chiuso il mio ciclo negli Scout come ragazzo e mi approccio ora come qualcuno con un minimo di esperienza, da trasmettere ad altri più giovani e piccoli.

Ma com’è stato essere Lupetto, Esploratore, Rover?

Come avrete già capito dalla mia relazione, l’associazione si fonda sul volontariato e  quindi la gestione delle tre branche (anche se coordinate da gente con molta esperienza, studiata e con molti anni di esperienza) ha le sue braccia costituite da ragazzi di età al massimo universitaria; ciò che voglio dire è che le intenzioni sono sempre le migliori, ma anche se uomini adulti e consapevoli dell’importanza di ciò che stanno facendo fanno il meglio, queste tre branche sono gestite anche da ragazzi giovani e immaturi e quindi l’esperienza di maturazione e miglioramento personali è valida anche per loro. Alcune branche sono faticose da gestire ma sicuramente hanno dinamiche di accadimenti e interazioni sociali molto più difficile da domare; per un ragazzo di sedici anni sarà pure fastidioso passare i pomeriggi con un branco di bambini urlanti ma per lui è molto più complicato gestire ragazzi pochissimo più piccoli di lui mentre litigano o non riconoscono la sua nuova autorità.

Per me questo viaggio interiore è stato sicuramente complicato e bello, anche se certe volte mi era sembrato di non potercela fare. Riconosco di avere un carattere complicato da gestire soprattutto per chi non mi conosce e alla luce di quanto è successo negli anni e dell’esperienza fatta io stesso come aiutocapo, nei periodi più brutti della mia vita da Scout hanno sempre fatto del loro meglio.

Credo che la branca più difficile da gestire sia quella verde, gli Esploratori, perché sono molti ragazzi tra gli undici e i quindici anni che interagiscono tra loro senza filtri e molte volte con personalità troppo divergenti. Infatti, non mi sorprende che dato il mio caratterino cordiale e simpatico la branca verde sia quella con cui ho sempre avuto maggiori difficoltà; alcuni aspetti non mi piacciono come il leggero nonnismo dettato anche dalla necessità di dare un valore meritocratico alle responsabilità che si danno ai vari ragazzi in reparto (un novizietto non sa fare altro che lavare pentole) ma certe volte quelli che dovrebbero essere i capi delle proprie squadriglie sembrano dimenticarsi di aiutare quelli più piccoli a diventare come loro; e un aiutocapo o il caporeparto non può pensare a tutto e tutti.

Nel complesso consiglio gli Scout perché sono una comunità estremamente inclusiva e non ci chiuderanno mai le porte se non vai bene come invece è successo a me altrove. Ciò che è bello degli Scout è il valore che danno ai ragazzi, sono le possibilità che vengono date per maturare ai ragazzi, che siano da animare con le attività o gli aiutocapi stessi. L’impronta è simile a quella militare e si nota, ma forse è anche questa la sua forza: il tempo che ha accumulato insieme alla giovinezza dei nuovi capi pronti a svecchiare il tutto. Consiglio gli Scout perché mi hanno in parte forgiato, consiglio gli scout perché mi hanno fatto conoscere gente, luoghi e conoscenze che altrimenti non avrei mai potuto conoscere.

accetta della mia partenza
Simbolo della mia Partenza, risplende come il mio sorriso ripensando a quest tredici anni appena trascorsi. Grazie a tutti!