
Quarto potere è un film estremamente moderno anche se risale al lontano 1941. Il modo così discontinuo e frammentario con cui procede la narrazione, con il continuo uso di flashbacks e il protagonista che muore a inizio film. Un’esperienza veramente interessante, con il succo della vicenda mostrato nell’inconsapevolezza dello spettatore proprio nelle prime scene.
Scritto da Herman Jacob Mankiewicz e diretto da Orson Welles (anche coautore), Quarto potere è un film veramente interessante.
Il quarto potere a cui fa riferimento il titolo italiano è quello della giornalistica, usata come arma di propaganda e quasi plagio dei lettori; la prima scena a seguito della morte del protagonista, Kane, è esemplare: con una serie di testate giornalistiche capiamo l’impero che questo fine affarista è riuscito a creare mediante il suo giornale.
Charles Foster Kane invece è un uomo strappato all’amore familiare fin da piccolo per essere cresciuto come un futuro grand’uomo. Questo secondo me lo influenza nella ricerca della propria realizzazione prima di qualsiasi altra necessità, anche a costo di una leggera psicopatia: molti matrimoni in frantumi, un impero realizzato, amici abbandonati e molte imposizioni e battaglie personali contro coloro che non disapprova. Un uomo duro e determinato, mostrato con l’andare della narrazione verso la sua maturità con inquadrature sempre più dal basso a mostrare il potere che emana.
Quarto potere, tuttavia, non è solo un film biografico su un uomo fittizio (ispirato ad uno realmente esistito) ma è anche il racconto di un’investigazione: Kane prima di tirare le cuoia pronuncia il nome Rosabella (Rosebud in originale) e quindi i cronisti iniziano a interrogare coloro che lo hanno conosciuto per capire cosa questo nome possa rappresentare. E’ da queste conversazioni che partono i flashbacks di ciascun personaggio, i quali intrecciandosi danno vita alla rappresentazione della vita del protagonista.
Ironia della sorte, alla fine solo lo spettatore saprà la verità, per un guizzo registico e un dettaglio di un oggetto mandato a bruciare nell’epilogo.
Dal punto di vista tecnico, la sceneggiatura è veramente complicata. In questi giorni ho iniziato a studiare dal punto di vista la sceneggiatura, partendo con una prima lezione introduttiva a Scritture. Mi chiedo se è lo sceneggiatore a scrivere di tutti questi flashbacks, credo sia così giusto? Quindi in sceneggiatura scrive: ambiente, tempo e poi mette “flashback”?
Dal punto di vista registico Quarto potere è esemplare e dimostra tutto il talento di Welles (e per fortuna che aveva quello, dai film biografici che lo ritraggono non ne esce un grande uomo): lasciando stare il fisheye con la sfera di neve ad inizio film, c’è un uso immenso della profondità. Quarto potere è citato nei manuali di film come uno dei primi casi dell’uso esemplare della profondità perché in molte scene è possibile osservare i personaggi muoversi attivamente contemporaneamente su più livelli della stessa inquadratura; e ciò non si era mai visto prima o almeno in produzioni importanti. E poi c’è la frammentazione dell’immaginazione non attraverso l’uso di splitscreens ma mediante manifesti e specchi, che moltiplicano il faccione di Kane in giro per lo schermo. Le inquadrature legati agli spazi ambientali poi sono molto interessanti: nella prima metà del film (quando vediamo quasi solo l’ambiente dell’editoria giornalistica) sono frequenti le figure totali e i campi medi, ma nell’ultima parte (quando c’è la villa) all’interno della stessa sono frequenti i campi lunghi e i campi medi.
Dal punto di vista visivo, mi è piaciuto il trucco e i costumi teatrali che indossa la seconda moglie, gli abiti preziosi della prima moglie e le scenografie usate per la villa. Invece, non ho per nulla apprezzato il trucco usato per invecchiare gli attori, lo sentivo finto come la parrucca che indosserò tra massimo 5 anni per nascondere le calvizie.
Per concludere, Quarto potere è un film stupendo che ho finalmente visto dopo averne studiato e averne sentito parlare così frequentemente. Ma parlando di Quarto potere non posso non citare Mank, un film biografico sullo sceneggiatore nel periodo di scrittura di questo capolavoro (che gli vale l’Oscar); Mank è interpretato da un immenso Gary Oldman e dal film capiamo che il film è un enorme “Ma vattene a fanculo” al produttore cinematografico e giornalista William Randolph Hearst.
Un bel pezzo di storia ancora oggi pieno di pettegolezzi e storia, non trovate?^^
PS: è un problema se ogni volta non faccio mai caso a fotografia e musiche?