I servizi streaming: solo grandi numeri o anche sinonimo di qualità?

Parlando di narrazione seriale, se già con la Pay-TV era in atto una rivoluzione favorita da una maggiore libertà creativa grazie agli abbonamenti degli utenti dei canali televisivi a pagamento, con i siti streaming (Netflix in primis) il mondo è stato totalmente stravolto dal cambiamento: i concetti di quality-TV e nicchia di mercato sono diventati imprescindibili, assieme al binge-watching e all’effetto nostalgia.

Questi siti streaming – di cui Netflix è l’apripista e per adesso il leader, almeno a livello di abbonati – hanno nella propria natura una capacità di miglioramento innata e istantanea poiché sono in grado di valutare, mediante le statistiche delle proprie utenze e delle loro interazioni con il catalogo offerto, quanto le serie televisive e i film proposti siano graditi: è l’utenza stessa che indica la qualità economica e il futuro del prodotto. Successivamente, su tali dati le realtà produttive sono in grado di progettare nuovi prodotti in grado di soddisfare ogni potenziale nicchia di mercato.
Tuttavia, al pari di questa potenza economica (basti tenere presente che servizi come Netflix o Disney+ affermano di aspettarsi ulteriori aumenti di abbonati), è possibile affermare che la qualità dei prodotti offerti da questi colossi di mercato è riconosciuta dai critici e dallo showbusiness?

Per rispondere a tale domanda è interessante studiare l’ultima edizione degli Emmy, andata in onda il 12 Settembre 2022.  
Il premio Emmy, o come gli anglofoni dicono Emmy Award, è il premio più importante per la narrazione televisiva: infatti, è considerato il premio Oscar della televisione. Tale caratteristica rende questo riconoscimento un ottimo materiale di studio per analizzare la ricezione che i siti streaming hanno oggi da parte della critica specializzata e dello showbusiness in generale.


I premi presi in esami per l’analisi sono i seguenti:
– miglior serie commedia;
– miglior serie drammatica;
– miglior attore protagonista in una serie drammatica;
– migliore attrice protagonista in una serie drammatica;
– miglior attore protagonista in una serie commedia;
– miglior attore protagonista in una serie commedia;
– miglior sceneggiatura per una serie commedia;
– miglior sceneggiatura per una serie drammatica.

Quanti di questi premi sono stati vinti da un servizio streaming? Facile da calcolare: degli otto premi presi in considerazione, tre sono stati vinti da un servizio streaming: miglior serie commedia (Apple TV+), miglior attore protagonista in una serie commedia (Apple TV+) e miglior attore protagonista in una serie drammatica (Netflix).

Questa veloce analisi è in grado di palesare come i servizi streaming (quest’anno Apple TV+ in primis) sono nel tempo riusciti ad ottenere credibilità, almeno per la narrazione seriale.
Inoltre, è interessante notare come questo non sia un fenomeno recentissimo: infatti, già nel 2017 la piattaforma streaming Hulu vinceva il premio di miglior serie drammatica per The Handmaid’s Tale, strappando la vittoria alla Pay-TV HBO e al suo colosso Il Trono di Spade. Stesso discorso per il premio alla miglior serie commedia, andato ad Amazon Prime Video nel 2018 per La fantastica signora Maisel.

Per concludere, le tre grandi tipologie di piattaforme audiovisive (i canali televisivi, le emittenti televisive a pagamento via cavo e i servizi streaming) stanno vivendo un momento di grande concorrenza e stanno tutte puntando su contenuti di sempre maggiore fruizione e qualità. I servizi streaming sono le ultime piattaforme riuscite a imporsi sia a livello economico (Netflix alla fine del 2022 vantava più di duecentotrenta milioni di abbonati) sia a livello di percezione qualitativa del prodotto offerto, grazie a una serialità collettiva, glocal ed estremamente eterogenea. Per capirlo basti pensare all’ultimo successo targato Netflix (Mercoledì) o alle serie televisive Marvel di Disney+.

PS: questo è uno dei temi che scrissi per il mio 30 a scritture e prodotti audiovisivi.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Arancia meccanica

Buongiorno! Tre giorni prima dell’inizio dei miei giorni d’inferno consecutivi, oggi torno con la mia penultima visione accademica prima della fine dell’anno scolastico: Arancia meccanica! Gran film e grande esperienza!

Il film ovviamente è un capolavoro, ma si sa che Kubrick era un perfezionista, per cui… scontato no? Quindi, dirò altro: quello che mi ha colpito maggiormente è nelle musiche e nel concetto base.

Le musiche, spesso brani classici o musica pop famosissima, regnano nel film. Non fanno parte della sola colonna sonora ma intessono le scene in un intreccio molto accattivante. La sinfonia di Beethoven, per dire, che unisce amore e dolore. O Singing in the rain, che simboleggia il peccato che il ragazzo non si toglierà mai di dosso. Ma poi la scena del pestaggio? Quando ai colpi inferti dai poliziotti – AKA i suoi ex scagnozzi – venivano contrapposti i bassi?

Il prof dal punto di vista concettuale aveva presentato il film, per quel poco che ricordo, come una società che genera mostri e poi li distrugge. Io non sono propriamente d’accordo, ma nemmeno diametralmente in disaccordo.
Secondo me, il film rispecchia la società inglese: fai quel che vuoi ma fallo dentro le mura domestiche. Se notiamo ci sono segni di alienazione, crudeltà e depravazione pure nel mondo ‘pulito’ mentre il ragazzo ha fatto l’errore di commettere crimini alla luce del sole. Più che una società che genera mostri e poi li distrugge direi più una riflessione sulla Legge e sulla Giustizia.
Poi mi ha fatto ridere che il gruppetto di teppisti glorifichino la violenza ma siano inconsapevoli che ciò abbassi il valore di ciò che è giusto e sbagliato anche tra di loro, e che la polizia sarà ancora più dura nei loro confronti.

Invece, il linguaggio che hanno usato – ho visto il film in inglese con il i sottotitoli – mi ricordava una pronuncia molto British ma con una forma più musicale, quasi teatrale: parole modifiche, neologismi, parole desuete. Molto straniante.

Gran film, è con questo che assieme a Blade Runner ci hanno spiegato il Postmoderno.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La dolce vita

Quasi 3 ore di film e come sentirle tutte. Complimenti al mio PC, che grazie anche alla bassa qualità di caricamento del film se le è fatte tutte prima di scaricarsi.

Di Fellini ho sempre sentito parlare molto, perfino sul Topolino da piccolo. Poi negli anni molti suoi film sono stati citati nelle guide di cinema e il mio cinema d’essai ha un’immagine di Sylvia – Anita Ekberg – sul muro esterno. Poi a scuola ho visto Lo sceicco bianco, e a casa ora a ridosso degli esami questo: La dolce vita.

Che due coglioni eh.

Mi ricordo che il prof parlava del film come l’incomunicabilità: inizia con frasi assordate dalle eliche dell’elicottero e termina con frasi assordate dalle onde. E’ un film episodico con Marcello Mastroianni come anello di tutta la catena.

Credo che la vicenda da me preferita sia quella con Sylvia, quella più allegra e sognatrice. Questa diva che non ha perso lo sguardo da bambina nonostante il corpo chiaramente da donna. Una freschezza che mi ha ricordato Marilyn Monroe, che in quegli anni era al culmine della celebrità.
Invece, l’episodio più triste è quello con il padre. Altra incomprensione, alla fine.

Un film caratteristico, onirico e circense. Promette tanta fantasia e lussuria ma alla fine è estremamente conservatore.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Atlantide

Buongiorno! Pronti per l’articolone di dopodomani? E la ricetta al cioccolata dei prossimi giorni? Beh restate attenti alle mie uscite allora!
Oggi torno a parlare di visioni accademiche con un film proposto dalla nostra prof di fotografia, che è stato diretto da Yuri Ancarani. Per me è un’opera artistica che si ispira al neorealismo: un film fittizio più simile al documentario che alla narrazione classica. Un esercizio estetico e la testimonianza (non so quanto attendibile perché non è il mio mondo culturale stretto) di Venezia.

Sarò sincero: che due coglioni. Se la prof di fotografia ci mostra un film che LEI trova interessante, di sicuro è interessante a livello tecnico, dopotutto lei è specializzata in fotografia e grafica. Ma è un film antinarrativo ed estremamente lungo.

Qua in pratica è facile esercitarsi sul tipo di lenti usate: teleobiettivo o grandangolo? Le luci sono bellissime e i fotogrammi sono spesso quadri. A livello estetico e visivo è molto bello. Ma dopo un’ora l’attenzione crolla.

Se volete guardarlo è su Raiplay. E’ un’opera pluripremiata, girata durante molti mesi. Io l’ho trovata parecchio noiosa, ma per cinefili puristi della fotografia e della ripresa può essere interessante. Per ulteriori info guardate la pagina Wikipedia del film che è abbastanza approfondita.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Il cacciatore

Buongiorno! Oggi torno con un’altra visione accademica con Il cacciatore, di Michael Cimino con Robert De Niro, Meryl Streep e Christopher Walken! Di cui ho sofferto particolarmente la lunghezza, non finiva più.

Il film, del ’78, parla della Guerra in Vietnam e dei danni fisici/psichiatrici che ha lasciato sugli sciagurati che ci sono andati a combattere: con la modica durata di quasi 3 ore, la prima ora è ambientata in America, la seconda in Vietnam e la terza di nuovo in America.
La storia è incentrata su Michael e Nikanor, due amici americani che partono per il Vietnam e da cui verranno profondamente cambiati.

Quello che mi ha colpito maggiormente è come il film sia lineare nella scrittura ma estremamente veloce nelle transizioni: Il cacciatore racconta diversi episodi nella vita dei due uomini, scegliendo volutamente di elidere intere sequenze narrative a favore di una storia più densa e pregna di significato. Le transizioni stesse inoltre sono veloci e d’effetto, mi ha particolarmente colpito quella iniziale dalla serata post caccia alle bombe nel villaggio vietnamito, anche perché non me l’aspettavo.

Inoltre, il gioco d’azzardo qui assume tutt’altro significato. La roulette russa, per le precisione. Nella prima scena che vediamo in Vietnam, i protagonisti vengono catturati e costretti alla roulette russa dai loro carcerieri: una pistola col tamburo vuota tranne che per un singolo proiettile, ovviamente loro devono sparare sul proprio cranio e vedere se il colpo andrà a vuoto o li ucciderà; il tutto mentre i carcerieri li osservano scommettendo sulla loro sorte.
La stessa roulette russa torna in seguito alla fine della parte centrale in Vietnam (poco prima dell’ultima ora di film) e come chiusura dell’arco evolutivo di Nikanor.

E’ un film pesante, che sa come far male allo spettatore, mostrando la desolazione della guerra nemmeno attraverso i combattimenti veri e propri ma mediante tutto quello che ci sta intorno: la roulette russa, le stragi di civili (da ricordare la bomba lanciata nel rifugio sotterraneo pieno di donne e bambini disarmati) e i danni fisici e mentali sui superstiti.

Robert De Niro e Meryl Streep brillano, anche se il personaggio più doloroso è ovviamente quello interpretato da John Savage.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Il posto

Prossimo alla fine delle lezioni, nelle ultime settime prima degli esami, a storia del cinema abbiamo pure parlato del periodo in cui il cinema italiano era considerato grande: dal Neorealismo fino alla fine degli anni ’70. E ovviamente abbiamo citato pure questo film. Che mi ha trasmesso un senso di alienazione e tristezza molto profondo.

Il film è un dramma esistenziale, quasi, perché vediamo il mondo attraverso gli occhioni di Domenico. Domenico è un giovanissimo ragazzo, interpretato da Sandro Panseri, alla ricerca del posto fisso a Milano. Dal suo punto di vista mogio e intimidito dalla vita osserviamo il mondo degli adulti, senza veramente comprenderlo.

Sarò sincero, vi ricordate all’inizio degli anni dieci del 2000 che Lady Gaga e Katy Perry portavano quel trucco per cui gli occhi sembravano rotondi? Ecco, lo stesso è lo sguardo di Domenico: un cerbiatto spaurito. Che poi, è l’unico della sua età: vediamo gente più giovane, gente più vecchia, ma tutti sono capaci di parlare e agire; solo lui subisce in silenzio.

Un po’ potrei pensare che Il posto sia stato d’ispirazione per Villaggio alla creazione di Villaggio. Qui si vede la vita grigia dell’impiegato, senza vere interazioni sul lavoro e un cumulo di effetti personali o aziendali alla morte. Il finale è esplicito: Domenico è condannato a una vita sicura, con colleghi cordiali ma non amichevoli, un lavoro monotono e poche occasioni di socializzare all’esterno.

Diciamo che il personaggio di Antonietta è tutto ciò che lui non è. Un po’ mi sono rispecchiato in Domenico.

La cinepresa comunque (tranne in rarissimi casi descrittivi) è sempre subordinata allo sguardo del protagonista, tutte le scene cui assistiamo sono sempre con lui in scena, lui che osserva, lui che imita quello che fanno i grandi, gli esperti della vita. Con quegli occhioni grandi e spauriti. Vediamo la sua vita, la sua routine, i suoi tempi morti e le sue piccole speranze, che vengono ogni volta infrante.

Il prof ha descritto il film Il posto come la storia di un ragazzo alla ricerca di un posto di lavoro fisso, ma che non dispone nemmeno di un proprio posto nel mondo. Io concordo, ma aggiungo che quel posto lo troverà: pian piano si sta adattando, ma questo il film non ce lo dice!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: I quattrocento colpi

Buongiorno! Pronti domani per lo speciale per la festa della mamma? Beh, mentre ieri ho pubblicato un piccolo esercizio di scrittura, oggi ho guardato il cult di Truffaut: I quattrocento colpi. Bellino, anche se ho preferito Baci rubati; sono un po’ stufo di ‘sti cei e di film sulle lezioni scolastiche.

Sarò sincero: dei periodi storici trattati finora, la Nouvelle Vague è l’argomento che ho capito meno; abbiamo parlato più dei Carriers du Cinema che del movimento in sé, per cui conosco marginalmente la teoria che c’è dietro senza che riesca a spiegare lo stile e i tratti nel dettaglio. Per questo ho deciso di guardare questo film.

I quattrocento colpi parla della vita di Antoine Doinel, di come riesce a farsi espellere da scuole per finire alla fine in riformatorio.
Il bambino è bravo, si empatizza con lui e a scuola, quando ci avevano mostrato Baci rubati senza che si fossero accorti che la traccia audio era in francese, avevo sentito la sua recitazione vocale: remissiva, calma, molto più incisiva per il personaggio rispetto al tono deciso che ha il doppiatore.

Durante il film, vediamo come la sua vita sia abbastanza triste: il padre è assente, la madre lo critica sempre – anzi, è stata presentata in scena mentre gli dava dell’imbecille. Poi anche il contesto scolastico è problematico, con un professore quasi crudele nel perseverare contro un bambino che, beh, vedi che non è una cima negli studi! E l’unica volta che finalmente Antoine ha l’illuminazione, essa viene rigettata dal professore e il bambino viene espulso.
Ironicamente, credo che il periodo più felice per Antoine sia proprio in riformatorio dove finalmente è in luogo anche lussureggiante, in compagnia di compagni che gli assomigliano e dove può costruirsi un futuro. Se un ragazzo era scappato per divertirsi, il film si chiude con Antoine che scappa per andare a vedere il mare, finalmente. Secondo me, se il film si fosse chiuso cinque minuto dopo, avremmo osservato il ragazzino tornare tranquillamente in riformatorio dopo aver visto finalmente il mare.

I quattrocento colpi è un film semiautobiografico, e le situazioni sono realistiche. Manca la tipica struttura narrativa americana, mancano gli establishing shots, ci sono molti momenti morti dove vengono mostrate le tipiche stronzate che fanno ‘sti ragazzini che lasciati soli fanno per sentirsi grandi.
Ma il film mostra con ferocia anche la decadenza dei valori tradizionali: Antoine solo di recente ha vissuto con i genitori, genitori che non si interessano mai costantemente a lui, e quindi ha imparato ad arrangiarsi da solo e a diffidare di loro. Poi il clima a casa è torrido, la madre mostra tipici comportamenti narcisisti, che però non funzionano; e questo la fa irritare ancora di più: lui è emotivamente indipendente! E a scuola c’è la stessa situazione: nessun professore e nemmeno il direttore cercano di capire quale sia il vero problema.
Tornando alla positività del riformatorio, è proprio il commissario che lo arresta il primo adulto a cercare di aiutarlo.

Credo che guarderò un altro film della Nouvelle Vague, credo Effetto Notte, per poi dedicarmi alla New Hollywood. Sapete, gli esami si avvicinano e vorrei avere almeno qualche esempio da portare ai professori parlando del periodo. Qui comunque vi saluto e vi auguro un bel weekend, nonostante la pioggia. Ciao!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La conversazione

Cristo che santo che noia. Quasi 2 ore della mia vita e non succede un cazzo.

Buongiorno! Oggi ho deciso di dare un’occhiata alla nuova Hollywood con uno di quei film di cui ho sentito tanto parlare: La conversazione.

Il film ruota attorno a Gene Hackman, un esperto in intercettazioni che si ritrova a intercettare una coppietta in un parco. Quello che sembra un lavoro semplice e pulito lo segna profondamente perché man mano che la loro conversazione procede escono dettagli sempre più minacciosi. Lui ormai vuole andare a fondo e capire quale sia il pericolo che li minaccia.

La conversazione è un thriller lento che procede nel mistero, con la paranoia del protagonista che si acuisce sempre di più. Già all’inizio, con la sua professione di spia è sempre geloso della propria vita privata e abbastanza paranoico, ma durante la narrazione subisce una doppia evoluzione: dal punto di vista umano migliora perché finalmente si interessa di qualcuno (la coppia da salvare), dal punto di vista delle paranoie peggiora al punto di sventrare casa propria in cerca di microspie.

Coppola firma un film abbastanza angosciante, dove niente è come sembra e la tecnologia è centrale nelle vicende. Interessante ma veramente pesante da guardare, lento e senza grossi plot-points se non alla fine.
Della New Hollywood ho sicuramente apprezzato altre pellicole.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Fyre – La più grande festa mai avvenuta

Buongiorno! Oggi a lezione avevamo Internet e Attorialità. Ad inizio di Internet, abbiamo scoperto che il prof stava male, per cui abbiamo coperto il buco della seconda ora di lezione con questo documentario. Un ottimo prodotto per riflettere sui temi trattati a lezione: socials, fake news, realtà alternativa e influencer.

Quello che sconvolge di questo documentario è che la gente ha pagato centinaia di migliaia di dollari per comfort ed esperienze che non ha mai vissuto. ‘Sto Billy McFarland ha truffato non solo gli investitori ma anche i consumatori, dilapidando somme astronomiche in fuffa.

In pratica, hanno iniziato i lavori per gli edifici del Fyre Festival (che doveva essere la nuova realtà musicale) a pochi mesi dal Festival. Assurdo. E l’amministratore delegato, gay, era quasi stato costretto a fare un pompino al fornitore dell’acqua perché Billy non sapeva come pagarla altrimenti! E quando i turisti sono arrivati, l’Apocalisse in terra.

Il documentario dura sull’oretta e mezza, lo trovate su Netflix e racconta una storia al limite della fantasia.

Non starò qui a raccontarvi del documentario perché è complicato, dico solo che la macchina pubblicitaria messa in atto era colossale, con centinaia di top models e influencers a cui era stato chiesto di condividere sui propri account cose legate all’evento. Ma top models serie. Ok, non dee come la Schiffer o la Venere nera, l’evento è di qualche anno fa, ma comunque modelle celebri come Bella Hadid o Emily Ratajkowski!

Con buon ritmo e una narrazione incalzante, il documentario attraverso le testimonianze e (credo) filmati di repertorio. All’inizio la pianificazione più della pubblicità che dell’evento in sé, poi l’organizzazione e la fallita realizzazione dei progetti edilizi e amministrativi e infine il disastro.

Una cosa che mi ha fatto ridere: questo è stato un disastro, una truffa colossale, ma comunque una truffa da gente ricca per altra gente ricca. Diciamocelo, sticazzi! 500k dollari per una tenda anche di lusso alle Bahamas vi sembra normale? Da una parte ci sono i figli di papà truffati, dall’altra i veri lavoratori al progetto che nella migliore delle ipotesi hanno perso migliaia di dollari non venendo pagati!

Per me dovreste assolutamente guardare il doc, soprattutto perché ‘sto Billy è appena uscito di prigione e vuole riprovarci. LOL. Oppure, sempre su Netflix c’è il film Glass Onion, che tratta anch’esso di tematiche simili. Ciao e a domani, che esce un post molto interessante!

La mia prima sessione di esami a Sentieri Selvaggi

Buongiorno! A grande richiesta torno a parlare di esami esponendo nei dettagli la mia sessione di esami! Sono stato tra i migliori, avendo collezionato quattro 30 e un 30L!

STORIA DEL CINEMA, PRIMO TRIMESTRE
Qui erano due dei tre prof del corso, per me è stata una boccata di aria fresca. Mi hanno chiesto di parlare delle avanguardie degli anni ’20, a me che volevo portare l’Espressionismo! Avendo visto almeno un film per ciascuna avanguardia e apprezzando molto il cinema gotico, sono riuscito a esporre con dovizia di particolari ogni cosa, stando bene attento a parlare abbastanza da non dar loro il tempo di proporre domande impossibili.
Poi mi hanno chiesto di Babylon, e dopo un’incomprensione reciproca per cui avevano capito che io avessi detto che Babylon era stato girato negli anni ’60, ci siamo chiariti e mi hanno lasciato, andare.

LINGUAGGI DEL CINEMA
Altra botta di culo: il video che mi hanno mostrato sempre quei due prof era il prologo di Gran Torino. Scena che avevamo già analizzato in classe. Quindi, facilitato dalla conoscenza dell’analisi, ho solo dovuto aggiungere tutta la teoria di ogni singola inquadratura e i significati che esse potevano nascondere. Nessun errore.

MESTIERI DEL CINEMA
Questo era l’esame che temevo di più: non sapevamo come potesse essere e l’argomento era piuttosto generale. Con me il prof si è dimostrato piuttosto amichevole e mi ha chiesto se mi fosse piaciuto il corso. Abbiamo parlato un po’ e ha capito che che mi piace il lato visivo dei film per cui… ho parlato dei costumisti! E, avendo studiato Chaplin per Storia del cinema e conoscendo Cecil Beaton per il mio speciale su My Fair Lady, ho fatto un figurone! Poi sapete quanto mi piacciano i costumi dei film, ho svariati volumi sulla moda e sui costumisti, ero preparato. E se mi avesse chiesto dei registi, avevo letto un altro libro della mia biblioteca privata per prepararmi!

PRODOTTI AUDIOVISIVI + SCRITTURE
Questi esami li ho fatti più o meno insieme in due momenti separati. La prima parte era un tema di tot caratteri sugli Emmy2022: dovevo scrivere in due ore di tempo un testo argomentativo con tema a mia scelta e un testo descrittivo, sempre sulla cerimonia utilizzando le informazioni che ci erano state insegnate durante il semestre. La seconda parte invece era l’analisi di un film prodotto da una piattaforma streaming, e dovevamo scrivere il testo a casa dopo aver guardato il prodotto a nostra scelta; poteva essere sia una serie televisiva sia un film. E io ho parlato di un film di cui voi avete già letto in qualche articolo nel blog, anche se non in un suo articolo a parte. Quale sarà questo film?

E siamo giunti alla fine della mia sessione. Sono consapevole di non avere fornito molti dettagli, ma comunque andrebbe contro la privacy mia e della scuola, comunque sono felice di averlo condiviso con voi! Qui vi saluto!
PS: per quale esame ho ottenuto la lode?