VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La fiamma del peccato

Non ho mai visto molti noir nella mia vita, credo che l’unico vero film del prolifico filone cinematografico fosse Black Dhalia, di cui riprende alcuni stilemi. Tuttavia, non sono arrivato impreparato alla visione di La fiamma del peccato perché ho studiato il filone nel mio libro di storia del cinema e sono sempre stato un appassionato di donne letali (basti pensare alla mia Poison Ivy).

La fiamma del peccato è un noir del 1944, diretto da Billy Wilder e con protagonisti Fred MacMurray e Barbara Stanwyck. Che dire? E’ un film un tantino famoso, acclamato perfino dal Maestro del brivido Sir Alfred Hitchcock, quindi beh, non è che io possa dire molto dal basso della mia persona. Un film basato interamente sulla forza della propria sceneggiatura!

Invece noto come il protagonista fosse spesso racchiuso in spazi stretti: uffici, macchine, il proprio appartamento piccolissimo, sovrastato da ombre e linee di forza, si trova sempre in ambienti stretti. Claustrofobia, reale e metaforica, portami via!
Il film procede bene, anche se la seconda parte (a delitto svolto) è leggermente allungata secondo i miei gusti. Invece ho adorato i costumi della femme fatale, ma lei doveva avere buon gusto: quei look le potevano costare 100mila dollari oppure la sua stessa vita!

E voi? Lo conoscevate? Vi ricordo che domani concludo il 2022 con i buoni propositi per il blog in vista del 2023! Ciao!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Sentieri selvaggi

Se dovessi descrivere Sentieri selvaggi userei tre dettagli tecnici: campi lunghi, campi americani e profondità di campo (il deep-shot).

Guardare il film è stata dura per diversi motivi. Per chi mi segue è nota la mia poca vicinanza al genere western, e a peggiorare il tutto c’è la questione temporale della narrazione: passano gli anni e noi poveri spettatori dovremmo capirlo… come? Ok, capisco che se all’inizio Debbie era ‘na cea e alla fine è ‘na tosa qualcosa deve essere passato, ma a parte qualche lettera e uno o due dialoghi a riguardo, il passare del tempo è proprio accessorio!

Comunque, Sentieri Selvaggi è un bel film, un cast iconico, John Ford confeziona un racconta di avventura e non di vendetta, una ricerca costante che termina nella riunione familiare che prevale sull’odio razziale.
Il colore rosso domina le scene, come queste panoramiche dentro alle quali gli eroi si muovono a cavallo. Campi lunghi e il medio-lungo sono i paesaggi più frequenti, con queste alture di roccia rossa e marrone che si stagliano nello sfondo, sempre con le nuvole bianchissime ad incorniciare il tutto.
Inoltre, sono presenti le scene in cui la profondità di campo e l’illuminazione regnano: gli inseguimenti e le entrati nei luoghi di riparo. Cinepresa fissa, sono i personaggi ad avvicinarsi, ad allontanarsi dalla luce del deserto per entrare nell’ombra di una casa o di una caverna; ed è con questa modalità che Sentieri selvaggi si apre e si chiude.

Personalmente ho preferito il personaggio di Jeffrey Hunter: lui è il classico meticcio che fa prevalere il lato familiare, lui che l’amore e la misericordia della famiglia l’ha provata sulla sua pelle di accolto. E’ lui che rappresenta il lato civile e la coscienza del protagonista, perché lui rappresenta l’unione dei due mondi. E poi Jeffrey era un gran figo, scoperto ora che morì giovane!

Un bel film, dopotutto. Ho scelto di guardare il film perché sono usciti gli argomenti d’esame, e dobbiamo vedere almeno 2 film per le seguenti categorie: western, commedia, musical e noir; ovviamente, tra quelli caricati nel Drive della scuola (e, sempre ovviamente, non ho capito come cambiare la lingua dal doppiaggio a quella originale, ma intanto l’ho visto).

E voi? Cos’altro avete da dire riguardo a questo grande classico? Ho trovato interessante che film, regista e generi li avessi già studiati nei miei libri!^^

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Chiamami col tuo nome

Consigliato dal mio prof di mestieri nel cinema, Chiamami col tuo nome fa parte della sua lista di film da guardare assolutamente; uno dei pochi recenti, a dire il vero.

Chiamami col tuo nome è un bel film, solo un po’ lungo, e potremmo riassumerlo con l’andamento ormonale dell’estate di Elio.
In pratica, la prima parte è tutta basata sul raccordo di sguardo e semi-soggettive, mentre la seconda allarga la visuale alternando campi più lunghi a figure intere; potremmo dire che la cinepresa adora posarsi su Timothée Chalamet alias Elio, ma il personaggio di cui Elio è invaghito è Oliver e quindi ci sono un sacco di particolari sull’attore Armie Hammer alias Oliver.

And everybody’s watchin’ her But she’s lookin’ at you, ooh, ooh“, citando Rihanna.

Il film si dipana in tre atti, con la realizzazione carnale e non più platonica solo nell’ultimo, ironicamente. Un bel film. Ecco, schifo forte per la scena della pesca, poi io sono estremamente schizzinoso!
A livello visivo invece la cinepresa valorizza la bellezza maschile, sembra quasi di vedere le statue dei titoli di testa. Meglio Guadagnino che Schumacher, rimanendo in tema di come la cinepresa accarezza il corpo maschile, eh! Ma alla fine a parte qualche primo piano di chiappe, è più potente il fuoricampo: il sesso etero viene quasi reso imbarazzante dalla messa in scena, mentre quello tra i due è caricato di molta aspettativa ed espressività recitativa.

Personalmente ho visto abbastanza film del regista e posso notare alcune costanti: la natura preponderante, quasi bucolica; l’amore per il tempo passato; il gioco di sguardi; l’eleganza nella messa in scena; l’importanza della musica; la preferenza verso la bellezza maschile, con il nudo femminile presente ma mai oggettivato; l’amore e la passione come qualcosa di doloroso.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La corazzata Potëmkin

Studiata a scuola Sentieri Selvaggi per il cinema sovietico post WWI, ho ritrovato gran parte delle informazioni che già conoscevo:

  • una narrazione e un montaggio molto semplici per farsi capire da più plebei possibili
  • una reiterazione delle azioni per evidenziarne l’importanza
  • una grande cura verso i dettagli, spesso per allungare la durata delle scene madri
  • un’iperbolizzazione della crudeltà delle autorità zarista e la pessima vita della popolazione sfruttata
  • la non presenza di un protagonista lungo tutta la narrazione ma invece la presenza di masse viventi

La corazzata Potëmkin è un film molto più guardabile e digeribile (e soprattutto corto) di quanto Fantozzi, con la sua cagata pazzesca, avesse fatto credere in Italia. Un bel film, forse lunghetto nell’ultimo atto e non ho ben capito come si passi dalla corazzata ad Odessa, ma comunque si lascia guardare benissimo. Poi la musica, presente nel filmato che ho visto trovato su YT, è azzeccatissima; ho visto la versione restaurata. Per concludere, La corazzata Potëmkin riesce benissimo a creare la tensione soprattutto in due punti: ovviamente lungo la scalinata durante la strage e poi alla fine poco prima di scoprire che le corazzate che si stavano avvicinando erano alleate.

Un bel film comunque.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Nascita di una nazione

“La rivolta nella casa del padrone. La Lega dei negri controlla il Parlamento dello Stato, con 101 rappresentanti contro solo 23 bianchi, nella sessione del 1871.”

“Il risultato. Il Ku Klux Klan, l’organizzazione che salvò il Sud dal malgoverno dei negri, non senza aver versato più sangue che non nelle battaglie di Gettysburg, stando a quanto affermò il giudice Tourgee.”

Oggi ho guardato Nascita di una nazione, di Griffith e pubblicato nel 1915. E’ la classica pellicola che apprezzi per i tecnicismi e affossi per i contenuti. Mi ricordo quando ne abbiamo parlato a Storia del cinema, quando il prof ci ha avvisato che molte volte nel nostro lavoro dobbiamo scindere il lato personale/politico dal lato contenutistico/tecnico del film come prodotto artistico.
Ecco, Nascita di una nazione è l’esempio classico di quando fare questa scissione.

2 ore (e 50 minuti) sentite tutte, per una narrazione lenta piena di quadri legati gli uni agli altri da tanti -troppi- cartelli le cui didascalie informano gli spettatori degli svolti narrativi.

A essere sincero, già all’inizio con questi costumi d’epoca e la gradazione di grigi avevo iniziato a confondere i personaggi. Poi dalla seconda metà, più o meno quando la scema si butta giù dal dirupo (che secondo me Gus non aveva intenzioni cattive), il caos regna sovrano e l’attenzione è calata bruscamente.
Ho capito solo che: il Vicepresidente è il cattivo; i neri sono dipinti come nei peggiori sogni dei razzisti AKA nuovi tiranni che fanno ai bianchi ciò che i bianchi americani hanno fatto ai neri per secoli; il Ku Klux Klan è il salvatore della patria.

Vabbeh, bello il lato tecnico con le invenzioni dei vari raccordi e simpatica pure la colonna sonora. Ma il film ha qualcosa di sbagliato nella sua natura intrinseca, e questo perfino un bambino lo capirebbe.
Povero Griffith, come sfancularsi la carriera. LOL.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Aurora

A dire la verità, ogni lunedì mattina guardiamo a scuola, durante le ore di Visioni, opere legate alla lezione di Storia appena svolta. Un giorno abbiamo guardato i cortometraggi Lumiere montati insieme, per dire.
Non ne parlo perché raramente sono cose finite, film veri e propri e poi li guardo a distanza di ore da quando accendo il computer.
Oggi abbiamo guardato Aurora (del 1927), il primo film di Murnau in America ed il primo film ad avere la colonna sonora sincronizzata con la narrazione filmica: non a caso è considerato l’ultimo capolavoro del cinema muto, con il sonoro che sarebbe esploso negli anni seguenti.

Aurora dura un’oretta e mezza, anche se ho percepito la lunghezza della pellicola come doppia. Di Murnau avevo già visto Nosferatu, il grande cult del cinema horror e gotico, sinceramente ritengo sia un film più accessibile di Aurora e avrei scelto quello per presentare i film di quell’epoca.
Inoltre, molti dei miei compagni di classe non sono abituati a film del genere (io non faccio testo, sono col cell in mano anche se guardo Biancaneve della Disney, non ho grandi capacità di attenzione) e quindi per la maggior parte della visione, soprattutto verso la fine, diciamo che il silenzio non era di casa. Con le ragazze in prima fila che hanno giustamente manifestato rimostranze.

Il film parla di un fedifrago campagnolo che viene convinto dall’amante di città ad annegare la moglie in mare. Già qui mi immaginavo una trama drammatico, ben sapendo dalla mia guida al cinema erotico e porno che gli amanti che osano andare contro il matrimonio e le autorità fanno fini ben tapine (figuriamoci negli anni ’20). Tuttavia, il film prende un’altra direzione: lui ha i rimorsi e si riscopre innamorato della moglie, con la quale passa tutto il resto della giornata cercando di farsi perdonare prima e come fidanzatini e neo-sposi poi. Ecco, questa seconda parte l’ho trovata fin troppo piena.

Il film è vincitore di 3 Oscar, nell’anno di lancio della cerimonia. L’attrice che interpreta la moglie è la prima attrice nella storia a vincere l’Oscar alla migliore attrice!
Come si può intuire, il cast è eccelso, con una mimica facciale e l’espressione corporale veramente parlanti. Murnau d’altro canto ha il merito di unire l’espressionismo tedesco con lo sfarzo e la narrazione americani.

Il film dal punto di vista tecnico è veramente interessante: sovraimpressioni, montaggio alternato, trucchi gotici e una colonna sonora che finalmente sposa la scena!

Un bel film, forse troppo lungo, ma sicuramente molto bello da guardare forse in condizioni migliori che non siano l’aula scolastica pure fredda! E voi, lo conoscete? 😁

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: Il padrino

Tre ore e come non sentirle.

Questo film, assieme agli altri della trilogia, lo avevo già visto, Il padrino più di una volta; ma erano anni che non lo riguardavo anche perché non amo i film infiniti. Ma era in lista, è su Netflix, alla fine l’ho ri-guardato.

Iniziando a studiare cinema ho notato molte cose importanti:

  • il montaggio parallelo nella scena del battesimo
  • l’arco evolutivo di Michael che lo rende il protagonista
  • la scena del duplice omicidio al ristorante, punto di non ritorno, proprio a metà film
  • molti primi piani, mezzi busti e la cinepresa sempre ad altezza occhi
  • i raccordi di sguardo tipici del cinema classico
  • la scelta di Michael di entrare negli affari di famiglia nella scena in ospedale

Inoltre, fin dalla prima scena possiamo notare il grande potere del padrino; e soprattutto quanto questi italo-americani ostentino la loro italianità! Cantanti d’opera, musiche popolari italiane, la pasta con le polpette! Ci mancano solo il mandolino e la mafia… ah, no, quella c’è. E in un’altra scena ci sono pure i cannoli.

Quanto gli americani siano senza origini il film lo spiega dettagliatamente, veramente ridicola ‘sta famiglia che si sente italiana ma ha bisogno di un interprete per parlare con un italiano vero. Scena poi resa malissimo nell’adattamento: capisco con Michael che da bravo ignorante americano parla americano, ma è straniante sentir parlare Michael in italiano e sentire il traduttore ripetere le stesse cose in italiano! Non potevano pensare a qualcos’altro?

A parte queste riflessioni, il film è molto bello, qui Al Pacino e Marlon Brando bucano lo schermo; Coppola ha veramente confezionato un capolavoro, ma anche Nino Rota ha aiutato moltissimo.
Dopotutto è un cult, no?

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: L’armata Brancaleone

Questo film tecnicamente non fa parte della lista dei film da recuperare dataci dal prof di mestieri cinematografici; e non è nemmeno tra le visioni contenute nel drive scolastico, da vedere prima o poi.
Tuttavia, era da recuperare, ora vi spiego l’iter.
Settimane fa abbiamo parlato della sceneggiatura e il prof di mestieri ci ha mostrato un documentario sulla coppia Age&Scarpelli; già là veniva citato il film per il dialetto che avevano inventato assieme al regista. Inoltre, oggi abbiamo iniziato a parlare di regia (sempre col prof di mestieri) e ci ha buttato qualche riflessione su Mario Monicelli, con il compito per casa di informarci il più possibile sulla sua figura e di recuperare qualche suo film.

Eccoci qui.

Considerato da molti come IL cult italiano, a me è piaciuto. Ha quel mix di ironia e violenza, tra speranza e sogni perennemente infranti. Il finale dice tutto: la Terra Santa è l’unica cosa che si salva del sogno che ha caratterizzato le disavventure dell’intera narrazione! E non è che morire a Gerusalemme sia tanto meglio che morire di rogo…

Ambientato in un medioevo drammatico e violento, ho adorato i costumi di Piero Gherardi. Ma è Gassman che ruba la scena, con un aristocratico che cerca di elevare i suoi commilitoni utilizzando i costumi nobili con cui è cresciuto ma è inutile dirlo: è sfigato, e pure povero.
Sulla sua sfiga basterebbe citare la sua vita amorosa.

  1. La vedova: portatrice di peste, da cui fugge
  2. Matelda, la quale dopo un rifiuto di lui ad amarla lo calunnia quasi portandolo a morte
  3. Teodora: l’unica con cui scopa per scoprire che le piace frustare ed essere frustrata

Da questo schema si nota una ricorrenza: l’umanità è dolore senza gioie, c’è molta violenza e l’unico piacere può venire da Dio. C’è pure una leggera critica verso i ricchi e i poveri che non potranno mai elevare il proprio stato. Allegria!

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: La ragazza con la valigia

Prima visione italiana dalla lista, è un film molto intimo. Ho dovuto guardarlo ora perché l’ho beccato su Raiplay e la sua permanenza là scade tra 4 giorni!

Racconto del delicato rapporto d’amicizia prima e vagamente sentimentale tra due giovani, accomunati da una persona disgraziata (il fratello maggiore di lui e l’ex di lei). Intimo e semplice, è il racconto di formazione di questo ragazzo mentre cerca di riparare al torto che il fratello ha fatto alla ragazza, seducendola e abbandonandola.

Ho definito il film intimo per due ragioni: la storia trattata, molto semplice e lineare; ma soprattutto per le inquadrature, perché i primi piani e i mezzi busti sono frequentissimi con la cinepresa che raramente si allontana oltre la figura intera.

Claudia Cardinale racconta di una ragazza che alla fine vuole solo capire perché è stata abbandonata, gioca con questo ragazzino probabilmente intuendo che è collegato al suo ex. Lei è consapevole della sua bellezza e dell’effetto che fa agli uomini. Durerà l’intera narrazione la lenta scoperta del suo passato e della sua identità, anche se alla fine il finale è molto amaro: può anche essere una donna affascinante, ma nessun uomo alla fine è interessato a rimanerle vicino.

Un bel film, di certo non leggerissimo ma con una bella regia e un bel cast. Certo, corto non è.

VISIONI SENTIERI SELVAGGI: L’invasione degli Ultracorpi

Beh, in pratica, se tutti guidassero bene il mondo ora sarebbe invaso da esseri replicanti di natura vegetale; e non sapremmo che il dottore per tutto il racconto non ha detto altro che la verità.

L’invasione degli Ultracorpi è un classico della fantascienza anni ’50 al cinema, e parla di un’invasione di creature antropomorfe uscite da misteriosi baccelli. Le persone sostituite diventano prive di emozioni, mentre i parenti e gli amici lentamente si accorgono che qualcosa non va.

Il film inizia nel presente e si dipana nel passato, come flashback narrato dal protagonista; così, non possiamo sapere tutto quello che accadde nel passato e fino alla fine non possiamo nemmeno essere sicuri che quello che accadde sia realmente quello che successe: è affidabile il narratore?

Con un climax abbastanza lungo, il film si divide in 3 atti: introduzione, realizzazione del pericolo e fuga. Nel mentre, la protagonista della vicenda è la storia d’amore tra i due protagonisti; storia che per mia sorpresa naufragherà per forze narrative!
Il film si lascia guardare e a una certa il climax riesce a creare pure un po’ di ansietta, anche se alla fine la parte della fuga si dilata troppo a lungo. Il cast è in parte, anche se ho preferito Dana Winter a Kevin McCarthy. Don Siegel dirige una pellicola che alterna i campi lunghi a inquadrature molto più vicine per farci sentire lo stress dei protagonisti mentre le musiche, anche qui importanti nella narrazione, imperano le scene.

Bellino, a voi è piaciuto?