Schitt’s Creek: quando i ricchissimi diventano poveri

Buongiorno! Oggi torno a parlare di serie televisive con Schitt’s Creek, una delle sitcom canadesi recenti più premiate degli ultimi tempi! Parla di una famiglia di divi che cade in disgrazia e si rifugia a Schitt’s Creek, un paesino dimenticato da Dio in Canada nel quale iniziano a gestire un motel.

Da sinistra: Johnny Rose, Moira Rose, David Rose, Patrick, Stevie, Alexis Rose

Per chi ama il cinema americano e quello canadese, la serie presenta alcune ricchezze: il cast è interamente canadese; è stata ideata, scritta e recitata da Eugene Levy (il papà in American Pie) insieme al figlio Dan Levy; come coprotagonista c’è Catherine O’Hara, che potreste aver visto in cosucce come Mamma, ho perso l’aereo e Beetlejuice.

Nell’arco di sei splendide e spiritose stagioni, la trama ruota attorno ai 4 componenti della famiglia:
– Johnny Rose, un imprenditore che cerca di risollevarsi cogestendo il motel, con Roland e Stevie;
– Moira Rose, un’ex attrice televisiva e teatrale che pian piano si integra nella vita della località;
– David Rose, il figlio pansessuale e futuro gestore di un emporio che offre i prodotti tipici del luogo;
– Alexis Rose, la bella figlia che dopo aver ripreso gli studi inizia una carriera nella pubblicità e nel management.

Oltre ai quattro componenti della famiglia nel cast principale ci sono pure Emily Hampshire nel ruolo di Stevie e Chris Elliott, che interpreta il socio, al motel di Johnny, Roland Schitt. Dalla terza stagione viene introdotto anche il personaggio di Patrick, interpretato da Noah Reid.

Schitt’s Creek è una piccola perla. L’ho adorata: era il mio appuntamento il martedì notte dopo il mio turno di lavoro!

Ho iniziato a guardarla dalla seconda stagione, a pezzi e quando capitava, ma è dalla terza stagione che ho provato un forte interesse quando viene introdotto il personaggio di Patrick e shippavo tantissimo lui e David. E spoiler, la foto che ho scelto ritrae il cast nell’ultimo episodio, quando giravano il loro matrimonio!
Infatti, Schitt’s Creek è una sitcom esplicitamente queer, dove la storia d’amore tra David e Patrick è volutamente normalizzata senza alcun accenno di omofobia nel villaggio: i Levy hanno voluto regalare una serie che possa mostrare una romance senza ostacoli e drammi nel mezzo, coronata da una serie di battute.

Quindi, le tematiche sono:
– la caduta dalla ricchezza alla povertà, con la costruzione di nuove abitudini e legami affettivi e sociali;
– la comunità queer;
– tutto il gossip e il dietro le quinte del cinema, della televisione e del teatro;
la ricerca dell’amore e della propria identità;
– tante risate, anche interne alla trama.

Come avrete capito, io ho adorato la serie, mi faceva sognare e martedì scorso quando è andata in onda l’ultima replica mi si è spezzato il cuore. Dovevo parlarne sul blog!

Comunque, Schitt’s Creek non si concentra su un solo personaggio ma dà spazio a tutti: vediamo i drammi esagerati di Moira alla povertà e come il marito cerca di rincuorarla mentre manda avanti il motel, il percorso di maturazione dei figli.
Anzi, il personaggio meglio caratterizzato è Moira Rose, incarnata da una Catherine O’Hara in splendida forma. Mi è dispiaciuto aver guardato la serie in italiano perché in originale era l’attrice stessa a modificare il proprio copione utilizzando un antico linguaggio anglo-canadese; non mi sorprende che abbia catalizzato la quasi totalità dei premi: lei è elegante, iperbolica, una diva delle soap che prima si deve adattare e poi con il proprio narcisismo si butta a capofitto nella vita sociale e artistica del villaggio. Da adorare.

Gli episodi, inoltre, sono molto corti e con un ottimo ritmo. Riescono a mostrare la progressione delle loro vite alternando tutto ciò con grandi dosi di umorismo sempre ilare e graffiante. E la storia procede bene, con continui paragoni tra il lusso della bella vita e la ruralità della località.
Alexis, poi, nei dialoghi continua a citare le feste e le celebrità che era solita incontrare in quanto ereditiera mentre i genitori confrontano spesso la loro realtà attuale agli sfarzi del passato. Solo David apprezza la nuova vita: trova la scopamica Stevie, che diventa poi la sua migliore amica, apre il suo emporio e conosce Patrick. A fine serie, sarà David l’unico a rimanere a Schitt’s Creek col marito e l’amica.

La theme song è molto ritmata con dei tamburi tipo da orchestra militare (quelli piccolini da suonare con le bacchette, per capirci) e pur essendo molto carina mi ha sempre ricordato una cosa militare per l’appunto; la colonna sonora generale invece è molto pop e varia diventando funzione narrativa della scena.

I costumi, il trucco e gli ambienti invece rispecchiano perfettamente i personaggi e la loro astrazione sociale: se perlopiù le scenografie sono semplici perché rispecchiano i gusti di un quartiere canadese immerso nella campagna, i costumi sono caratteristici e descrivono perfettamente i personaggi che li indossano.
Moira, David e Alexis in particolare sono caratterizzati da un vestiario specifico: Moira è la diva che indossa sempre parrucche, trucco pesante e abiti appariscenti e d’alta moda; David è fissato con i maglioni e gli abiti scuri; Alexis è la modaiola che veste sempre sexy e tiene al suo look.
E fanno contrasto con i look più semplici degli abitanti di Schitt’s Creek.

Schitt’s Creek quindi è una perla della televisione canadese che vorrei recuperare guardandola non più dalle 11 all’1:30 di notte ma in prima serata con calma e freschezza; in inglese sub inglese, se possibile.
Una serie fresca, pop, con numerose citazioni e tanti giochi di parole, mai oscena e con tante buone intenzioni che vengono sempre portate avanti con successo grazie a una scrittura intelligente e un cast di primordine. Consigliatissima!

The Middle: l’importanza di non mostrare sempre la ricchezza

The Middle è una serie televisiva americana che seguo da parecchi mesi, grazie alle repliche su Italia 2 al primo pomeriggio. Raccontata da Frankie, The Middle è una sitcom familiare sulle vicende degli Hack, una famiglia americana dei giorni nostri.
La particolarità di The Middle? Gli Hack sono quasi poveri.

Non so se ci avete fatto caso, ma molto spesso nei film e nelle serie tv americane la famiglia è legata alla ricchezza.

I film più famosi sono sempre ambientati nei quartieri tranquilli, dove ci sono tante belle villette eleganti in cui sogni e drammi condiscono le trame dei personaggi.
Avete presente?
I grandi giardini verdi su cui il postino ogni mattina lancia il giornale, il lampione sotto al quale gli adolescenti si scambiano il primo bacio, la piscina attorno alla quale si riunisce il quartiere.
E non solo!
Ma anche l’interno delle case è sempre arioso, spazioso e sfarzoso. Le villette americane sono sempre costruite su (minimo) due piani: nel pian terreno c’è la parte della convivialità con soggiorno, sala da pranzo, cucina e altre stanzette mentre al primo piano si trovano i bagni e le camere da letto.

La gente nei media americani più famosi può avere difficoltà a sbarcare il lunario, possono esserci casalinghe depresse che osservano l’idraulico con troppo interesse o la figlia emarginata che a scuola subisce bullismo.
Ma sono tutte persone a basso rischio e con una vita agiata.

Quanti di noi vivono in villette a più piani e hanno studiato nelle migliori scuole, senza mai dover badare alle spese e agli sprechi? Quanti di noi fanno viaggi familiari in altri stati per tante lunghe settimane?

Per fare qualche esempio:
– nei film horror, Scream al massimo, il serial killer si nasconde nella casa e attacca la vittima senza che questa non senta nulla;
Ragazze a Beverly Hills, un intero film su ragazze ricche e le loro vite a scuola;
I Jefferson, una famiglia nera nell’America anni ’80 è descritta come ricca e in ascesa nel loro sfarzoso appartamento;
CSI: Miami, letteralmente ogni caso è legato a un personaggio ricco sfondato.

Questi erano solo alcuni degli infiniti esempi della televisione e del cinema americano. Gli Americani sono letteralmente fissati con la ricchezza. Dopotutto, è proprio su questo che si basa il sogno americano e hanno perfino un detto che lo celebre: the bigger the better.

Ma la povertà dove la mettiamo?

In America, in Italia e nel mondo la povertà e la vita normale supera di gran lunga come numeri la ricchezza ma sembra quasi che gli Americani vogliano sempre metterla sotto al tappeto o nascosta dietro una facciata. Non mi vengono in mente tanti film o serie tv legati al tema della povertà o degli adolescenti problematici.
Qualche nome?
Freddom Writers;
Sister Act;
Pensieri pericolosi;
Spiderman, di Raimi
Una poltrona per due.

The Middle invece ha la forza di raccontare tra le risate tutti gli sforzi che fanno Frankie e Mike Hack per assicurare uno spensierato presente e un roseo futuro ai loro tre figli.
The Middle sembra quasi ambientata dieci anni prima rispetto all’anno di produzione proprio perché gli Hack per molto tempo non possiedono televisori con lo schermo piatto o smartphone ma invece sono sempre a controllare le spese effettuate e si ammazzano di lavoro.

The Middle è importante perché per una volta l’America ha sfornato una sitcom per famiglie in cui non vengono mostrate vite perfette per far solo sognare le madri stanche e i figli svagati, ma anche per mostrare con ironia e leggerezza un lato del mondo che spesso non viene rappresentato perché… beh, diciamocelo: a nessuno piace mostrare il lato peggiore delle cose.

E francamente, mi rispecchio in alcune tratti maggiormente con The Middle che con Modern Family.

Il finale di Friends, riflessione

Oggi ho finalmente finito di guardare la serie televisiva Friends, le cui repliche sono trasmesse da Italia 1 dalle cinque e mezza alle sei e mezza.

Ho visto l’ultimo episodio.

Sarà perché la guardavo da molto tempo, sarà perché ormai mi ero affezionato ai personaggi,sarà che i finali di serie sono sempre tra le puntate più importanti, guardando quell’episodio mi sono veramente commosso.

Di finali di serie non ne ho visti tanti: solo quello di Charmed il quale essendo passionale solo verso la fine, negli ultimi minuti, meraviglia ma per me non coinvolge così tanto.

Per Friends, invece, è stato diverso. Per tutto l’episodio ho sentito una certa passione e malinconia e voglia di ricominciare che in altre serie non ho mai percepito. Basta pensare al simpatico e ingenuo Joey: da tempo aveva creato un’atmosfera di malinconia che almeno a me è riuscito a trasmettere; inoltre, tutti i nodi della stagione sono lentamente giunti a pettine, anche se già da tempo intuivo che la fine della serie era vicina: tutti i loro sogni si stavano avverando.

Mi è proprio piaciuta questa fine di Friends, l’ho trovata molto coinvolgente ed emotiva. Mi spiace solo che sia finito, dopotutto. ^^

friends