Il mio vestito nero

Testo originale:

As I looked into the mirror at my black dress, I heard my sister behind me.

“Black? Really?”

“It’s appropriate for the occasion.” Was my only reply. As soon as I said this, she sighed.

“Well, it’s better than mine. White is such a boring color!”

Suddenly, there was a knock at the door. “Hey, hurry up!”

“It’s mom.” My sister didn’t reply to this.

My mom opened the door, wearing a dress almost identical to mine. “Father is already preparing the mass, let’s go.”

Downstairs, I picked up a bouquet of white roses from the table, not my sister’s favourite color or flower, but it will have to do.

My mom was already outside in the car. I heard her start the engine.

“Come on! You can’t be late for your own sister’s funeral!” my mom shouted, but I was sure that my sister wouldn’t mind.

Traduzione:

Appena osservai il mio vestito nero allo specchio, sentii mia sorella dietro di me.
“Nero? Sul serio?”
“È appropriato per l’occasione.” fu la mia unica risposta. Non appena lo dissi, lei sospirò.
“Beh, meglio del mio. Il bianco è un colore così noioso!”
All’improvviso, qualcuno bussò alla porta. “Ehi, sbrigati!”
“È mamma.”
Mia sorella non disse niente.
Mamma aprì la porta, indossava un vestito quasi identico al mio. “Il prete sta già preparando la cerimonia, andiamo.”
Al piano di sotto, impugnai un mazzo di rose bianche dal tavolo, non il colore o i fiori preferiti di mia sorella ma dovevano diventarli.
Mamma era già fuori, in macchina. La sentii, mentre la accendeva.
“Forza! Non puoi arrivare tardi al funerale di tua sorella!” mi urlò, ma ero sicura che mia sorella non se la sarebbe presa.

Fonte del testo originale che io ho tradotto

Seneca e gli schavi

In questo periodo sto studiando a scuola Seneca e mi ha fatto pensare un testo che ho letto.

Nella lettera 47 egli elogia il suo amico Lucilio perché tratta i suoi schiavi molto familiarmente e da qui il filosofo parte in quarta nello spiegare perché bisogna trattare gli schiavi in maniera quantomeno umana. La cosa interessante è che egli non afferma di non averne ma che bisogna trattarli come amici di condizioni inferiori.

Perché?

Semplicemente perché essendo moltissimi temeva una ribellione: infatti, lo schiavo maltrattato pur sapendo di andare incontro alla morte, se istigato arrivava a trucidare l’intera famiglia di suoi padroni (cos’altro aveva da perdere?).

Perché la Sorte, afferma Seneca, è uguale per tutti e quindi chi un giorno è schiavo può diventare un uomo libero e chi è libero può diventare uno schiavo; tanto le vie per diventarlo erano veramente tante: per nascita, come bottino di guerra, per debiti o crimini.

Perché un servo trattato decentemente, o almeno come essere umano, non tradisce i segreti del padrone e anzi è pronto a dare la vita.

Insomma, Seneca dice di dover trattare bene lo schiavo non per motivi umanistici ma per motivi prettamente personali! Non me l’aspettavo: lui è un filosofo! Ma dopotutto è romano, membro di una cultura fondata sugli schiavi.

Che tristezza.